La raccolta di poesie dal suggestivo titolo Inizio e fine della neve uscì per la prima volta nel 1989 presso Quentin a Ginevra in un’edizione d’arte a tiratura limitata con illustrazioni di Geneviève Asse (una curiosa forma di libro rilegato a fisarmonica in due metà speculari, da rigirare una volta arrivati al centro per proseguirne la lettura) e riapparve in seguito in volume, insieme ad altri testi, nel 1991 e nel 1995, e da noi nella traduzione italiana di Davide Bracaglia per Einaudi nel 2001 (Quel che fu senza luce. Inizio e fine della neve).
Lo sguardo del poeta francese Yves Bonnefoy, di cui quest’anno si è ricordato il centenario della nascita, si posa su uno scarno paesaggio invernale che rimanda agli antichi pittori fiamminghi, e si spinge nelle architetture delle grandi case disabitate dell’infanzia: stanze vuote, focolari dimenticati dove cova una cenere pronta a rifarsi brace e fuoco, specchi che riflettono un tempo sospeso nell’abbandono degli oggetti ma anche nell’attesa di un evento rivelatore, di una presenza femminile in cui tornare ad annullarsi, di un avvio di sogno.
Nel bianco neutro della neve, la stilizzazione di un ambiente rurale cristallizzato in atmosfere di assenze e solitudini esprime la ricerca di un’essenzialità da reperire nell’intrico dei boschi, dei corsi d’acqua, su sentieri che divengono cammini disegnati sull’orlo dell’eterno: una raccolta di lucidi frammenti per riprendere possesso dei luoghi.
La neve è “Un abito come nell’adolescenza, / Di quelli che uno prende con cura in mano / Poiché la stoffa è trasparente e resta / Tra le dita che la svelano alla luce. / Si sa che è fragile come l’amore”.
E il cammino di chi si avventura, con il cuore trepidante, nella grande neve, traccia un simbolico itinerario nel nostalgico desiderio di una luce piena, estiva, consapevole della caducità dell’esistenza ma anche della grandezza percepita nell’identificazione con il ritmo naturale delle stagioni.
Il viandante salito sulla cima, superando l’intrico confuso degli alberi, ritroverà non tanto una visione più estesa ma un intimo punto di contatto tra l’incommensurabile e la semplice presenza di un dettaglio. “Conosco questo luogo, vi ho vissuto prima del tempo, prima della mia venuta sulla terra. / Io sono il cielo, la terra. / Sono il re. Sono questo cumulo di ghiande che il vento ha sospinto, nell’incavo tra queste radici”.
E d’altra parte il turbinio dei fiocchi, cristalli perfetti, è richiamo al moto degli atomi del Libro della Natura di Lucrezio, vertiginoso spiraglio verso i microscopici fondamenti del cosmo. Un percorso che non potrà che affascinare e coinvolgere, nell’attesa e nella speranza di una neve sempre più rara e preziosa.
Yves Bonnefoy: vita, opere, riconoscimenti

Yves Bonnefoy nasce a Tours nel 1923. I suoi studi comprendono una solida preparazione letteraria, scientifica e filosofica. Oltre che alla poesia e alla critica nell’ambito delle arti figurative, si è dedicato alle traduzioni di autori inglesi (Shakespeare, Donne, Keats) e italiani (Petrarca, Leopardi). Tra i riconoscimenti il Premio di Poesia dell’Académie Française nel 1981 e il Premio Grinzane Cavour nel 1997.
È mancato a Parigi l’1 luglio 2016. Il rapporto con il paesaggio e con l’immagine è uno dei temi ricorrenti nella sua analisi. Segnaliamo le opere di poesia: Quel che fu senza luce. Inizio e fine della neve (Einaudi, 2001), Le assi curve (Mondadori, 2007) e i saggi Poesia e fotografia (0barra0 edizioni, 2015) e Luoghi e destini dell’immagine (Rosenberg & Sellier, 2017).