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Le Pale di San Martino: uno spettacolo sempre diverso da fotografare

Le Dolomiti, grazie alla particolare conformazione geologica, assumono moltissime tonalità, con sfumature di arancio, rosso e vermiglio. Le Pale di San Martino sono la sintesi perfetta di queste caratteristiche estetiche

Oltre l’altura del passo sporgono i 3185 metri del poderoso massiccio roccioso del Cimon della Pala, il più sporgente e svettante del gruppo delle Pale di San Martino, verticale nel blu scuro dei cieli del sud. Magicamente risplende la torre di roccia ancora irradiata di luce rossastra…

Dolf Nickel, soldato Austriaco (1916)

Pale di San Martino. Foto di Cesare Re

Ogni paesaggio di montagna è un soggetto fotografico interessante, a seconda di quello che si intende comunicare e della destinazione d’uso delle immagini. Ci sono scenari grandiosi e imponenti, con cime irte e turrite, oppure vette docili e ondulate, con atmosfere nebbiose e soffuse o cieli limpidi e tersi. In ogni caso, ognuno di questi ambienti offre possibilità fotografiche notevoli e sempre diverse.

Le luci e i colori delle Pale di San Martino

Le Dolomiti, in generale, offrono spunti fotografici veramente unici, soprattutto per l’estetica delle loro cime, così peculiare da renderle immediatamente identificabili, anche agli occhi di escursionisti o fotografi da smartphone. Il tramonto e l’alba colorano, letteralmente, le rocce di queste montagne di Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli, a differenza delle altre Alpi, dove si tingono solo le nubi e, al massimo, le rocce assumono una leggera dominante calda.

La Dolomia, invece, grazie alla sua particolare conformazione geologica assume moltissime tonalità, con sfumature di arancio, rosso e vermiglio, uno spettacolo per gli occhi, sempre diverso da immortalare con la fotocamera. Le Pale di San Martino, a mio avviso, non solo sono la “perfetta summa” di queste caratteristiche estetiche, ma annoverano anche ulteriori “qualità fotografiche”. Grazie a un meteo continuamente in mutamento, con un alternarsi repentino di sole e nuvole, le ombre e le nubi disegnano le montagne in maniera sempre diversa: a volte spuntano solo le vette più alte, oppure si ergono, come se seguissero dei turni, solo alcune parti di cime e pinnacoli, oppure scompaiono alcuni valloni, per riapparire in pochi minuti.

Una manna dal cielo, in tutti i sensi, per ottenere foto sempre diverse. A volte è sufficiente posizionare fotocamera e treppiede davanti alle cime e aspettare con pazienza, scattando varie immagini a distanza di pochi minuti, per ottenere scatti unici.

Ma in tutte le albe e i tramonti le rocce si colorano?

Si certo! Con Photoshop sicuramente! Nessuna vis polemica, ma solo qualche breve considerazione personale. Spesso si vedono cime con colori accesi (come se ci si mettesse una lampadina all’interno!), cieli dalle tonalità plasticose, scenari da film, tipo “Il Signore degli Anelli”. In questo caso si esagera con la post produzione. Il parere è strettamente personale. Ognuno è, ovviamente, libero di lavorare le proprie immagini come meglio crede, anche perché la fotografia non sarà mai mera riproduzione della realtà, ma sempre e comunque immagine filtrata dall’occhio e dall’interpretazione del fotografo.

Personalmente ritengo che la natura e le Pale di San Martino, in questo specifico caso, non abbiano necessità di una grande mole di post produzione e mi limito allo sviluppo del file raw, con le normali operazioni relative. Tornando alla domanda precedente: “in tutte le albe e i tramonti, le rocce si colorano?”. No, devono esserci le giuste condizioni di luce. I raggi del sole devono essere liberi, non occlusi dalle nubi che possono essere, invece, presenti sul soggetto, sovrastando le cime o avvolgendole.

Al contrario di quanto si pensi, il colorarsi delle rocce non è un fenomeno così frequente. Se il sole è “libero” conviene approfittarne. Il momento del colore, quello che i ladini chiamano “Enrosadira”, dura pochi minuti; conviene trovarsi in loco con un certo anticipo o individuare in precedenza la location dello scatto.

Dove si misura l’esposizione?

Le Dolomiti hanno una colorazione grigia, non per nulla vengono chiamate anche “Monti Pallidi”. Queste sfumature di grigio sono riconducibili alle tonalità sulle quali sono tarati i sistemi esposimetrici delle fotocamere. Misurando, quindi, l’esposizione sulla roccia, si ottengono scatti ben equilibrati, con tonalità media.

