News

I Waale della Val Venosta entrano nel Patrimonio dell’UNESCO: sarà la loro salvezza?

La vallata dell’Alto Adige, riparata dai venti umidi del Sud, è tra le zone più aride delle Alpi. A rendere possibili allevamento e agricoltura sono i Waale, i millenari canali di irrigazione. Che oggi rischiano di essere abbandonati

Anche i prati possono avere dei nomi. Sui pendii tra Malles Venosta e Passo Resia, intorno ai 1400 metri di quota, un appezzamento si chiama Marain, “sassoso”. Un altro, più pianeggiante degli altri, è noto da generazioni come Largin, “zona larga”. Un terzo si chiama Teschk, “con gli abeti”. Gli alberi non ci sono più da secoli, ma il nome è rimasto. 

Non ha senso cercare questi toponimi (e gli altri vicini), su una mappa o su un dizionario italiano o tedesco. I nomi dei prati di Malles sono arrivati fino a noi dal Medioevo, e indicano appezzamenti che esistevano già al tempo dei Reti o dei Romani. Qualcuno rimanda a un antico dialetto tedesco, altri al retoromancio, la lingua dei Grigioni, il cantone svizzero che inizia a pochi chilometri da qui.  

Marain, Teschk e Largin sono tre dei circa 300 appezzamenti della Muta di Malles, il pendio che scende dal Passo e dal lago artificiale di Resia verso Malles, Burgusio e Glorenza, tre centri dell’alta Val Venosta, sorvegliati dalle vette della Palla Bianca e dell’Ortles. 

Qui, tra il 24 e il 25 maggio, una serie di incontri culturali e di cerimonie ha sancito l’ingresso nel Patrimonio immateriale dell’UNESCO delle tecniche millenarie utilizzate dai montanari per irrigare i terreni. Un riconoscimento arrivato lo scorso inverno, ma da festeggiare come si deve.
E’ stata la festa dei Waale, i canali, e dei Waaler, gli uomini che li mantengono efficienti, e che deviano l’acqua, in orari prestabiliti, verso gli appezzamenti dei dintorni. Un meccanismo che si chiama Road, “rotazione”.

Il nostro organismo non potrebbe vivere se non fosse irrorato da arterie, vene e capillari. I canali di irrigazione della Val Venosta hanno la stessa funzione” spiega Gianni Bodini, fotografo e storico locale, che ha dedicato libri, guide e articoli ai Waale delle Alpi e del resto del mondo. 

La parola Waal compare per la prima volta in un documento del 1136, le prime notizie certe sui canali della Val Venosta risalgono a trent’anni dopo. Da allora, e fino al Novecento, ogni borgo si è dato delle regole, e ha nominato i suoi Waaler, incaricati di distribuire l’acqua e di mantenere in buone condizioni i canali. Il sistema funziona dalla primavera all’autunno” prosegue Bodini.  

A condurre la celebrazione di sabato 25 a Burgusio, Burgeis in tedesco, sono stati Josef Thurner, sindaco di Malles Venosta, e Claudia Plaikner dello Heimatpflegeverband Südtirol, un’associazione che custodisce le tradizioni e la cultura dell’Alto Adige. Ha rappresentato l’UNESCO Cristina Biasetto, responsabile dell’ente delle Nazioni Unite in Austria. 

La manifestazione, tutta in lingua tedesca, è sembrata un po’ lontana dal bilinguismo dell’Alto Adige/Südtirol. L’inglese dei documenti dell’UNESCO è comparso solo per un “welcome!” e un “good morning” all’inizio. A Burgusio hanno usato la lingua di Goethe anche i rappresentanti di Francia, Svizzera, Belgio, Germania, Paesi Bassi e Lussemburgo che condividono il riconoscimento. 

Ma l’importanza dei Waale, la loro storia e i loro problemi attuali possono essere compresi anche da chi non parla tedesco. Il 25, dopo gli interventi ufficiali (c’era anche Arnold Schuler, presidente del Consiglio provinciale), sono stati premiati quattro Waaler in attività, Josef Blaas, Otto Jochberger, Emanuel Telser ed Engl Patscheider, e quattro colleghi andati in pensione da qualche anno come Karl Felderer, Gregor Hohenegger, Werner Baldauf e Sebastian Waldner. 

