Ambiente

Cos’è un ghiacciaio “nero”. L’esempio del Belvedere

Ai piedi della parete Est del Monte Rosa il ghiacciaio del Belvedere è un perfetto esempio di quelli che vengono definiti ghiacciai neri. Nell'immaginario i ghiacciai sono luoghi candidi e immacolati, ma la realtà è ben diversa: il ghiaccio alpino è sempre più scuro, grigio, annerito

Un fiume di detriti e rocce, ecco come appare la lingua di ablazione del Ghiacciaio del Belvedere, in alta Valle Anzasca ai piedi della parete Est del Monte Rosa. Lo spettatore rimane stupito di fronte a uno scenario quasi lunare e si chiede dove effettivamente sia il ghiacciaio.

Il ghiacciaio c’è, rimane solo celato da una coperta di roccia e detriti che ricoprono la sua lingua; è quello che in termini tecnici viene definito debris covered glacier. Nel linguaggio comune vengono chiamati “ghiacciai neri”, e quello del Belvedere, insieme al ghiacciaio del Miage (nel massiccio del Monte Bianco), è una delle principali espressioni di questa “nuova” tipologia di ghiacciaio, destinata a diventare sempre più presente sulle Alpi.

Infatti, anche se immaginiamo il ghiaccio glaciale di colore bianco o al massimo blu, e i ghiacciai stessi come un luogo candido e immacolato, la realtà è ben diversa. I ghiacciai di casa nostra appaiono sempre più grigi, scuri, anneriti. Questa condizione è la conseguenza di un fenomeno globale definito come darkening. I ghiacciai stanno cambiando pelle, si anneriscono sempre di più in risposta al cambiamento climatico e tendono a ricoprirsi di detrito e polveri.

Darkening: da cosa dipende questo fenomeno di annerimento?

Come anticipato, il principale responsabile è il cambiamento climatico; in altri termini è la condizione sufficiente e necessaria affinché si verifichi il fenomeno di “annerimento” delle lingue glaciali. Le pareti rocciose incassanti le lingue stesse, liberate dal ghiaccio, risultano sempre più instabili e rilasciano perdite di detrito con maggior frequenza e intensità. Il risultato di tali processi di alterazione e degradazione dei versanti si riversa sui ghiacciai stessi, ammantandone la superficie e modificandone la morfologia.

In realtà le frane non sono l’unico processo. C’è anche un’altra spiegazione che ci vede direttamente coinvolti. È quella per cui la fuliggine e il particolato derivante dalle attività antropiche si va a depositare sulle superfici glacializzate (come già era stato evidenziato anni fa a proposito dei ghiacciai dello Stelvio).

Come rispondono i ghiacciai a questa nuova condizione?

La copertura detritica dei ghiacciai è uno degli argomenti maggiormente discussi in glaciologia, con pareri e teorie discordanti rispetto a come i ghiacciai reagiscono a questa nuova condizione. Per far capire meglio la complessità dell’argomento si può partire da una semplice domanda: noi in estate come preferiamo vestirci, di nero o di bianco?

In genere, sotto il sole ci vestiamo di colori chiari, in questo modo abbiamo un potere riflettente maggiore nei confronti delle radiazioni solari e quindi sentiamo meno caldo. Ecco, i ghiacciai non possono scegliere i loro vestiti ma, applicando il medesimo ragionamento, si può affermare che la copertura detritica sia l’equivalente di una maglietta nera. Questo determina un maggior assorbimento della radiazione solare, un trasferimento di calore e quindi una fusione più intensa delle masse glaciali.

Il ghiacciaio nero del Belvedere: un unicum

Si potrebbe pensare che la copertura detritica sia unicamente una condizione estremamente negativa per i ghiacciai. Non è così, e il ghiacciaio del Belvedere ne è la testimonianza. In questo caso la coperta di detrito e rocce svolge anche un ruolo positivo e permette la sopravvivenza di questo gigante. Un gigante agonizzante, ma ancora vivo.

La sofferenza del ghiacciaio del Belvedere è tangibile. L’instabilità delle morene laterali, sempre più fragili e soggette a degradazione, i laghi epiglaciali che si formano sulla superficie della lingua di ablazione, in risposta all’intensa fusione estiva, con grotte e collassi come risultato dell’azione congiunta dei corsi d’acqua che scorrono alla base del ghiacciaio e del ruscellamento delle acque di superficiali.

Un ghiacciaio sicuramente in forte sofferenza, ma che lega la propria sopravvivenza alle sue caratteristiche di ghiacciaio nero. Infatti, quando la copertura detritica raggiunge un determinato spessore “critico”, mediamente si parla di almeno di 10-20 cm, questa svolge un ruolo isolante dei confronti della radiazione solare.

Tale condizione porta a un rallentamento del tasso di fusione del ghiacciaio, consentendone così la sopravvivenza. Lo strato detritico però non è sempre omogeneo e così le diverse aree del ghiacciaio non sono protette allo stesso modo. Va sottolineato come l’ablazione diminuisce sia all’aumentare della copertura della coltre ma anche in funzione delle specifiche caratteristiche (tipologia, litologia, porosità e umidità) dei detriti. infatti, zone poste alla stessa quota ma con coperture detritiche differenti possono avere risposte in termini di fusione glaciale differenti: questa condizione viene definita come ablazione differenziale.

Attualmente la fronte bilobata del ghiacciaio del Belvedere si attesta a una quota di 1840 metri circa, totalmente in disequilibrio con gli scenari climatici attuali e futuri, e trova una spiegazione unicamente nella cospicua copertura detritica. Una disponibilità di detrito destinata ad aumentare anche in conseguenza della degradazione del permafrost delle pareti rocciose che circondando la lingua glaciale.

Un gigante malato

Nonostante la copertura detritica il ghiacciaio continua ad assottigliarsi e a regredire; le perdite di spessore sono evidenti e i segnali dello “sgonfiamento” del ghiacciaio si manifestano nella differenza di altezza tra morene laterali e lingua di ablazione, con le morene sempre più verticali ed evidenti segni di cedimento.

Altra caratteristica del ghiacciaio del Belvedere, direttamente connessa allo spessore di copertura detritica, è quella per cui sulla lingua si vede la presenza di vegetazione. Una condizione che si associa a un mantello detritico abbastanza spesso, a una ridotta velocità superficiale di flusso del ghiacciaio e a una quota della lingua inferiore al limite altitudinale della vegetazione.

I ghiacciai sono luoghi dove si avverte tutta la potenza della natura. Camminando sulla superficie del ghiacciaio del Belvedere si sente il suo respiro. È un’entità viva, imponente, ma allo stesso tempo fragilissima; l’espressione di un cambiamento delle morfologie glaciali sempre più intenso, i cui risultati sono visibili e facilmente riconoscibili.

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