Il versante meridionale dei monti Lattari, aspro e vertiginoso, si tuffa nel mare della costiera amalfitana senza esitazioni. A 600 metri di quota, in cima a queste falesie, corre il Sentiero degli dèi, anticamente un tracciato di collegamento tra l’altopiano di Agerola e il borgo di Nocelle, frazione di Positano a 400 metri di quota.
Il sentiero veniva usato soprattutto per il trasporto dei greggi di capre, l’unico capo di bestiame che fosse in grado di spingersi in zone così impervie. Ancora oggi, sul percorso prosegue, inalterata da un secolo, l’attività di trasporto di prodotti ortofrutticoli e materiali da costruzione a dorso di mulo.
Oggi, il Sentiero degli dèi è un tracciato escursionistico CAI molto apprezzato da turisti italiani e stranieri: “Vengono da ogni parte del mondo: ci sono australiani, americani, gruppi da ogni parte d’Europa” racconta Barbara Falace, Guida escursionistica della zona.
Il tracciato, che non perde mai la vista mare, è percorribile tranquillamente in giornata, avendo una lunghezza di 6-7 chilometri, ma è anche possibile fare un percorso ad anello, utilizzando Agerola come punto di partenza o di arrivo. “Quando faccio l’anello di solito mi fermo a mangiare da Antonio: è un pastore che da qualche anno sta restaurando un’antica masseria sul percorso, e si è inventato di offrire alcuni prodotti locali agli escursionisti.
Ha iniziato dal formaggio delle sue capre, poi si è messo anche a cucinare alcuni piatti locali, d’estate prepara bibite fresche che sono una manna dal cielo per chi cammina sotto il sole cocente. È una realtà molto semplice e contadina, e forse per questo è molto apprezzata. Antonio dice sempre che lui voleva girare il mondo, e invece è il mondo che viene a casa sua” continua Barbara.
Il Sentiero degli dèi si sviluppa quasi interamente su rocce calcaree, con alcuni tratti di sottobosco. “La prima parte del percorso venendo da Agerola, quella fino alla casa del pastore, è la mia preferita. Il panorama della penisola che si perde nel mare è bellissimo, si vede tutta la costiera amalfitana, fino a Capri. Dopo si entra nel sottobosco, ma anche questa parte è molto bella: quando si esce dalla macchia ci si trova davanti il borgo di Nocelle, costruito su un promontorio dove si trovano alcune grotte naturali in cui sono stati ritrovati reperti del Paleolitico”, spiega Falace.
“Spesso frequentano il sentiero persone che non vanno abitualmente in montagna, senza sapere che si tratta di un tracciato piuttosto tecnico. Ci sono alcuni passaggi impegnativi ed esposti, in cui si deve camminare in fila indiana. Anche se sono lunghi solo qualche centinaio di metri, è indispensabile indossare scarpe da trekking, ed è meglio non soffrire di vertigini”, racconta Barbara. Esiste una variante alta del sentiero, un po’ meno esposta, che tuttavia non permette di passare dalla masseria di Antonio.
I momenti ideali per avventurarsi su questo sentiero sono le mezze stagioni e l’inverno, purché si evitino i giorni piovosi. “Nella stagione fredda bisogna scegliere una giornata nitida, perché spesso la differenza di temperatura tra il mare e la quota del sentiero provoca un fenomeno di condensa, con una fitta nebbia che impedisce di godere del panorama. Il sentiero è quasi tutto esposto a Sud, quindi d’estate fa molto caldo, quando si sale sulle falesie è come mettere la testa in un forno: alle 11 la temperatura è già insopportabile, perciò bisogna partire molto presto.
In autunno gli escursionisti possono godere del foliage, mentre in primavera si possono ammirare le orchidee selvatiche in fiore. Mi è capitato di vedere degli esemplari di Orchis Provincialis strappati da qualcuno: mi è venuto da piangere, è vero che il sentiero sta diventando molto turistico ma è necessario fare attenzione a come ci si comporta in montagna”, spiega Barbara Falace.
Sul Sentiero degli dèi si può trovare una flora molto ricca, quella tipica mediterranea, con abbondanza di piante arbustive come mirto e lentisco, lecci, piante erbacee come ginestre e valeriana. Dal punto di vista faunistico, l’avifauna è la più abbondante: “La penisola è coinvolta nelle rotte migratorie di molti uccelli e alcuni rapaci: alcuni nidificano, altri sono solo di passaggio, altre specie, come i corvi imperiali, sono presenti tutto l’anno. Poi ci sono moltissime farfalle e altri impollinatori, a testimoniare che l’inquinamento non è eccessivo”.
Anche dal punto di vista geologico l’area è interessante: il percorso si snoda su calcari del Mesozoico, che si sono innalzati a formare le falesie durante l’orogenesi appenninica. Sono ancora ben visibili le stratificazioni e le pieghe, a testimonianza degli eventi geologici subiti dalle rocce.
Percorrendo il sentiero, si noterà infine la forte presenza di terrazzamenti: in passato, e ancora oggi, questo versante dei monti Lattari è coltivato a vigneti, dai quali si produce un vino locale molto apprezzato.