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Joshimat, il villaggio sacro che sta sprofondando nel cuore dell’Himalaya

Joshimat è una città di poco più di 20mila abitanti che si trova nello Stato indiano dell’Uttarakhand: è a quasi 1900 metri di altitudine, ai piedi dell’Himalaya, non distante dal confine con la Cina e il Nepal. E sta sprofondando a valle. Dallo scorso gennaio, quasi 900 case sono state dichiarate inagibili e pericolose (“unusable”, come è scritto nei cartelli affissi sulle pareti), moltissime sono state rase al suolo e quasi 250 famiglie sono state costrette ad andarsene, senza sapere se, quando e come potranno tornare.

Joshimat, la città sacra che rischia di sparire

La città è venerata da Indù e Sikh perché è sede di uno dei 4 monasteri fondati nel VIII Secolo dal teologo indiano Adi Shankara, e questo è in qualche modo uno dei suoi problemi. Quello che è successo a inizio 2023, e prima ancora a inizio 2021, è che Joshimat è stata travolta dagli allagamenti e ondate di piena provocati (anche) dallo scioglimento del vicino ghiacciaio Nanda Devi: fiumi di fango si sono riversati per le strade, appunto danneggiando centinaia di edifici, molti dei quali sono stati poi abbattuti. La città è stata quindi divisa in 3 zone (Pericolosa, Cuscinetto e Sicura), moltissime persone se ne sono dovute andare e il timore è che se questo processo dovesse continuare, Joshimat finirebbe per scomparire, venendo trascinata a valle dalle piene dei corsi d’acqua che la circondano.

Le accuse alla speculazione edilizia

Abbiamo scritto che il fatto di essere una città sacra è uno dei problemi di Joshimat perché moltissimi residenti accusano il turismo religioso di essere fra le cause di quello che sta accadendo: ogni anno, circa mezzo milione di persone passano di qui in pellegrinaggio per raggiungere i monasteri e il governo Modi sta da tempo cercando di rendere la loro vita più facile. Negli anni sono stati costruiti molti alberghi e altre strutture ricettive (utilizzate spesso anche dagli appassionati di scalate e alpinismo) e soprattutto c’è il progetto per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria e di una nuova autostrada, lunghe rispettivamente oltre 300 e quasi 900 chilometri. L’idea, come si capisce, è di sfruttare l’attrattività turistica di Joshimat e renderla economicamente più redditizia.

L’altro problema, sempre secondo molti residenti e attivisti locali, sarebbe la costruzione di una centrale idroelettrica della National Thermal Power Corporation, un colosso dell’energia di proprietà del governo indiano: su Twitter sono molti i tweet con gli hashtag #NTPCgoback e #savejoshimath che accusano apertamente i responsabili del progetto di essere fra le cause di quello che sta accadendo. E adesso si teme che gli scavi per la realizzazione di un nuovo tunnel lungo 12 chilometri destinato alla centrale possano aggravare ulteriormente la situazione.

Un problema iniziato negli anni Settanta

E però, c’è un però. Perché la questione è anche che Joshimat sta nella situazione in cui sta anche per il posto in cui sta: costruita su un costone roccioso, è oggettivamente in una posizione non facile e che la porta naturalmente a scivolare verso il basso.

Nemmeno l’aiuta il terreno che ha intorno: la valle dell’Uttarakhand è attraversata da oltre 30 fiumi e corsi d’acqua ed è circondato da ghiacciai in scioglimento (un processo purtroppo velocizzato dai cambiamenti climatici) e la città stessa è circondata a ovest e a est dai torrenti Karmanasa e Dhaknala e a sud e a nord dai fiumi Dhauliganga e Alaknanda. Non una situazione facilissima, tant’è che già a metà degli anni Settanta una commissione governativa evidenziò le prime tracce di smottamenti e di movimenti del terreno e delle case.

Le case stesse sono (o potrebbero essere) un altro dei problemi: negli ultimi vent’anni, la popolazione di Joshimat è quasi triplicata e nel tempo si è costruito sul costruito, molte abitazioni sono state realizzate su abitazioni già esistenti, come enormi soppalchi che sono andati a gravare su un terreno già fragile e non molto stabile. Come in altre parti del mondo (Italia compresa) l’abusivismo edilizio potrebbe decisamente avere parte delle colpe.

Le possibili soluzioni

È ovvio che tutte queste cose, tutte insieme, non aiutano e secondo molti i lavori necessari per i tanti progetti edilizi, dall’abbattimento di pareti rocciose alla deviazione dei corsi d’acqua, sino al disboscamento, in un’area già naturalmente delicata, potrebbero “causare danni irreparabili”. Come riportato sul portale The Citizen, secondo la professoressa Gurinder Kaur, già docente del dipartimento di Geografia della Punjabi University, “le case che restano a Joshimath possono essere salvate se tutti i lavori di costruzione in corso vengono interrotti” e soprattutto “dovrebbe essere piantato un gran numero di alberi per dare stabilità al terreno lungo i pendii collinari”. Inoltre, “il piano urbanistico dovrebbe essere rivisto con il parere dei geologi, tenendo presente la topografia dell’area” e dunque smettendola di costruire senza criterio.

Come ovunque nel mondo, il punto è che “strade e altre costruzioni sono necessarie per lo sviluppo economico di qualsiasi regione, ma lo sviluppo dev’essere fatto in base alla posizione geografica di quella regione”, perché la natura va rispettata: è solo nella sua protezione e sostenibilità che gli esseri umani possono sopravvivere”.

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