Ambiente

Riusciranno gli orsi italiani a non scomparire? Il parere dello zoologo Luigi Boitani

In Italia gli orsi non aumentano in modo significativo, gli allarmi sono strumentali. Regioni e Province, nei fatti, si disinteressano dei plantigradi e della convivenza con gli uomini

L’anno orribile degli orsi italiani non è ancora finito. Dopo la morte a gennaio di Juan Carrito sulla strada per Roccaraso, la primavera ha visto l’uccisione del runner Andrea Papi da parte dell’orsa JJ4 in Trentino, e poi la cattura dell’animale, relegato nei recinti del Casteller, e le durissime prese di posizione di Maurizio Fugatti, presidente della Provincia di Trento.

In Abruzzo, alla fine di un’estate tranquilla, è arrivata l’uccisione a San Benedetto dei Marsi dell’orsa Amarena, madre nel 2020 di quattro cuccioli e quest’anno di altri due. Non sappiamo ancora se i due orsetti, seguiti a distanza da zoologi, guardiaparco e Carabinieri forestali del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise riusciranno a sopravvivere in libertà senza la madre.

Senza dubbio, gli eventi del 2023 gettano un’ombra sulla possibile sopravvivenza sia sull’orso marsicano, che vive tra l’Abruzzo, il Lazio e il Molise, sia sulla popolazione che si è formata in Trentino dopo l’arrivo di alcuni esemplari dalla Slovenia. Abbiamo chiesto il parere dello zoologo Luigi Boitani, che si occupa da cinquant’anni degli orsi e dei lupi italiani, e del loro difficile rapporto con l’uomo.

Negli ultimi mesi, parlando delle difficoltà degli orsi in Trentino, è stata più volte citata la convivenza “idilliaca” in Abruzzo. La morte di Amarena dimostra che le cose sono diverse.
Purtroppo sì. L’orso marsicano è perennemente sul filo del rasoio, la convivenza di cui si parla è sempre sull’orlo del fallimento. A consentire all’orso di sopravvivere sono state la riduzione della pastorizia e della presenza dell’uomo.

Più volte, negli ultimi anni, il Parco e altri soggetti hanno parlato di un aumento del numero degli orsi marsicani.
L’aumento, se c’è, avviene a velocità infinitesimale. Una volta si parlava di “circa 50” orsi, oggi siamo a “circa 60”. Qualche animale si è spostato verso la Maiella, qualche altro va in giro. C’è qualche segno incoraggiante, ma la consistenza della popolazione non è cambiata molto.

Lei ha lavorato per decenni sull’Appennino. Secondo lei gli abruzzesi amano gli orsi o no?
Questo non è il modo giusto di ragionare. Probabilmente il 90% degli abruzzesi ama gli orsi, ma nelle categorie che hanno più a che fare con loro, dagli allevatori ai cacciatori, molti non sono pronti a fargli spazio. Basta un incidente come quello di San Benedetto dei Marsi per riportare la situazione indietro di anni.

L’immagine di Amarena e dei suoi cuccioli all’interno dei paesi sembrava suggerire una convivenza pacifica…
Ma no, quelle immagini dimostrano che la situazione non va bene! Il posto degli orsi non è nelle pasticcerie e nelle pizzerie, ma nella natura, lontano dai paesi. Serve una dissuasione fatta seriamente, con continuità e determinazione. Bisogna mandarli via.

Il Parco lo fa, o dice di farlo, anche usando petardi o proiettili di gomma…
Dovrebbe farlo di più, allontanare gli orsi dai paesi ogni tanto non è sufficiente.

Alcuni zoologi sostengono che gli orsi si spostano verso i paesi perché all’interno del Parco non c’è cibo. Lei che ne pensa?
E’ una balla totale. Molti orsi sono stati catturati per motivi scientifici, e nemmeno uno, mai, è stato trovato deperito o in cattive condizioni fisiche. Gli orsi stanno benissimo, se poi alla periferia dei paesi trovano dei pollai protetti solo da reti leggere ne approfittano, e rischiano che qualcuno dei proprietari usi il fucile o il veleno.

