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Gran Sasso, incidente mortale sul Canalone Bissolati

La tragedia è avvenuta sul Canalone Bissolati, dove negli anni si sono verificati numerosi incidenti

Incidente mortale domenica mattina sul Gran Sasso. Uno scialpinista di Orvieto, Fabio Racanella, 52 anni, è scivolato sul Canalone Bissolati, una delle due vie più seguite (l’altra è il ghiacciaio del Calderone) per scendere dai 2912 metri del Corno Grande, la cima più alta dell’Abruzzo e dell’intero Appennino.
Racanella era un esperto di montagna, in estate come su terreno innevato. Socio della Sezione di Terni del CAI, era istruttore della Scuola Intersezionale Umbra di Alpinismo “Giulio Vagniluca”, una delle più attive dell’Italia Centrale. Dopo essere salito in vetta per il Canalone Moriggia-Acitelli, ha iniziato a scendere per il ripido Canalone Bissolati.
Non sappiamo se Fabio abbia perso il controllo degli sci, o se si sia sganciato un attacco. È certo, purtroppo, che lo scialpinista umbro ha preso velocità sul pendio, e che lo scivolone si è concluso contro delle pietre affioranti, che non gli hanno lasciato scampo.
L’allarme è stato dato da altri scialpinisti impegnati in quel momento sul Corno Grande, l’elicottero del 118 con il personale del SASA, il Soccorso Alpino e Speleologico dell’Abruzzo, è intervenuto prontamente. Il medico di bordo, però, non ha potuto fare altro che constatare il decesso. Il corpo è stato portato all’ospedale Mazzini di Teramo.

Il Canalone Bissolati, che in primavera viene percorso molto spesso con gli sci, non è un itinerario semplice. Nell’imbuto sommitale la pendenza raggiunge i 40°, più in basso la pendenza diminuisce ma resta sostenuta, e una strettoia crea delle ulteriori difficoltà.
Luca Mazzoleni, nella sua diffusissima guida La montagna incantata, lo valuta OSA, cioè per ottimi sciatori alpinisti. Scrive che si tratta di “una meta riservata a scialpinisti esperti”. Spiega che è importante “valutare la differente esposizione del canale rispetto alle vie di salita, che rende possibile trovare neve molle sulla Direttissima e dura e ghiacciata sul Bissolati”.
Negli anni, purtroppo, sul Canalone Bissolati si sono verificati numerosi incidenti. Il più noto, nell’ormai lontano 1976, ha causato la morte della scialpinista aquilana Antonella Panepucci, moglie dell’alpinista Domenico “Mimì” Alessandri e oggi ricordata da un rifugio nel settore occidentale del Gran Sasso.

Nelle scorse settimane, la grande quantità di neve caduta sul Gran Sasso ha creato delle condizioni inconsuete e suggestive a bassa quota, e qualche problema per gli addetti alla viabilità della Provincia dell’Aquila e dell’ANAS, che stanno aprendo la strada che sale all’Albergo di Campo Imperatore, dove arriverà venerdì 12 maggio il Giro d’Italia.
Due settimane fa, la guida alpina abruzzese Giampiero Di Federico aveva lanciato su Facebook un allarme“Neve abbondante in quota, attenzione!” Più di recente, delle foto comparse sui social hanno mostrato un gigantesco distacco sul versante settentrionale del Corno Grande, proprio nel punto dove, a fine marzo del 1923, era salito e sceso Aldo Bonacossa nella prima ascensione scialpinistica della cima.
“In primavera le condizioni della neve sono spesso variabili. Quest’anno lo sono più del solito, perché le ultime nevicate, soprattutto sugli itinerari esposti a sud, si sono posate su pendii spesso già puliti dalla neve. Sul Bissolati ci vogliono esperienza e attenzione, ma un incidente può sempre capitare” spiega oggi Di Federico.

Qualche ora fa, sul quotidiano abruzzese Il Centro e sul sito Abruzzoweb.it, la morte di Fabio Racanella è stata commentata con toni sgradevoli e impietosi da parte di altre guide alpine. Paragoni senza senso sono stati avanzati dai media con la valanga di Rigopiano, che ha ucciso 29 persone nel 2017, o con gli incidenti ad alpinisti avvenuti a fine 2019, causati invece dal ghiaccio.
Daniela Santanchè, Ministra del Turismo, si è aggiunta al coro parlando di un “escursionista”, e lanciando degli improvvidi inviti a non andare “fuori stagione” (per lo scialpinismo l’alta stagione è proprio la primavera) e ad “affidarsi alle guide alpine” ignorando l’esistenza stessa del CAI, che pure al suo Ministero fa riferimento.
Ricostruzioni e commenti fuori luogo sono stati rimproverati sui social da alpinisti e scialpinisti dell’Italia centrale, molti dei quali conoscevano Fabio Racanelli.

“Articolo peggio di questo non si poteva leggere, per rispetto della persona scrivete le cose con un senso” scrive Lorenzo D’Ostilio commentando la ricostruzione di Abruzzoweb.
“Che c’entrano le valanghe, con magari uno sgancio accidentale di un attacco? Un amalgama di leggerezze che non giovano di certo a chi, portando avanti una passione, è morto in un canale molto frequentato” aggiunge Federico Panchetti.
“Sono abituata all’approssimazione sciatta di certa stampa, ma alla prosopopea e alla assoluta mancanza di rispetto di chi giudica dall’alto di un pulpito (immaginario) non mi abituerò mai” scrive Lorenza Moroni. “Quello che è successo all’amico Fabio sarebbe potuto succedere a tutti noi, guide alpine comprese. Il silenzio, in questi casi, è dovuto.

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