Itinerari

Monte Piana d’inverno. Skialp, ciaspole, motoslitte e slittini davanti alle Tre Cime

Luogo della memoria in estate, diventa con la neve una cima frequentatissima da escursionisti a piedi, sulle ciaspole, sugli sci e in motoslitta. Il panorama è magnifico, l’affollamento richiede attenzione

Il Monte Piana è una vetta diversa dalle altre. Ripido e roccioso sul versante di Misurina, in Veneto, e (soprattutto) su quello che precipita verso il Lago di Landro, in Alto Adige, si distende in alto in un altopiano ondulato che è stato paragonato a un’amba africana o a un tepuy sudamericano. La vetta, un cocuzzolo poco marcato, tocca i 2324 metri di quota.

A rendere indimenticabile l’escursione verso la cima è un incredibile panorama a 360°, che comprende le Tre Cime di Lavaredo, il resto delle Dolomiti di Sesto, i Cadini di Misurina, le Marmarole, l’Antelao e il Sorapiss. Oltre le torri di dolomia del Popena compaiono la Croda Rossa e il Picco di Vallandro, attraverso lo sbocco della Valle di Landro si vede un tratto della catena di confine tra Italia e Austria.

Dal 1753 taglia l’altopiano di Monte Piana il confine tra la Repubblica di Venezia e il Tirolo, che poi diventa la frontiera tra il Regno d’Italia e l’Impero di Austria Ungheria. Nel 1892, il poeta toscano Giosuè Carducci, fervente patriota, sale fin qui, e da un poggio a pochi metri dal confine arringa e insulta i gendarmi di confine di Vienna. Un episodio non particolarmente glorioso, ma che dopo la sua morte nel 1907 viene ricordato con una piramide di pietra.

Tra il giugno del 1915 e l’autunno del 1917, quando la sconfitta di Caporetto caccia i militari italiani dalle Dolomiti, il Monte Piana viene conteso dalle truppe dei due Stati in una serie infinita di sanguinose battaglie, che costano migliaia di morti.

Dal 1973 l’ex-ufficiale austriaco Walther Schaumann, aiutato dagli alpini del battaglione Bassano e dai volontari dell’associazione Dolomitenfreunde (Amici delle Dolomiti), restaura le postazioni dell’altopiano, dove nasce un bel museo all’aperto, e il Pionierweg, il ripidissimo Sentiero dei Pionieri austro-ungarici, che sale dal Lago di Landro al Monte Piana con passaggi attrezzati e scalinate in cemento. Nel rifugio che ricorda il maggiore Angelo Bosi nasce un piccolo museo.

Ero salito più volte sul Monte Piana in estate, non lo avevo mai fatto d’inverno, ci sono andato domenica 21 gennaio, ufficialmente la Giornata della Neve. Il bianco mantello c’era, e con lui un freddo brutale (-15° a Misurina la mattina, durante il giorno sulla montagna la temperatura ha oscillato tra i -8° e i -10°).

Sulla strada sterrata che traversa i boschi sopra al Lago d’Antorno, e poi sull’aerea strada militare che sale a tornanti fino al rifugio Bosi c’erano centinaia e centinaia di persone, forse un migliaio in tutto. Molti salivano a piedi, con le ciaspole, con i ramponcini, o semplicemente con calzature variabili tra gli scarponi da alta quota e gli stivaletti di design più adatti a un pomeriggio di struscio a Cortina.

C’erano decine di scialpinisti, e questo mi ha sorpreso perché, dopo i panoramici dossi dell’altopiano, bisogna scendere sulla strada, con un pressoché ininterrotto spazzaneve. Molti altri sono saliti con le motoslitte, che con la neve prendono il posto delle jeep che fanno da navetta d’estate. Avevo già camminato in mattinata, ero stanco, confesso di essere salito in questo modo, apprezzando la professionalità e la perizia dei conducenti, e il loro rispetto per chi scendeva a piedi o in slittino.

