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Una mappa per cercare meteoriti in Antartide: l’idea geniale della glaciologa Veronica Tollennar

Tramite IA e machine learning è stata realizzata una mappa che identifica le zone dove è più probabile la presenza di meteoriti

Una mappa del tesoro per trovare le stelle. Non per trovare le stelle cadenti ma quelle già cadute. I meteoriti, usando un termine improprio. Una mappa per trovare qualsiasi detrito spaziale cada sulla Terra.

La glaciologa olandese Veronica Tollennar ha preso questo compito, che sembra un po’ romantico, un po’ ipotetico e parecchio complicato, e ne ha fatto una cosa concreta. Ha fatto appunto una mappa, online e interattiva (http://wheretocatchafallingstar.science), che aiuti i ricercatori a capire dove è più probabile che si trovino i meteoriti caduti in Antartide.

Perché l’Antartide?

Per varie ragioni il cosiddetto Polo Sud è fra i posti del nostro pianeta dove questi avvenimenti accadono più di frequente e dove è più semplice accorgersene: come su Montagna abbiamo scritto anche di recente, le rocce che arrivano dallo spazio sono più facilmente visibili sulla neve e sul ghiaccio, e inoltre il clima asciutto riduce le alterazioni che possono subire dopo essere cadute sulla Terra.

Quello della semplicità è comunque un concetto relativo: l’Antartide resta un territorio inospitale e complicato ed è anche vastissimo. Da qui la necessità di avere una mappa, anche per ridurre il tempo, le energie e le risorse (anche economiche) necessarie per mettere in piedi una spedizione di ricerca.

Per avere un’idea di quanto sia utile, basti pensare che negli ultimi (più o meno) cent’anni, dal primo ritrovamento di un meteorite in Antartide, avvenuto nel 1912 grazie all’esploratore inglese Frank Bickerton, laggiù sono state trovate quasi 50mila rocce spaziali. Che sono il 62% di tutte quelle recuperate sulla Terra.

IA e machine learning: così è stata fatta la mappa

Prima di capire come Tollennar abbia realizzato la sua mappa è importante capire che cosa succede a un meteorite che precipita sull’Antartide: viene coperto dalla neve, ovviamente.

Più precisamente: viene coperto dalla neve, che compatta tutto e forma un manto ghiacciato e pressoché immacolato. I meteoriti (secondo stime, quelli più pesanti di 2 grammi che cadono sul Polo Sud sarebbero “molte centinaia l’anno”) vengono dunque spinti verso il basso, affondano negli strati di ghiaccio sino a quando trovano un ostacolo. Affondano sino a quando si imbattono in uno strato roccioso e più duro, cosa che li spinge a riemergere. Ed è lì che è possibile trovarli.

Aiutandosi con l’intelligenza artificiale e il machine learning, Tollennar è riuscita a ricostruire secoli di movimenti del ghiaccio sotto la superficie dell’Antartide, che sono quelli da cui dipendono i movimenti dei meteoriti, e dunque a calcolare, “con una precisione dell’80%”, le zone dove è più probabile che siano riemersi o riemergano.

Facendo un po’ spoiler, la stessa studiosa ha spiegato che i punti più probabili sono i pendii più dolci (quelli dove le montagne iniziano ad alzarsi dalla superficie, ovviamente) e coperti dal cosiddetto ghiaccio azzurro, dove neve e ghiaccio si incontrano e hanno vicino un corso d’acqua. Tollennar ha anche calcolato che nelle zone indicate sulla sua mappa potrebbero esserci quasi 350mila meteoriti e confermato di essere alla ricerca di finanziamenti per andare alla loro ricerca. Cosa che sarà più facile proprio grazie alla sua idea.

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