Suggerisco, quindi, di impostare la modalità di misurazione spot, o semi spot (media compensata) e di misurare la luce sulla roccia, o meglio la luce riflessa dalla roccia in quel punto specifico, dove si punta il simbolo dell’esposimetro, visibile nel mirino. La spot legge la luminosità solo in un punto limitatissimo del soggetto. È molto precisa e non semplicissima da controllare. La semi spot, invece, legge maggiormente la luce riflessa nel punto dove si posiziona il simbolo di misurazione nel mirino, dando meno importanza al resto dell’immagine, al di fuori del punto di misurazione. In questo modo si otterranno tonalità medie.

Per modificare il colore della roccia e renderla più scura o più chiara, si interviene starando l’esposizione suggerita dall’esposimetro, rispettivamente sottoesponendo o sovraesponendo. Volendo è ovviamente possibile, e anche consigliabile, intervenire ulteriormente in post produzione. Attenzione, se ci sono cime sovrastate o attorniate dalle nubi! È un caso frequente sulle Pale di San Martino e, francamente anche augurabile, visto che è una delle peculiarità di questo angolo di Dolomiti. In questi casi è importante non sovraesporre le nuvole che perderebbero dettaglio.

Treppiede e iso

Consiglio di usare sempre il treppiede. Durante il tramonto o l’alba la luce può essere flebile e dare origine a tempi di posa lunghi. Alzare gli iso consente di avere tempi di posa più brevi, ma aumenta il rumore digitale. L’uso del cavalletto, tra l’altro, comporta la regolazione di ghiere e giunti vari, operazione lenta che obbliga a prestare maggiore attenzione anche all’inquadratura e alla composizione.

Composizione e ottiche

Le “regole di composizione” sono le stesse della fotografia di paesaggio. Giusto un cenno a una piccola eccezione: si dice di non mettere il soggetto in centro. Se fotografo, però, una cima grandiosa e imponente, come può essere il Cimon della Pala, non vedo perché non posizionarlo bene in centro, proprio come se fosse un ritratto.

Come obiettivo, a seconda dell’idea, del progetto fotografico e del tipo di composizione si possono usare tutte le ottiche, dal grandangolo al teleobiettivo, tenendo presente le diverse caratteristiche, tra le quali la compressione dei piani, la dilatazione dei piani e la profondità di campo.

Il Cimon della Pala alla luce del tramonto

Pale di San Martino. Foto di Cesare Re

Il Cimon della Pala, dai pressi del Passo Rolle, con le nubi che incorniciano il soggetto. La luce del tramonto, oltre a colorare il soggetto, rende molto evidenti le forme, evidenziando la texture della roccia. Nikon D800; Nikkor 70-200 4 afg.

Foto di gruppo

Pale di San Martino. Foto di Cesare Re

La Rosetta, la Pala di San Martino e la Cima Val di Roda, corpo centrale del gruppo delle Pale di San Martino. Nikon D810; Nikkor 24-70 2,8 afg. Treppiede. Sottoesposizione di 1/3, rispetto al valore indicato dall’esposimetro. Treppiede, filtro polarizzatore.

Filtro digradante

Pale di San Martino. Foto di Cesare Re

Il Cimon della Pala e la Cima Vezzana, dalla Baita Segantini, al tramonto: spettacolo! Nikon D850; Nikkor 17-35 2,8 afs. Misurazione spot sulle cime illuminate. Filtro digradante (GND) da 2 stop, per equilibrare la differenza di luminosità tra le cime (più chiare) e il lago (più scuro). A volte, anche un cielo senza nubi ha il suo fascino.

Cime in silhouette

Pale di San Martino. Foto di Cesare Re

Controluce mattutino, con le cime in silhouette. In questo caso ho misurato l’esposizione sul cielo, più luminoso. Ho poi sottoesposto, rispetto ai valori indicati dall’esposimetro, in modo da ottenere la silhouette delle montagna.

Vanno, vengono, ogni tanto si fermano…

L’esempio della mutevolezza estetica delle Pale di San Martino, con le nubi che danzano sulle cime. Il teleobiettivo inquadra la cima della Rosetta, con leggero cambio di inquadratura, dovuto anche al movimento delle nuvole. Nikon D850; Nikkor 70-200 4 afg. Treppiede.

La luna al calar della sera

Per fotografare la luna, in esposizione singola, è necessario che la luminosità della stessa non sia eccessiva, rispetto alle cime e al cielo. Si scatta, quindi, al calare della sera e non in piena notte, quando sarebbe impossibile esporre il cielo, le cime e la luna che è molto luminosa. Nikon D800; Nikkor 70-200 4 afg. Treppiede.

Dopo la pioggia

Pale di San Martino. Foto di Cesare Re

Il continuo mutamento del meteo, con sole, pioggia, nubi e sole può favorire l’apparizione dell’arcobaleno, in maniera piuttosto frequente. Nikon D850; Nikkor 70-200 4 afg. Treppiede. Ho misurato in spot, la luce, sottoesponendo di 2/3 di stop rispetto al valore indicato dall’esposimetro.

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