La maggioranza dei visitatori era italiana, con una folta rappresentanza di austriaci e tedeschi. C’erano turisti ed escursionisti dell’Est, e sarebbe servito l’orecchio di Luca Calvi per capire da dove venissero. C’erano americani, gruppetti di giapponesi silenziosi, arabi e indiani sconvolti da un freddo che per loro – immagino – era difficile anche da immaginare. L’impressione era che si fosse trasferita sul Monte Piana una parte del caos turistico che si crea l’estate sulla strada per il rifugio Auronzo, e ai piedi delle celeberrime Tre Cime.

Spesso, per cercare esempi di “altra neve”, di luoghi dove il turismo invernale funziona anche senza caroselli e di piste di impianti, ci inoltriamo in valli solitarie a sconosciute del Cuneese, dell’Ossola, del Friuli o dell’Appennino. Situazioni del genere, però, esistono anche a Misurina, nel cuore delle Dolomiti turistiche, a pochi chilometri da Cortina, San Candido e Dobbiaco.

Domenica ho visto attenzione e rispetto, e se qualche gruppo di bambini schiamazzava un po’ non c’era nulla di male. Rispetto all’estate, però, ho notato una differenza enorme. Da giugno a ottobre, anche nelle giornate grigie, gli escursionisti che visitano il Monte Piana portano mappe e guide dedicate ai luoghi e alle battaglie della Grande Guerra. Qualche anno fa, dato che la loro guida altoatesina non aveva detto molto sull’argomento, un gruppetto di americani mi ha chiesto informazioni su “mister Carducchi”.

D’inverno, invece, le trincee e i camminamenti spariscono sotto alla neve, e non si vedono proprio. Gli escursionisti che raggiungono la cima hanno occhio solo per il panorama, quelli che si fermano dopo le prime rampe ripide vogliono solo scendere e divertirsi con gli slittini. La mia prima reazione, lo confesso, è stata di fastidio. “Come vi permettete, qui migliaia di ragazzi sono morti, fate silenzio!

Poi mi sono guardato intorno, e ho accettato. Se potessero vedere il Monte Piana di oggi, i giovani austro-ungarici e italiani che sono morti quassù tra il 1915 e il 1917 non ne potrebbero più di essere ricordati con squilli di trombe, presentat’arm e cerimonie solenni. Sono morti quando erano ancora ragazzi, e sono stati ricordati così da genitori, amici e morose. Se potessero, di fronte agli slittini e all’allegria, ci manderebbero un sorriso da lassù.

Da Misurina al Monte Piana: qualche indicazione pratica

Dall’abitato e dal lago si segue la strada per Dobbiaco, si piega a destra verso le Tre Cime, e si continua per poche centinaia di metri fino a dei posteggi. Nei pressi è la biglietteria delle motoslitte (25 euro a testa, con possibilità di discesa in slittino).

A piedi o con gli sci si segue la pista innevata che sale tra i tracciati per il fondo e quelli di discesa, entra nel bosco, e continua con ripide rampe verso la Forcella Bassa (1880 metri), dove si può arrivare più comodamente con le ciaspole o gli sci dal Lago d’Antorno.

La strada prosegue verso la Forcella de Mèzo e la Forcella Auta (1984 metri), poi affronta le tre ripide rampe, aeree e con poche protezioni a valle, che conducono al rifugio Bosi (2225 metri), da cui si sale in breve a una chiesetta e a un cannone affacciato verso le Tre Cime.

L’ultimo tratto del sentiero battuto sale a sinistra, supera delle ripide rampe, poi continua sul vastissimo altopiano sommitale. Un ultimo gradino porta a un crinale, alla cima (2324 metri, un po’ a sinistra), a un edificio in abbandono e alla Piramide Carducci. Non bisogna avvicinarsi all’orlo dell’altopiano, che lascia subito il posto a pareti verticali. La salita richiede 2 ore dal posteggio e 1.30 ore dal Lago d’Antorno, il tempo di discesa dipende dal mezzo utilizzato.

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