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Le critiche alla salita al Manaslu di Txikon aprono una riflessione sullo stile nell’alpinismo

Dopo che Alex Txikon ha salito lo scorso 6 gennaio il Manaslu, nel mondo dell’alpinismo si è aperto un interessante dibattito sullo stile.

Le contestazioni a Txikon

Tutto nasce dal fatto che lo spagnolo è arrivato in vetta senza ossigeno supplementare, ma aiutato da sei sherpa – Tenjen Lama Sherpa, Pasang Nurbu Sherpa, Mingtemba Sherpa, Chhepal Sherpa, Pemba Tasi Sherpa e Gyalu Sherpa – che invece ne hanno fatto uso. Txikon avrebbe quindi beneficiato indirettamente dell’ossigeno grazie al lavoro dei compagni reso più facile dalle bombole. Pertanto, per chi sta portando avanti questa critica, quella dello spagnolo non è una vera salita senza ossigeno. La medesima contestazione era stata fatta in occasione del K2 invernale quando solo Nirmal Purja era arrivato in vetta senza uso di bombole.

Altri hanno poi sostenuto che non fosse corretto presentare come record la salita di Txikon e compagni. Per molti parlare con toni trionfalistici di “prima salita puramente invernaleva a ridimensionare la scalata del 1984 dei polacchi solo perchè iniziata qualche giorno prima del 21 dicembre (le regole per le l’invernali al tempo non esistevano). Un’impresa, quella polacca, che però è stata eccezionale perché avvenne in condizioni estreme su una via complessa, raramente ripetuta anche in primavera, e per la prima volta nella storia delle invernali senza uso di ossigeno supplementare. Fu una salita importante per la storia dell’alpinismo.

Anche alcune parole di Alex Txikon hanno ulteriormente alimentato la discussione. Durante la conferenza stampa a Kathmandu, lo spagnolo ha detto che i sei sherpa della sua squadra sono stati i primi nepalesi a scalare un 8000 in inverno nel proprio Paese. Ha poi spiegato che Ang Rita Sherpa ha scalato l’Everest il 22 dicembre 1987, ma non in inverno perché arrivò in cima 4 ore prima rispetto all’ora ufficiale del solstizio. Indubbiamente vero per le regole attuali, che ribadiamo non esistevano al tempo, ma non viene raccontato che fu una difficile salita per il meteo e che il nepalese era senza ossigeno supplementare.

Per brevità, non ripetiamo tutta la questione di quando inizia o meno l’inverno, di quando è nata la consuetudine circa l’adozione in alpinismo dell’inverno astronomico, ne abbiamo già parlato in lungo e in largo (chi vuole recuperare è tutto scritto qui: Ma alla fine, quando inizia l’inverno?).

Non vogliamo nemmeno dare una risposta alle singole critiche alla salita del Manalsu, che a prescindere dall’ossigeno è stata una salita in condizioni difficili, effettuata velocemente e degna di essere raccontata. Ci piacerebbe piuttosto sfruttarle come occasione per aprire una riflessione generale sull’alpinismo.

Una riflessione

Vorremmo infatti concentrarci su quello che ci sembra essere il vero fil rouge della discussione: tra le tante componenti di una salita, che importanza ha lo stile? E una regola non scritta come quella sull’inizio dell’inverno?

Evidentemente ognuno ha la propria risposta e il fatto che è così è proprio perché l’alpinismo è talmente libero che consente a chiunque di viverlo a modo proprio. Ed è per questo che non si parla mai di sport. Ma tale assunto è vero fino a un certo punto: esiste una linea di demarcazione quando dell’alpinismo se ne fa una professione che si nutre, anche per profitti economici, sulla comparazione tra le proprie imprese e quelle altrui (qualche esempio: la prima invernale integrale; la salita più veloce; la prima discesa con gli sci; ecc.).

Facciamo un passo ulteriore con un’altra domanda: quali sono le caratteristiche che rendono una salita più rilevante rispetto a un’altra?

La difficoltà ambientale? La difficoltà tecnica? Lo stile alpino? Il fattore esplorativo o pioneristico? Queste sono solo alcune delle risposte possibili e compaiono, per esempio, tra i vari criteri che vengono usati ogni anno con precisione e severità dalla giuria dei Piolets d’Or nello stabilire le migliori scalate dell’anno.

L’alpinismo, nonostante gli alpinisti lo neghino, ha quindi delle regole a cui ispirarsi a determinati livelli. Che però non sono obbligatorie, ma che a un occhio attento possono tutte essere ricondotte a un singolo valore: il rispetto per la montagna. Che vuol dire scalare senza lasciare segno del nostro passaggio, ma anche porsi in un confronto onesto con la montagna quando decidiamo di salirla. Non è nient’altro che i “mezzi leali(fair means) di Mummery, un concetto talmente fondamentale che dal momento in cui è stato espresso avrebbe dovuto ispirare ogni alpinista.

