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Approccio al Trail Running con i consigli di Stefano Ruzza

In gioco non ci sono solo podi e medaglie, ma il superamento dei propri limiti: scopriamo come farlo al meglio, divertendosi

Il contatto con la natura, la varietà dei paesaggi e quel senso di libertà che… che fa sognare. Se nelle gare di road running (corsa su strada) a contare sono tempo e performance, chi si avvicina alla corsa in natura e su sterrato cerca forse qualcosa di più. Spesso arrivano da un passato fatto di asfalto, pista e personal best, di mezze maratone e maratone. Abituati più alla velocità che al dislivello, galvanizzati da questa nuova (e faticosa) dimensione, si appassionano al trail running tanto da scegliere di non tornare più indietro. Oppure di usare le gare che prima costituivano obiettivi stagionali, alla stregua di un allenamento. Capire che allenarsi per il mondo trail è assai diverso rispetto alla strada e approcciare questa disciplina nella maniera corretta, è il primo passo per garantirsi una “carriera” (anche amatoriale!) fatta di tanto divertimento e pochi infortuni.
Ne abbiamo parlato con Stefano Ruzza, trail runner coach, già atleta azzurro nonché autore del libro “Fallire e riuscire all’UTMB”. Due parole su Ruzza: trail runner del Team Vibram, nell’ultimo decennio ha battagliato nei più importanti eventi italiani e internazionali, vincendo decine di gare (tra cui due titoli italiani di ultratrail long distance), indossando la maglia azzurra ai Mondiali di Annecy del 2015, piazzandosi al 7° posto alla Diagonale des Fous nel 2014 e soprattutto all’UTMB (Ultra Trail du Mont Blanc che, ricordiamo, ha una lunghezza di 170 km con 10mila metri di dislivello positivo) nel 2018.

Quello che può sembrare “da marziani”, come correre distanze superiori ai 42,195 (chilometri, si intende!) della maratona, diventa accessibile e sfidante, migliora l’autostima e regala grandissime soddisfazioni. Perchè in gioco non ci sono (per lo meno in molti casi!) podi o medaglie, ma il superamento dei propri limiti.
Eccovi alcuni consigli per correre in montagna, o iniziare a farlo. Partiamo dagli aspetti comuni tra trail running e corsa.
“L’esperienza, sia come atleta che come coach, mi ha portato alla convinzione che l’allenamento per il trail running abbia più punti in comune con il triathlon che con la corsa vera e propria. Nel trail non sono coinvolti tre diversi sport combinati, come invece accade per i triatleti, ma il gesto tecnico varia in continuazione in relazione al percorso. Se nelle parti pianeggianti, sulle salite moderate e in discesa la corsa rimane il gesto tecnico principale, sulle pendenze più impegnative si cammina e nelle discese su sterrato nessun passo è uguale all’altro, con cambi di direzioni, frenate, salti. Ecco perché è importante avere un piano di allenamento che vada oltre la corsa e combini i diversi elementi” spiega Ruzza.

