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Traffico, inquinamento, prezzi alle stelle. Esiste una ricetta per contenere i danni da “Overtourism”?

Lago di Braies, quattro Passi del Sella, Courmayeur e Cortina, le Cinque Terre. L’eccesso di turismo estivo e invernale assedia le montagne e le aree protette italiane

Un’immagine che arriva dal Gran Sasso provoca discussioni sui social e sui siti d’informazione dell’Abruzzo. Mostra un versante roccioso, percorso da un sentiero non banale, sul quale sono impegnati circa 70 escursionisti. Alcuni salgono o scendono in fila indiana, altri si allontanano per ridurre il pericolo delle pietre. Altri ancora osservano la scena dall’alto, in attesa di un momento più sicuro per scendere.

La foto è stata scattata sulla via normale del Corno Grande, 2912 metri, la cima più alta dell’Appennino. Anche senza neve, e senza giacche a vento e piumini multicolori, ricorda quella dell’alpinista nepalese Nirmal Purja nel maggio del 2019 sull’Everest, con una lunga fila di clienti delle spedizioni commerciali e di Sherpa in attesa di proseguire verso gli 8848 metri della cima, o di scendere verso il Colle Sud.

Le analogie tra le due foto si fermano qui. Sul Gran Sasso, scattata a 2750 metri di quota, l’affollamento non fa rischiare la pelle a nessuno, anche se il Soccorso Alpino abruzzese, ogni estate, deve recuperare camminatori esausti o feriti da pietre. Sull’Everest, a 8700 metri, l’ossigeno che esce dalle bombole ricorda che la vita degli alpinisti è in pericolo. Alla fine di quel giorno del 2019, per quel motivo si registreranno sei vittime.

L’Overtourism, l’“eccesso di turismo” è un concetto noto da decenni ad amministratori locali e sociologi. La World Tourism Organization, in un documento del 2018, lo definisce “l’impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori”.

“Nei mesi estivi borghi, cittadine, spiagge, laghi e isole si ritrovano a subire veri e propri assalti di massa, il più delle volte senza disporre degli spazi, dei servizi e delle infrastrutture per gestirli. Località amene soffocano nel traffico e nella maleducazione, folle di turisti si accalcano nei centri storici con comportamenti non rispettosi; affittacamere e B&B invadono le città soppiantando i cittadini, che si trasferiscono altrove insieme a numerosi negozi e a servizi di pubblica utilità” spiega il sito treccani.it, legato all’Enciclopedia omonima.

A far scoprire l’Overtourism sono state alcune città europee. Prima Barcellona, con il boom successivo alle Olimpiadi del 1992, poi Venezia dove l’affollamento e la crescita dei prezzi fanno emigrare i pochi residenti. Poi è toccato a Dubrovnik, a Palma di Maiorca, a siti monumentali famosi come Mont-St.-Michel, in Normandia.

In Italia, finora, si è parlato di “turismo eccessivo” soprattutto a proposito di città e spiagge. Nella classifica dei 25 Comuni italiani con il numero più alto di visitatori compaiono Roma, Firenze, Verona e Venezia, località balneari come Rimini, Riccione e Jesolo, località termali come Abano.

Sono noti i problemi di aree costiere come la Costiera Amalfitana e le Cinque Terre, dove le strade tortuose (se ci sono) e l’orografia creano ingorghi e affollamento. Nel comprensorio del Levante ligure, dove il Parco nazionale ha portato ulteriore pubblico si è arrivati a 500 mila visitatori ogni anno. Nelle giornate “calde”, per ogni residente, si contano 40 turisti.

Ma anche la montagna è coinvolta. Sulle Alpi tedesche, turisti di ogni parte del mondo prendono d’assalto il castello di Neuschwanstein, costruito da re Ludovico II di Baviera ed evocato dal 1937 dal cartone Biancaneve e i sette nani. In Svizzera, in epoche più recenti, è successo lo stesso per l’alberghetto alpino di Aescher-Wildkirchli, nel cantone di Appenzell, che nel 2016 è comparso in copertina del National Geographic, e da allora è stato visitato da 250 mila persone ogni anno.

Sulle montagne italiane, escursionisti e alpinisti sono abituati alle code sui sentieri del Catinaccio e delle Tre Cime, o lungo vie ferrate famose come quella del Paterno o la Tridentina del Sella. Sulle Alpi occidentali si può fare la fila salendo al Gran Paradiso, al Breithorn o alla Capanna Margherita del Monte Rosa.

