Hai mai incontrato un ammotrago?
Erbivoro, originario delle montagne dell’area sahariana, è arrivato in Italia per mano dell’uomo. Nella sua zona di origine è considerato “a rischio”, da noi potrebbe rappresentare una minaccia per la biodiversità
In Italia sono frequenti i casi di presenza in natura di specie esotiche che, importate per essere tenute in cattività ma poi fuggite e naturalizzate, creano problemi significativi dal punto di vista sia economico che ambientale. Anche se la maggior parte delle specie introdotte dall’uomo (volontariamente o involontariamente) non riesce infatti a stabilirsi in modo permanente nel nuovo ambiente di vita, alcune si adattano perfettamente e spesso finiscono per esercitare un impatto ecologico negativo e quindi essere definite invasive.
L’ammotrago (scientificamente Ammotragus lervia: “capra” – tragos, della sabbia o del colore della sabbia – ammos), noto anche come muflone africano o capra berbera, è un ungulato selvatico nordafricano simile ad una capra, con corna lunghe fino a 60 cm ricurve all’indietro e una folta criniera che dal collo scende fino al petto e alle zampe. Per colpa del bracconaggio e del peggioramento delle condizioni ambientali, nelle zone montuose della sua area di distribuzione originaria (Marocco, Algeria, Ciad, Libia, Mali, Niger, Sudan) è in declino, tanto da essere classificato come vulnerabile dalla Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura – IUCN. Essendo un erbivoro generalista, estremamente flessibile nell’utilizzare le risorse alimentari disponibili, tra la fine del XIX e i primi anni del XX secolo è però stato introdotto a scopo di caccia in Europa, Sudafrica, Stati Uniti e Messico. In Spagna, dove ha trovato un habitat ideale, si è così ben adattato da divenire una specie invasiva, che sta creando notevoli problemi alla vegetazione autoctona ed è in competizione con lo stambecco locale (Capra pyrenaica).
In Italia sono pochi e non hanno ancora causato problemi
Nel nostro Paese il suo arrivo risale al 1920, quando è stato introdotto in alcune riserve di caccia del nord Italia. Da allora, sono stati segnalati animali liberi in Lombardia, Piemonte e Liguria. In particolare, un gruppo di ammotraghi originatosi dalla fuga di alcuni esemplari da un recinto privato, in provincia di Varese, si è insediato sui versanti rocciosi che si affacciano sul Lago Maggiore tra la metà degli anni ‘90 e il 2005, quando il nucleo è stato eradicato dal personale della provincia sulla base di un piano approvato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ISPRA.
L’unica popolazione rimasta nella nostra Penisola sembra dunque oggi essere quella ligure, composta da una ventina di esemplari presenti dal 2009 nel Parco regionale del Beigua, in provincia di Savona, anch’essa frutto di una fuga da una riserva di caccia (nell’Alessandrino). Il numero di animali è in aumento e la loro attività prevalentemente diurna – a differenza degli ungulati autoctoni come cinghiale e capriolo, più attivi all’alba, al tramonto e durante la notte – ma gli incontri rimangono eventi estremamente rari, così come non sono stati segnalati problemi a persone, animali domestici o colture. Pur tuttavia, poiché i potenziali impatti ecologici di questa specie aliena nell’area di studio non sono mai stati indagati, le istituzioni coinvolte ritengono importante monitorare la popolazione e valutare i suoi effetti ecologici, per poter eventualmente mettere in atto le soluzioni gestionali più appropriate.