Dal 5 dicembre scorso, l’irrigazione tradizionale tramite un sistema di rogge praticata in Val Venosta è entrata a far parte della “Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale Unesco”. Un prestigioso riconoscimento che sancisce il valore di questa tecnica agricola utilizzata da secoli nella Landa di Malles, 400 ettari di prati che d’estate forniscono un foraggio di eccellente qualità per l’allevamento delle mucche.
Irrigare i terreni portando l’acqua attraverso canali che sfruttano la pendenza del terreno è una tecnica che accomuna varie zone delle Alpi. Esiste in Svizzera, per esempio in Vallese, ma anche in Austria, Germania e Belgio. Ciò che è veramente sorprendente è che sia un metodo utilizzato anche in Paesi europei con terreni non montuosi, come Paesi Bassi o il Lussemburgo. In totale, in sette stati gli agricoltori hanno sviluppato sistemi diversi, ma similari. «L’idea di presentare all’Unesco una candidatura comune è nata in Austria nel 2012», racconta Daniela Donolato Wiedenhofer, che lavora presso Heimatpflegeverband Südtirol – un’associazione che si occupa di tutela del paesaggio, delle tradizioni e della cultura locale – ed è stata la responsabile del progetto per la candidatura dell’Alto Adige. «Il primo tentativo di coinvolgere l’Italia non ha funzionato. Noi siamo stati contattati nel 2019, quando gli altri Paesi avevano già aderito. L’idea ci è piaciuta subito».
Già, ma presentare un progetto all’Unesco non è facile e ci sono regole ferree da seguire. «In Alto Adige la Val Senales aveva già ottenuto questo riconoscimento per la transumanza e loro ci hanno detto a chi rivolgerci», continua Donolato Wiedenhofer. «Il primo passo era quello di far inserire questa pratica di irrigazione nel Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali. Era un prerequisito per avere l’approvazione dell’Unesco in Italia. Nel marzo 2022 la nostra candidatura era pronta per aggiungersi alle altre».
Per la Val Venosta è stata un’impresa importante, che verrà festeggiata ufficialmente in una manifestazione internazionale di tre giorni con tutti i sette Paesi del progetto, che si terrà a maggio. Sarà anche l’occasione per vedere con i propri occhi come funzionano le rogge, in tedesco Waale, che rendono possibile questa particolare irrigazione.
Ma come funziona, in concreto? «Per la Landa di Malles, esistono a monte due prese dell’acqua, dal lago di San Valentino e dall’Adige. Siamo a circa 1400 metri di altitudine. Quattro canali di irrigazione – Largin, Magrins, Töschg e Nuiwaal – la portano fino ai prati, a quota 1200 m. Qui con un sistema di paratie in legno, l’acqua è bloccata traboccando e sommergendo il prato sottostante per circa 12 ore, dalle 6 alle 18».
Il sistema prevede una turnazione: ogni prato viene ricoperto d’acqua ogni 20-28 giorni. Questa tecnica presenta vari vantaggi. «L’acqua trasporta particelle organiche sul prato, che sono un fertilizzante naturale. Questo non avviene, invece, con l’irrigazione a pioggia», puntualizza Daniela Donolato Wiedenhofer. «In secondo luogo, la permanenza dell’acqua per 12 ore consente un’irrigazione più in profondità e il terreno rimane umido più a lungo. Nella Landa di Malles spira il vento proveniente dal passo Rezia: se usassimo l’irrigazione a pioggia, l’acqua sarebbe spostata dal vento anche fuori dall’appezzamento e verrebbe sprecata. L’irrigazione a sommersione, invece, funziona benissimo ed è ben adattata alla morfologia e alle caratteristiche della nostra zona».
Nella Landa di Malles ci sono circa 300 proprietari terrieri, mentre 150 sono gli agricoltori che coltivano il foraggio e che spesso sono anche allevatori. C’è un forte legame con la terra, e tutti sentono questa tecnica di irrigazione come qualcosa di legato alla loro quotidianità, ma anche alla storia, perché è stata tramandata di generazione in generazione. «L’irrigazione con i canali esiste fin dal Neolitico. Il primo documento che la cita per iscritto in Val Venosta risale al 1165». La saggezza dei contadini di montagna è antica e cerca di rispondere alle sfide che un terreno difficile pone.
Contrariamente a quanto si possa credere, non tutte le valle alpine sono ricche di pioggia. «La Val Venosta è fra le più povere: abbiamo 500 mm di precipitazioni annue in media nella zona di Burgusio, Malles e Glorenza». È molto probabile, quindi, che gli agricoltori insediatisi nella valle anche prima del 1165 usassero dei canali per bagnare i loro terreni. «Oggi l’irrigazione a sommersione sopravvive solo nella Landa di Malles. Più in basso, la coltivazione intensiva dei meleti non la rende più possibile. La primavera, infatti, comporta rischi per i meli: le gelate notturne possono bruciare le gemme e si perde così il raccolto futuro. Con l’irrigazione a pioggia, il problema è risolto: l’acqua gelando crea un involucro di ghiaccio che le protegge».
I meleti sono ormai la coltivazione distintiva della Val Venosta, in passato nota per i cereali. Ma verso Malles e Burgusio l’allevamento bovino è un’antichissima tradizione, e c’è anche un piccolo e rinomato caseificio. Le mucche trascorrono l’estate negli alpeggi e d’inverno consumano un foraggio molto ricco, anche per biodiversità. «L’agricoltura nei prati è estensiva e grazie alla presenza dell’acqua delle rogge crescono piante come la calta palustre, la quale lungo i canali forma vivaci macchie di giallo con i suoi fiori». Dal 2019 c’è un progetto Interreg a tutela degli uccelli che nidificano a terra, come l’allodola, l’averla piccola, lo zigolo giallo e il re di quaglie. Quando i contadini falciano i prati, possono involontariamente distruggere la cova. Il progetto prevede di tagliare l’erba più tardi, per consentire la nascita dei piccoli. «I contadini della Landa di Malles hanno aderito con convinzione», conclude Donolato Wiedenhofer.
Si tratta di guardare alla natura e a tutti gli esseri viventi con rispetto: gli uomini fanno parte di un ecosistema in cui rientrano l’acqua della montagna che vivifica i terreni, gli impollinatori che godono delle fioriture di questi prati ricchi di biodiversità, la fauna che vi trova rifugio. E l’agricoltore ne beneficia ottenendo il cibo per le sue mucche e un latte di qualità. Il cerchio così si chiude e tutti vincono: gli agricoltori della Landa di Malles l’hanno capito da tempo.