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Piante e fiori da guardare e non toccare

Belle, a volte magnifiche, ma tossiche. Sono diverse anche ad alta quota le specie arboree che possono giocare brutti scherzi. I consigli del botanico Andrea Mainetti

Se siete amanti dei frutti di bosco e dei liquori prodotti con le piante di montagna, state attenti al fai da te, perché, se non siete esperti, potreste incorrere in problemi molto seri per la salute.
Sulle Alpi, a quote variabili e in particolare dai 1500 metri in su, è facile infatti imbattersi in esemplari di piante velenose: alcune assomigliano a specie tipicamente utilizzate nella tradizione culinaria, altre presentano bacche invitanti che invece non sono affatto da ingerire. Quali sono? Ne abbiamo parlato con Andrea Mainetti, responsabile del Giardino Botanico del Parco Nazionale Gran Paradiso.

Cosa si intende per piante velenose?

Per prima cosa bisogna dire che il pericolo è in relazione alla quantità. Molte piante contengono sostanze tossiche, ma è la concentrazione di queste a essere determinante. Genericamente parliamo di piante tossiche quando hanno una concentrazione di sostanze nocive tale che ne basta una quantità relativamente modesta per risultare pericolose.

Quali sono le piante tossiche più comuni sulle Alpi?

Sono diverse. Una molto comune è la Daphne mezereum: produce bacche rosse che potrebbero sembrare invitanti, mentre sono estremamente tossiche. È una pianta arbustiva legnosa, in italiano è chiamata Fior di stecco perché quando fiorisce non ha ancora le foglie.

Poi ci sono gli Aconiti, che appartengono alla famiglia delle Ranunculaceae, che sono tutte piante in qualche modo tossiche. Gli stessi Ranuncoli gialli o il Botton d’oro hanno una qualche tossicità, abbastanza blanda che invece nel caso degli Aconiti è molto più accentuata. La specie più frequente sulle Alpi Occidentali è l’Aconitum lycoctonum, in italiano Aconito strozzalupo, usato in passato per avvelenare volpi e lupi. La pianta è alta fino a un metro, il fiore è giallo ma si trovano anche alcune specie un po’ più rare a fiori blu.

Come l’Aconito napello?

L’Aconito napello ha il fiore blu-violaceo, ma ci sono tante specie di quel colore e può essere confuso, per questo è importante non banalizzare. La biodiversità fa sì che ci siano tantissime specie: ecco perché è essenziale che chi va in cerca di piante commestibili abbia una buona conoscenza della botanica.

Un esempio di piante velenosa che può essere confusa con una commestibile?

Il Veratro è un infestante dei pascoli subalpini e alpini e può essere confuso, da un occhio poco allenato, con la Genziana maggiore, la Gentiana lutea, una pianta che viene utilizzata invece per produrre liquore. Il Veratro ingerito dà grossi problemi di salute, è altamente tossico. In realtà chi lo conosce lo individua facilmente perché ha le foglie alterne, non inserite alla stessa altezza ma spiralate, mentre invece la Genziana ha le foglie opposte decussate, cioè inserite a coppie alla stessa altezza, sfasate di 90 gradi.

Queste piante possono provocare la morte?

Solo se ingerite in grandi quantità. Il contatto invece solitamente non è un problema, ma attenzione alla Panace di Mantegazza, in latino Heracleum mantegazzianum, introdotta dall’uomo in varie località a scopo ornamentale. È una pianta maestosa, con fusti che possono arrivare anche a tre metri, e contiene sostanze tossiche per gli animali. Se ci si sfrega contro le foglie e poi ci si espone al sole, si attivano delle fotodermatiti con ustioni, in alcuni casi anche molto gravi. La gravità dipende molto da persona a persona, però lascia delle cicatrici, talvolta addirittura permanenti. Si tratta di una pianta esotica, di origine asiatica, considerata una delle specie più temibili nell’Unione Europea, tanto che c’è un obbligo di contenimento per le problematiche di tipo sanitario.

Fatto salvo questo caso, se tocchiamo le piante che abbiamo citato non ci succede niente?

No, è molto difficile. Esistono naturalmente delle piante urticanti, come l’ortica, ma reazioni cutanee serie con queste piante sono molto rare.

Cosa fare per non sbagliare?

Prima di tutto informarsi. Per esempio nel Parco Nazionale Gran Paradiso, a Cogne, c’è “Paradisia”, un giardino botanico dove le piante sono etichettate e quelle velenose contrassegnate, e dove in estate le guide della natura possano accompagnare e fornire tutte le informazioni utili. Poi in generale vale sempre la regola aurea: se non si conosce, non si tocca e non si mangia. Peraltro, all’interno di tutti i parchi, nessuna pianta può essere raccolta, salvo pochissime decine di specie che si utilizzano nella tradizione culinaria.

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