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6 Commenti

  1. Dunque, per quanto mi riguarda, a proposito dello stile: sicuramente i Fair Means dovrebbero essere la stella polare, ma aggiungerei io non solo nei confronti della montagna, ma anche nei confronti dell’uomo stesso e della sua capacità sfidare la montagna senza scorciatoie o strade più semplici di altre. Certamente, come descritto nell’articolo, se uno sale con corde fisse (magari pure allestite da terzi), ossigeno, sherpa a battere la via, etc.. non vuol dire che la sua sia una scalata non valida, ciò detto però è innegabile che si sarà valso di tutta una serie di “scorciatoie” che tolgono “peso” alla qualità di quella che comunque resta certamente un’impresa. Per come la vedo io, il puro stile alpino, resta il metro di giudizio più giusto con cui giudicare una scalata, eventualmente ancora più apprezzabile se abbinato ad una scalata invernale, all’apertura di una via nuova, etc.. Proprio per questo motivo avevo molto a cuore e riponevo molte speranze nel tentativo di Barmasse e Goettler sul Dhaulagiri, perché se fossero riusciti a conquistare la vetta in stile alpino di un 8000, avrebbero in tal modo alzato e fissato un’asticella al di sotto della quale ogni professionista che si professi tale non avrebbe evidentemente potuto più andare.

    Riguardo invece al meteo, tutti hanno ragione e nessuno a torto. Andrebbe però evidenziato anche come l’inverno oggi (prendiamo ad es. proprio l’Italia in questi giorni) non necessariamente anticipa il calendario, anzi si potrebbe ben dire che ultimamente sembrerebbe invece ritardarlo. Per questo, giustissimo discuterne, ma forse, magari anche assieme ad un gruppo di validi meteorologi, bisognerebbe fare per bene il punto della situazione riguardo al recente passato ed alle prospettive future, per stabilire in che periodo è più giusto oggi parlare di stagione invernale.

  2. Non c’è nulla da criticare. Solo non si possono confrontare le grandi scalate in solitaria senza ossigeno, quelle con gli sherpa, quelle con gli sherpa con l’ossigeno e quelle dove tutti hanno l’ossigeno. Sempre imprese eccezionali, ma ovviamente totalmente diverse tra loro.

  3. E’ evidente che la salita di Txikon non ha molto valore alpinistico e non sarà mai ricordata nella storia di questa disciplina sia perchè la prima invernale spetta indiscutibilmente ai polacchi e sia per le modalità con cui si è svolta. Ovviamente, avendo lui degli sponsor, deve vendere il prodotto e si lascia andare ad affermazioni roboanti e non veritiere, ma tra qualche mese non se ne parlerà più. Pertanto non starei neanche a ragionare di stile o mezzi leali prendendo spunto da questa “impresa”, perchè non è su tali salite che si possa applicare l’invito al ragionamento dell’articolo non avendo, quest’ultime, che una residua importanza esperienziale nell’esplorazione alpinistica globale.

  4. Ero in falesia e sentivo parlare di alpinismo.
    Sono curioso e non capivo i commenti su diverse grandi vie e su alcuni salitori.
    Allora ho chiesto se mi dicevano quali vie avevano salito e con quali alpinisti avessero scalato o parlato a lungo.
    Mi hanno risposto che loro non avevano salito nessuna via “importante”, ma si tenevano informati, leggevano, andavano alle conferenze e non avevano rapporti con alcun alpinista .
    Sono rimasto sconcertato.
    Pensare di sapere senza aver fatto esperienza, nell’alpinismo penso sia felice giocondità.
    Se proprio voglio essere comprensivo, direi che al massimo queste persone possono fare dei paragoni personali, molto personali.

  5. TXIKON È SENZ’ALTRO UN ALPINISTA DI VALORE, MA CHE SIA “”PIÙ DI VALORE” DI ALTRI NON PUÒ ESSERE LUI A DIRLO, MA SEMPRE GLI ALTRI, POI SE I SUOI SPONSOR CONTINUANO A FINANZIARLO, ALLORA SONO AFFARI LORO, IO SE ME LO POTESSI PERMETTERE, I FINANZIAMENTI LI CONCEDEREI AD UNA PERSONA COME SIMONE MORO, ESEMPIO DI CORRETTEZZA, COERENZA, SINCERITÀ E LEALTÀ. TXIKON NON SI DIA PENSIERO, TRA QUALCHE ANNO LA SUA SALITA NON LA RICORDERÀ PIÙ NESSUO. LA SALITA DEI POLACCHI NEL 1984, LA RICORDERANNO SEMPRE TUTTI, QUI STA LA DIFFERENZA. PER ASSURDO, SE A QUALCUNO VENISSE CHIESTO, CHI È ALEX TXIKON, POTREBBE BELLAMENTE RISPONDERE, TXIKON/CARNEADE ? CHI È COSTUI?

  6. Be’, Sulla correttezza, lealtà e sincerità di Simone Moro…qualcosina forse ci sarebbe da dire. E forse anche Daniele Nardi ne avrebbe da dire…ma tant’è.

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