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La stagione alpestre svizzera entra nella lista del Patrimonio culturale immateriale dell’umanità

L’annuncio dei giorni scorsi sottolinea l’importanza riservata alla perpetuazione dei valori delle Terre Alte. Analogo riconoscimento per l’irrigazione tradizionale di sette Paesi europei

La stagione alpestre ha sempre avuto un ruolo fondamentale nello scandire i ritmi delle comunità alpine e l’importanza di questa pratica è riscontrabile negli usi e costumi locali. Un vecchio detto valdostano recita: “Le vatse, Saint Bernar le pren et Saint Metsé le ren” (le mucche: san Bernardo le prende e san Michele le restituisce). Si tratta di una formula diventata un rituale per gli allevatori: il 15 giugno si sale in alpeggio e il 29 settembre si ritorna a valle.

L’UNESCO ha iscritto la stagione alpestre nella lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’umanità, al fine di conservare, salvaguardare e valorizzare le competenze, i rituali e le usanze delle comunità che abitano le aree montane della Svizzera.

La domanda e il dossier, consegnati nel marzo 2022, sono stati seguiti dall’UFC (Ufficio federale della cultura) e da specialisti del patrimonio culturale e agricolo; gruppo che è stato allargato anche agli esponenti dell’economia alpina e del settore, i quali hanno lavorato non solo per proteggere e valorizzare la tradizione alpestre, ma anche per comprendere le problematiche legate ad essa, come il ricambio generazionale o i cambiamenti climatici.

Gli esperti per contrastare queste criticità hanno stilato una lista con alcune strategie riguardanti la collaborazione, intersettoriale, la formazione e ricerca di personale, la sensibilizzazione del pubblico, la mediazione del patrimonio culturale e la ricerca interdisciplinare.

Così a distanza di poco più di un anno, il 5 dicembre 2023, a Kasane (Botswana) il Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, ha iscritto la stagione alpestre nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, soffermandosi sull’elevata qualità del dossier e del film realizzato per la candidatura.

In Svizzera, così come lungo tutta l’arco alpino, la salita del bestiame negli alpeggi d’alta quota, durante la stagione estiva, è una tradizione che risale al tardo Medioevo, poi nel corso dei secoli è stata influenzata dal clima, dalle condizioni sociali ed economiche dei territori. Nei mesi in alpeggio vengono creati prodotti alimentari, che rendono famosa la nazione in tutto il mondo; un momento che racchiude in sé un vasto ventaglio di saperi: la monticazione, la transumanza, i metodi di produzione, la gestione dell’alpeggio o l’abilità artigianale.

Anche l’irrigazione tradizionale di sette Paesi  diventa Patrimonio Unesco

Il sei dicembre ha avuto riscontro positivo, inoltre, la candidatura multinazionale dell’irrigazione tradizionale, che è quindi anche lei entrata nella lista del Patrimonio culturale immateriale.

Il Progetto ha avuto  come capofila l’Austria e coinvolge anche Italia, Belgio, Germania, Lussemburgo, Olanda e Svizzera.

Per quanto riguarda l’Italia, in queste settimane, la pratica tradizionale dell’alta Val Venosta è diventata patrimonio immateriale UNESCO, in quanto l’irrigazione a sommersione dei prati nella Landa di Malles, (una superficie di circa 400 ettari tra Burgusio e il lago San Valentino), è una tecnica secolare.

Seguendo la tradizione, ancora oggi questo territorio viene irrigato attraverso quattro canali chiamati Largin-, Magrins-, Töschg– e Nuiwaal. L’irrigazione tradizionale, tramite un sistema di rogge, prevede l’impiego di una rete di fossati che trasportano l’acqua, da monte ai prati più a valle. Attraverso l’utilizzo di divisori temporanei in legno l’acqua bloccata trabocca e ricopre l’area circostante.

A fine maggio 2024, in Alta Val Venosta è prevista una cerimonia ufficiale internazionale di tre giorni con la partecipazione dei sette Paesi interessati. Per l’Alto Adige è il secondo riconoscimento nella lista, dopo la transumanza della Val Senales.

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