Insomma, il Parco fa o non fa il suo dovere?
Il Parco c’entra fino a un certo punto. Secondo il PATOM, il Patto Territoriale per l’Orso Marsicano, approvato nel 2011, al Parco spetta la regìa, ma gli interventi devono essere fatti anche dalle Regioni e dai Comuni. Invece la Regione Abruzzo non fa nulla, e lo stesso vale per il Lazio e il Molise. Demolire i pollai abusivi spetta ai Comuni, ma non ne hanno mai eliminato uno. Lo stesso accade per le strade e per altre situazioni che creano rischi per gli animali. Assistiamo a un continuo compromesso al ribasso, sulla pelle degli orsi marsicani.

Passiamo dall’Abruzzo al Trentino. Lei ha criticato il presidente Fugatti e la gestione degli orsi da parte della Provincia, poi è diventato loro consulente.
Non è andata così. Dopo la morte del ragazzo nei pressi di Caldes, e le successive polemiche, ho criticato duramente la Provincia e il presidente. Mi aspettavo una denuncia, invece mi hanno cercato, e ho incontrato Fugatti. Sono entrato a far parte a titolo assolutamente gratuito di una commissione tecnica che sta ultimando il suo lavoro in questi giorni nel definire le opzioni di gestione tecnicamente disponibili per gli orsi del Trentino. Su queste opzioni, la Provincia farà le sue scelte politiche.

Cosa pensa delle proposte del presidente Fugatti per ridurre il numero degli orsi in Trentino trasferendone molte decine?
Penso, e ho già detto, che non hanno senso, che se lo devono togliere dalla testa. Le deportazioni o le catture di massa sono vietate dalla Direttiva Habitat dell’Unione Europea. E’ giusto che il Trentino chieda un aiuto e delle certezze a Roma. Ma la strada non può essere quella dello sfoltimento massiccio della popolazione di orsi

All’inizio in Trentino le cose andavano bene. Cos’è andato storto negli ultimi anni?
Il Progetto LIFE Ursus, che ha portato gli orsi sloveni in Trentino, è stato gestito dal Parco Adamello-Brenta, ed è stato un grande successo. Poi la gestione è passata alla Provincia e le cose sono peggiorate. Non c’è un piano ben congegnato, mancano interventi fondamentali. Sono stato da poco in Val di Sole, ho visto ancora troppi cassonetti accessibili agli orsi.

Cosa pensa dei comportamenti delle persone? Esiste un’informazione corretta per visitatori e residenti? Bisogna vietare la montagna?
In montagna si può andare, ma lo si deve fare in maniera corretta. Per esempio correre da soli all’imbrunire in una zona dov’è segnalata un’orsa con piccoli è effettivamente pericoloso. Purtroppo abbiamo visto com’è andata a finire.

Si è parlato di abbattimenti “spontanei” di orsi da parte dei cacciatori. Ci crede?
No, il Trentino ha una tradizione di grande civiltà, anche in materia venatoria.

Cosa pensa degli interventi degli animalisti contro la Provincia di Trento e Fugatti? E delle sentenze del TAR in materia di abbattimenti e di catture di orsi?
Gli animalisti possono fare quel che vogliono, ma difendere un singolo esemplare non serve all’insieme degli orsi. Quanto ai TAR, mi piacerebbe che restassero lontani da questi temi. Il tema è complesso, servono chiarezza e una seria gestione da parte della Provincia, e invece non ci sono. Il PACOBACE, l’equivalente del PATOM per le Alpi per le Alpi, ha bisogno di una messa a punto che rifletta la situazione attuale, anche per eliminare quelle ambiguità che poi permettono l’intervento dei TAR. In questo senso il Trentino è simile all’Abruzzo.

Possiamo prendere come esempio la Slovenia? Hanno un migliaio di orsi, li tutelano, consentono ai cacciatori di abbatterne circa duecento all’anno.
La Slovenia è grande come la Lombardia, sugli orsi ha idee chiare e le applica con successo. Non credo che la loro ricetta possa essere applicata da noi, ma la loro chiarezza di idee è certamente da lodare.

Cosa pensa del futuro degli orsi italiani? Sopravviveranno sull’Appennino e sulle Alpi, scompariranno dappertutto, si salveranno in una sola delle due zone?
Non posso saperlo ovviamente. La persistenza su numeri così piccoli è come camminare sull’orlo di un precipizio. Basta una fucilata di troppo o una malattia inattesa per portare all’estinzione.

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