A quote inferiori, il caso più noto è quello del Lago di Braies, in Alto Adige. Il bacino, frequentato dai più di un secolo, è stato preso d’assalto dopo che vi è stata ambientata la serie RAI A un passo dal cielo. Dal 2019 il Comune ha chiuso alle auto gli ultimi chilometri della strada, e da giugno a settembre, si arriva solo a piedi, in bici o con i bus-navetta.

Una parte dei visitatori, intervistata da quotidiani e tg, si lamenta del costo dei parcheggi e della scomodità del sistema. Per capire come vivono questa situazione i residenti, è utile leggere l’intervento della giovane attivista Elide Mussner, pubblicato pochi giorni fa sul portale Salto.bz.

“In Alto Adige-Südtirol siamo bravi a nascondere ciò che non corrisponde all’immagine di noi che vogliamo dare al mondo” spiega Mussner. “Comunichiamo prati verdi, vette solitarie, acque sgorganti, boschi silenziosi e cieli azzurri. Una natura intatta, esclusiva. Un’ospitalità genuina, lenta e spensierata, attaccata alle tradizioni. Le immagini del turbo-turismo quotidiano che viviamo in queste settimane di agosto nelle Dolomiti subiscono censura. Eppure ne abbiamo di episodi di sovraffollamento da turisti!”

“In Val Gardena il traffico è in un totale black-out. Automobili ovunque. L’arteria principale intasata dalla mattina alla sera. Nelle zone pedonali un affollamento simile a Oxford Street a Londra. Sui passi un pandemonio di motori a scoppio, chi più ne ha più ne metta. Gli autobus stracolmi. Su sentieri e vette folla come a Gardaland. La popolazione, se può, si ritira nelle poche zone ancora indenni dall’assalto, qualche rione, qualche sentiero che (ancora) nessuno ha scoperto. In queste settimane non si va in montagna, non si va a bere il caffè in paese” conclude.

Sulle Alpi lo sviluppo del turismo, estivo e poi anche invernale, è servito a uscire da secoli di povertà. E’ logico, quindi, che dell’Overtourism si parli con estrema cautela. Lo fanno i Club Alpini e il WWF, che in un documento parla dei “120 milioni di turisti ogni anno che rischiano di uccidere le Alpi”. Lo fa la Fondazione Dolomiti UNESCO, la cui direttrice Mara Nemela ha dichiarato che “l’eccesso di flussi turistici pregiudica la qualità dell’esperienza” e “crea anche problemi di sicurezza”.

Riflettono sul problema anche gli amministratori di Zermatt, ai piedi del versante svizzero del Cervino dove la ferrovia che tiene lontane le auto porta 1,4 milioni di visitatori ogni anno. Hanno iniziato a farlo le Province di Bolzano e di Trento, che superano i 52 milioni di pernottamenti all’anno, e hanno scoperto che i proventi del turismo arrivano a pochi, mentre i costi si riflettono su tutti.

“Il successo del turismo rischia di far esplodere una bomba sociale legata all’inflazione, ai costi delle case altissimi e al traffico che opprime i centri abitati” ha dichiarato al quotidiano online Ildolomiti.it Stefano Fattor, Assessore alla Mobilità e all’Edilizia del Comune di Bolzano.

Le contromisure, però, fino a oggi non hanno funzionato. La chiusura parziale dei quattro passi intorno al massiccio del Sella (Pordoi, Sella, Campolongo e Gardena), tentata nel 2017, non ha funzionato per motivi burocratici (sono coinvolte due Regioni e tre Province) e perché molti operatori turistici delle valli hanno remato contro.

In Trentino, in Valle d’Aosta e in altre zone affollate, finora, non ci sono state misure per mitigare i danni da Overtourism. In Alto Adige, dove l’approccio “germanico” può produrre risultati rapidi, l’Assessore al Turismo Arnold Schuler ha parlato più volte di limitare il numero di pernottamenti consentiti in ogni Comune.

Altri responsabili del turismo altoatesino come Werner Zanotti, direttore del Consorzio Alto Isarco di Bressanone ammettono che una delle vie per ridurre il numero dei visitatori è l’aumento dei prezzi. Parliamo di scelte legittime, ovviamente. Ma è evidente che in Val Gardena, in Val di Fassa, a Madonna di Campiglio e a Cortina (ma anche a Courmayeur o in Valfurva) una delle manifestazioni più evidenti dell’Overtourism è il turismo pendolare di chi, per risparmiare, sceglie di soggiornare più a valle, e raggiunge le località più famose in giornata, creando ingorghi e inquinamento.

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