Dopo i discorsi a Burgusio, i partecipanti all’evento si sono spostati sui prati della Muta di Malles. Lì, tra raggi di sole e brevi scrosci di pioggia, il Waaler Emanuel Telser ha mostrato il suo lavoro quotidiano entrando e uscendo con agilità dall’acqua fredda e veloce. Grazie a paratie di ferro, o ad assi di legno, i canali vengono sbarrati in punti prestabiliti, consentendo all’acqua di irrigare a turno tutti i prati.
I tre Waale portano molta acqua, ma il numero e l’estensione dei campi costringe a una lunga rotazione. Tra un’immissione del prezioso fluido e un’altra passa un mese, e se il prato non si irriga bene sono guai. “C’è chi prova a modificare gli sbarramenti di notte, ma lo troviamo subito ha raccontato con un sorriso Telser.  

Nel resto della Val Venosta, con i Waale, sono stati irrigati per secoli anche i campi. Sui ventosi prati di Malles si produce solo fieno, che viene raccolto tre o quattro volte ogni anno, ed è prezioso per gli allevatori della zona. Ma l’acqua che scorre sui prati regala a questi terreni anche una straordinaria biodiversità. 

Mi basta mezz’ora, con il biologo Udo Thoma e ai suoi amici birdwatcher, per osservare con binocoli e cannocchiali uccelli rari e colorati come lo zigolo giallo, l’allodola e l’averla. “Questo è un habitat straordinario, utilizzato da specie stanziali e da altre che in autunno migrano verso l’Africa”.

Facili escursioni lungo gli antichi canali

Per conoscere il mondo dei Waale, occorre seguire a piedi una o più delle condutture. La guida di Gianni Bodini consiglia lo Schnalser Waal, che collega Laces e Ciardes con Castel Juval e il suo museo di Reinhold Messner. Offre un percorso affascinante anche il Mitterwaal, che taglia i pendii tra Glorenza e Tubre. 

Con Tiziana Scisci, accompagnatrice di media montagna con origini altoatesine e pugliesi, percorro a piedi il Lenkwaal e il Berwgaal, i due spettacolari canali che tagliano i pendii sopra Sluderno. L’anello richiede circa tre ore, e tocca anche l’area archeologica di Ganglegg, con edifici dell’Età del Bronzo e romani, e il medievale Castel Coira, da cui Josef Pircher partì nel 1804 per compiere la prima ascensione dell’Ortles. A Sluderno racconta la storia dei Waale il Vuseum, il Museo della Val Venosta.  

L’andamento orizzontale dei Waale fa sì che il dislivello di queste camminate sia poco. E’ bene ricordare, però, che i canali a volte traversano pendii ripidi e rocciosi. Anche se i sentieri sono larghi, e sono quasi ovunque protetti da solide staccionate, si tratta di vere escursioni, da percorrere con allenamento e scarpe adatte. 

Prima di ripartire, parlo di nuovo con Gianni Bodini, autore tra l’altro della guida “Waale e Malghe della Val Venosta” (2014) e del volume “Antichi sistemi di irrigazione nell’arco alpino. Ru, Bisse, Suonen, Waale” pubblicato da Priuli & Verlucca nel 2002. Bodini ha scovato in archivio foto che mostrano i valligiani al lavoro su pareti verticali, ed è andato in cerca di canali di irrigazione anche in Sudamerica e in Asia. 

Oggi, però, lancia un grido di allarme. “Nell’ultimo censimento, del 1965, i Waale della Val Venosta erano 325, per uno sviluppo di 1.200 chilometri. Oggi ne restano 200 o 250 chilometri, che si riducono ogni anno. Non ci sono finanziamenti pubblici per curarli, se i proprietari dei terreni li abbandonano è finita. L’acqua, sempre più spesso, viene condotta verso le coltivazioni di mele in fondovalle”. Il riconoscimento dell’UNESCO è importante. Oggi, però, i Waale devono essere salvati dall’estinzione. 

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close