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70 anni di UNCEM, Marco Bussone ci parla del presente e delle sfide future

Il 20 novembre del 1954, a Roma, si incontravano gli amministratori di 241 comuni e 26 province della montagna italiana per fondare l’Unione Nazionale dei Comuni e degli Enti Montani. A 70 anni da quella data, l’Uncem rappresenta ancora il principale – probabilmente l’unico – punto di riferimento politico delle terre alte, cioè il 54% del territorio nazionale e circa 10 milioni di abitanti. Abbiamo affrontato la storia e le prospettive presenti e future di Uncem con il suo presidente nazionale, Marco Bussone.

 

Uncem è nata in un contesto economico e politico completamente diverso dal panorama attuale. Quali sono gli aspetti che la rendono ancora attuale oggi?

I fondatori della nostra organizzazione avevano preso spunto dall’articolo 44 della Costituzione italiana che recita espressamente: “La legge dispone provvedimenti a favore della montagna”. Questo è il valore principale alla base delle nostre azioni, ieri e oggi. Mi piace anche ricordare che l’iniziativa per dare avvio a Uncem fu presa dal senatore Giovanni Sartori che era anche presidente della Camera di Commercio di Cuneo, cioè proveniva dal mondo dell’impresa. Il suo progetto, che rimane centrale oggi, era la creazione di un organismo propulsore di sviluppo in grado di trovare sinergie tra le amministrazioni pubbliche e l’imprenditoria privata.

In sintesi quali sono i principali risultati ottenuti?

Non mi piace fare questo tipo di valutazione dall’interno perché non sarei obiettivo. Ci tengo a sottolineare l’aspetto dei valori che continuiamo a portare avanti in qualità di sindacato della montagna. In particolare, siamo sempre stati un luogo di confronto per quegli amministratori provenienti dai territori maggiormente dimenticati dal potere centrale. Un discorso che vale ancora oggi se pensiamo all’isolamento in cui si è trovato il sindaco di Ischia.

Quali sono i vostri rapporti con la politica?

Abbiamo tradizionalmente dedicato un grande impegno per il superamento delle frammentazioni ideologiche che esistevano ai tempi della guerra fredda e della cosiddetta prima repubblica e cerchiamo di farlo ancor di più oggi. Ripetiamo sempre che non esistono contrapposizioni politiche o di coalizione quando si ha voglia di lavorare e di risolvere i problemi. Devo ammettere che in questo momento sentiamo la mancanza di un’interlocuzione nella politica e nei partiti al di là di alcune persone che seguono in maniera appassionata ciò che facciamo. D’altronde, i nostri temi non sono adatti ai salotti televisivi, impongono studio e approfondimento alla politica.

Veniamo ad alcuni argomenti concreti che toccano da vicino le istanze di Uncem. Qual è la vostra opinione a proposito delle strategie nazionali sulle aree interne e sulle green community?

Si tratta di due iniziative che hanno sollevato una discussione culturale di alto livello, ora però bisogna concretizzare visto che ci sono ancora parecchi soldi da spendere. Le buone strategie devono trasformarsi in buone pratiche e buone politiche. In particolare chiedo: come facciamo lavorare insieme i comuni?

Come procedono i piani del PNRR dal vostro punto di vista?

Ho visto buoni risultati dal punto di vista delle green community e del piano per la digitalizzazione. Parecchie ombre nel piano per gli asili e le scuole. E una pessima gestione del piano borghi che ha soltanto alimentato pericolosi campanilismi in un ambito dove era invece necessario stimolare la collaborazione.

Come si pone la montagna di fronte ai rincari dell’energia?

Anche in questo caso vorrei farne una questione di valori: che spazio vogliamo dare alla montagna, a un territorio che offre l’energia degli invasi idroelettrici, l’energia ancora poco sfruttata delle foreste e un generale ribilanciamento delle emissioni delle città e delle pianure?

Cos’è l’Uncem, oggi?

Ci consideriamo la casa della montagna. Da un lato offriamo rappresentanza sindacale, dall’altro siamo un’agenzia di sviluppo in grado di creare buone pratiche per le terre alte. Considero molto importante sapersi rinnovare per non essere troppo legati al passato e da questo punto di vista osservo una decisa crescita rispetto a una decina di anni fa nell’attenzione mediatica e culturale che ci viene rivolta.

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Un commento

  1. Mah: valori, politica, coesione, rinnovare, frammentazioni….
    Tutto bello, ma a cosa sono serviti al paese?
    Hanno fatto qualcosa di concreto con il loro tempo e i soldi ?
    O sono una delle tante strutture politiche che cercano di creare un consenso interessato ?
    Io non capisco la politica.

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