  • Allenare la velocità, ma anche la discesa e la camminata in salita
    Il piano di allenamento che consiglio ai miei atleti, sia alle prime armi, che provenienti dalla corsa su strada, comprende allenamenti di camminata in salita oltre al gesto atletico della corsa e alla velocità, che comunque non vanno tralasciati. L’allenamento dovrebbe essere strutturato a partire almeno da 3 o 4 mesi, ma sarebbe utile considerare anche un periodo più lungo per chi inizia, mentre nel caso delle ultradistanze può anche essere spalmato su più anni. Soprattutto nelle fasi iniziali è bene alternare corsa in piano (e discesa, stando però molto attenti) e camminata sulle salite. Come migliorare la performance in salita? In maniera graduale innanzitutto, per chi non ha dislivelli nelle vicinanze anche solo una scalinata di 30 secondi da salire e ridiscendere per un tot di tempo a seconda del grado di allenamento può bastare.
  • Allenare la propriocezione
    Spesso i miei atleti chiedono come andare più veloci in discesa. Solo pochissimi sono naturalmente dotati per la corsa su sterrato e in discesa, ma anche in questo caso non disperate. Ci si può allenare per diventare buoni discesisti. È però importante chiarire che non è necessario migliorare la velocità in discesa, ma riuscire a scendere i più decontratti e agili possibile. Per ottenere questo bisogna dedicare del tempo alla propriocezione (esercizi con la tavoletta e similari) al fine di rinforzare le caviglie, migliorare la sensibilità e diminuire il rischio di distorsioni, ma soprattutto provare e riprovare le discese, cercando di conoscere i terreni, migliorando le traiettorie e guadagnando confidenza.
  • Allenare la forza
    Chi pratica trail deve avere gambe forti. La forza muscolare è quindi fondamentale… senza dimenticare che gambe forti fa anche rima con gambe belle! Ci sono diverse modalità: dai metodi più classici legati all’allenamento a secco (pesi e palestra) a quelli che riguardano la corsa in salita e in discesa, ad esempio ripetute specifiche. Oltre a ciò può essere utile anche allenare la forza al termine di sedute di velocità o allenamenti lunghi (quindi quando le gambe sono stanche e quindi simulando le condizioni che si affrontano in gara), tenendo pur sempre conto di non esagerare per non rischiare infortuni.
  • L’importanza di alternare, se possibile, la corsa ad altri sport
    Gli esperti parlano di cross-training. Ciclismo, scialpinismo e sci di fondo, alpinismo, camminate e ogni sport che alleni forza muscolare e sistema aerobico. Anche il nuoto può essere utile, in particolare per il recupero dopo allenamenti molto intensi, lunghi o nel post gara in cui si è portati a tirare al massimo. Nonostante la corsa rimanga l’attività principale da svolgere (per imparare a correre, devi correre!) il cross training dà stimoli diversi e tiene lontani gli infortuni da sovraccarico.
  • Non dimenticare che esiste anche la parte superiore del corpo
    Che va allenata. Si dice che non si corre solo con le gambe (e con la testa!). Questo vale ancora di più in modo specifico per il trail running. Nulla va tralasciato: dall’addome, fondamentale per la postura, alle braccia che vengono usate nei tratti più ripidi e con i bastoni da trail. Collo e dorso devono essere tonici, sia per la stabilità della colonna vertebrale che per sopportare meglio lo zaino per molte ore. E poi sì… c’è anche la testa. Ma per quella preferisco lasciare spazio a uno psicologo o mental coach.
  • Non esagerare, soprattutto all’inizio!
    Facile farsi prendere dall’entusiasmo e… strafare! La mia utilità, in quanto coach, è anche questa: limitare l’entusiasmo degli atleti prima che possano infortunarsi per via del sovraccarico. Non è utile inserire grandi volumi senza sosta, anche perché non porta a miglioramenti effettivi. È invece utile inserire distanze e dislivelli gradualmente e nei momenti giusti.
  • Ricordati che il recupero fa bene
    Può essere attivo, quindi facendo attività diverse come il nuoto, ma il corpo ha necessità di recuperare le energie al fine di poter migliorare. Eliminare i recuperi comporta miglioramenti molto più lenti e limitati, o peggio, infortuni. Il recupero poi non è uguale per tutti ma dipende da molteplici fattori, sia oggettivi (relativi allo sforzo) che soggettivi (legati alla persona e alle sue condizioni fisiche: età, salute, livello di allenamento, ecc…). Sonno e alimentazione equilibrata rimangono però fondamentali per chiunque.
  • Divertiti
    Come in ogni sport praticato a livello amatoriale, non si tratta di un lavoro… pertanto la parola d’ordine è divertirsi, provare piacere e svuotare la mente. E anche la performance atletica ne trarrà vantaggio, parola di coach!
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