News

Il Parco Nazionale del Pollino compie 30 anni. E sorprende ogni giorno di più

Nel novembre del 1993, due anni dopo la legge-quadro sulle aree protette, è stato istituito il più vasto Parco italiano per estensione. Un mondo di rocce, lupi, pini loricati e tradizioni. Che regala emozioni.

Il 1993 è un anno importante per la storia dell’Italia e del mondo. Alla Casa Bianca viene eletto Bill Clinton, in Sudafrica finisce l’apartheid e Nelson Mandela vince il premio Nobel per la Pace, l’Europa firma il Trattato di Maastricht, Quentin Tarantino gira “Pulp Fiction”, i Nirvana incidono il loro ultimo disco. Da noi è passato un anno dalle stragi mafiose di Capaci e di Via D’Amelio, e l’inchiesta Mani Pulite entra nel vivo, mettendo sotto accusa buona parte della classe politica del tempo.

L’Italia della natura protetta ha fatto un balzo in avanti meno di due anni prima, quando il Parlamento ha approvato la legge n. 394 del 6 dicembre 1991. Un provvedimento che gli ambientalisti chiedevano a gran voce da decenni, che mette fine a una lunga discussione in materia di Parchi e Riserve, che ha un enorme impatto sul territorio. Grazie alla legge-quadro, in pochi anni, i Parchi nazionali italiani salgono da cinque a una ventina (oggi sono 26).

La vigilanza sui Parchi, con l’eccezione di quelli “storici” del Gran Paradiso e d’Abruzzo, viene affidata al Corpo Forestale dello Stato, che poi lascerà il posto ai Carabinieri Forestali. La legge 394 include meccanismi poco convincenti come quello per la nomina dei direttori dei Parchi, e sottovaluta l’importanza delle attività che si praticano nella natura.

Alla fine del testo compare un elenco di Parchi che dovrebbero essere istituiti subito (in realtà due di questi, il Tarvisiano e l’Etna, scompaiono subito per volontà delle rispettive Regioni autonome), un secondo di “aree di reperimento”, un terzo di possibili Aree Protette Marine.

Tra il 1988 e il 1989, mentre la legge-quadro è in discussione, altri Parchi nazionali come quelli dei Sibillini e del Pollino, hanno iniziato a nascere grazie a dei decreti-legge appositi. Dopo l’approvazione della legge 394, dei provvedimenti specifici formalizzano via via l’istituzione e le planimetrie dei nuovi Parchi. Uno di questi, del 15 novembre del 1993, sancisce la nascita del Parco Nazionale del Pollino.

Si tratta di un’area protetta che con i suoi 192.565 ettari è la più vasta d’Italia (la seguono il Cilento-Vallo di Diano e il Gran Sasso-Laga), che interessa due Regioni (Basilicata e Calabria), tre Province (Cosenza, Matera e Potenza) e ben 82 Comuni. La sede dell’Ente Parco è a Rotonda, sul versante lucano.

Oltre al massiccio del Pollino e della Serra Dolcedorme, che con i suoi 2266 metri è la vetta più alta, fanno parte del Parco il Monte Alpi di Latronico, in Basilicata, le selvagge vette dell’Orsomarso in Calabria, e ampie zone collinari affacciate sul Tirreno e sullo Jonio.

Grazie al Parco, vengono tutelati monumenti di naturali come il canyon del Raganello e la valle del Lao, migliaia di ettari di rigogliose faggete, l’intero areale del pino loricato, una conifera dalla forma bizzarra e contorta che cresce nelle aree più rocciose e più impervie. Qualche anno prima, ai piedi della Serra delle Ciavole, erano stati individuati due esemplari di pini loricati vicini ai 1.000 anni di età.

Nel Parco, dal momento della sua istituzione, vivono il lupo, l’aquila reale, il capriolo, lo scoiattolo meridionale (dal pelame molto scuro), il gufo reale e il microscopico driomio calabrese, un roditore presente solo su poche montagne del Sud. Negli anni successivi verrà reintrodotto l’avvoltoio grifone e sarà confermata la presenza della lontra nei fiumi.

Grazie al Parco, negli anni, si rilanciano sapori e prodotti del territorio, nasce una rete di centri visitatori e musei, cresce l’afflusso verso siti storici straordinari come la Grotta del Romito, presso Papasidero, dove il graffito di un “bos primigenius” è tra i capolavori dell’arte preistorica europea. Partono i progetti a tutela della cultura degli “Arbëreshë”, i discendenti degli albanesi immigrati tra il Quattro e il Cinquecento, durante l’invasione turca dei Balcani.

Tra gli escursionisti, già da anni, sono famosi i sentieri che salgono al Pollino, alla Serra del Prete e al Dolcedorme, e dopo il 1993 iniziano a essere frequentati anche i massicci meno noti. La creazione di una rete di sentieri segnati è più recente.

Oltre all’escursionismo a piedi si sviluppano quelli in mountain-bike e a cavallo, lo scialpinismo e le ciaspole, l’alpinismo invernale, la discesa dei canyon e il rafting sulle acque del Lao. La speleologia, come racconterà nel 2021 il film “Il buco” di Michelangelo Frammartino, è praticata da decenni. Il titolo di Geoparco dell’UNESCO, che si aggiunge da qualche anno a quello di Parco nazionale, conferma la bellezza e l’interesse scientifico di grotte, canyon e altre formazioni rocciose.

Grazie all’afflusso di visitatori, in decine di Comuni del Parco, iniziano a lavorare guide escursionistiche e strutture ricettive, e si rilanciano molte aziende agricole. Se si pensa che, pochi decenni prima, una società dello Stato come la INSUD aveva lanciato il progetto di “Pollinia”, un enorme carosello di piste da sci e di impianti in gran parte sul versante lucano, il balzo in avanti è impressionante.

Lo scorso 15 novembre, il Parco Nazionale del Pollino ha celebrato i suoi primi trent’anni di vita con una cerimonia d’interesse soprattutto locale, che si è tenuta nel Cinema-Teatro comunale di Rotonda, con la partecipazione di Valentina Viola, presidente facente funzione del Parco, e di altre autorità.

Nell’ambito delle complesse sfide che ci aspettano, il Pollino e gli altri i Parchi avranno un ruolo di laboratori dove sperimentare modelli virtuosi di convivenza con la natura” ha detto la presidente Viola. “Essere parte di un’area protetta è un valore aggiunto e una straordinaria opportunità di sviluppo locale”.

Insieme a quelle degli amministratori di oggi, vale la pena di ricordare le parole di Michele Tenore, fondatore della botanica sulle montagne del Centro-Sud, protagonista quasi 200 anni fa di una avventurosa traversata del massiccio da Rotonda a Castrovillari. “Non è da dirsi qual folla di piante ci si offrisse allo sguardo. Dopo di aver ripetute le nostre osservazioni barometriche ci siamo abbandonati a far ampia raccolta delle più interessanti e ricercate”, ha scritto Tenore nel 1826.

Ci siamo trovati nel centro di nera foresta, ove difficilmente orme umane si imprimono. I faggi e gli abeti di mole piucché colossale si stringono in modo da non permettere l’adito che a qualche debole raggio di luce”. Qualche ora dopo, dalle vette del Dolcedorme e del Pollino, Tenore osservò da qui “tutto il perimetro del golfo di Taranto e il ceruleo solco del Tirreno”. Un’emozione uguale a quella dei camminatori di oggi.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close