Manodopera: la memoria migrante delle montagne
C’era una volta ai piedi del Monviso la Borgata Ughettera…
È da lì, da quella frazione di Giaveno a non troppa distanza da Torino, che viene la famiglia di Alain Ughetto, regista e animatore francese che, volendo ritrovare le sue radici, ricostruisce in Manodopera la storia migrante dei suoi nonni piemontesi Luigi e Cesira.
Manodopera (il cui titolo originale è “Interdit aux chiens et aux Italiens”, ovvero “vietato ai cani e agli italiani“) usa la tecnica stop-motion per narrare tra affetto, malinconia e non poca ironia una storia di migrazione e sacrifici come tante di quelle che affollarono, tra Ottocento e Novecento, il confine montano tra l’Italia e la Francia. Seguendo a doppio filo storia privata e grande Storia, Ughetto invita con Manodopera a riflettere sul concetto di identificazione patriottica, sull’importanza della memoria e quella dei legami famigliari.
Il film è pensato attraverso la memoria narrante in prima persona di “nonna Cesira”, che Ughetto anima e trasfigura attraverso un pupazzetto con cui lui stesso, presente in scena, parla e interagisce. Di Ughetto si vedono solo le grandi mani nodose che, nel dare forma fisica al film, lavorano il cartone e frugano tra scatoloni per aiutare i suoi pupazzi a costruire il loro stesso set (non senza gag ricorrenti: la mucca giocattolo a cui sistematicamente si stacca la testa). Un inizio delizioso e originale con cui la memoria si fa gioco di fantasia e interpretazione e che, con l’idea di essere insieme un omaggio e una testimonianza, imbastisce il suo racconto con una leggerezza agrodolce.
Le montagne, in questo caso le Alpi, diventano in Manodopera il filo rosso che collega presente e passato della famiglia Ughetto. La dura vita dei contadini, racconta nonna Cesira, è quella di chi era considerato troppo debole per ribellarsi, troppo abituato a subire per chiedere di più, ritenuto così abituato alla fatica da diventare uno “scarto” agli occhi del padrone (ovvero chi dirigeva il lavoro sulle grandi opere come strade, gallerie, opere edili tra Italia e Francia per cui gli italiani hanno dato le loro braccia e spesso la vita).
In questo contesto di fatica e privazioni dove le patate sono la sola fonte di sostentamento, e si dormiva tutti insieme nella stalla sotto un unico tetto, Manodopera racconta anche le figure del folclore piemontese come la masca, la strega su cui preti e credenti sfogavano la superstizione.
I grandi eventi che scuotono la famiglia Ughetto, tra figli nati in Italia, alcuni in Svizzera e altri in Francia (tra cui Vincent, padre di Alain) sono prima la spedizione italiana in Libia del 1911, poi l’avvento del partito fascista, la Prima guerra mondiale e poi ancora la seconda, in un’avventura tragica non senza gravi perdite e lutti. Gli Ughetto hanno migrato per tutta la vita, ci dice Cesira, cambiando così tante volte casa che, a riassumere il senso di tale storia, viene spontaneo leggere questa epopea migrante come un piccolo-grande atto di resistenza famigliare.
L’urgenza di creare qualcosa con le mani, racconta Alain Ughetto, viene dalla manualità di nonno Luigi, incisa invisibilmente ma per sempre, in quegli attrezzi da lavoro che il regista ci mostra toccare con mano e un’udibile commozione.
Scritto da Alexis Galmot, Anne Paschetta, Alain Ughetto e musicato da Nicola Piovani, Manodopera è stato presentato in anteprima al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy 2022, premiato agli European Film Awards 2022 come miglior film di animazione, per poi uscire nelle sale italiane ad agosto 2023 distribuito da Lucky Red.
Il film è disponibile per lo streaming.