Meridiani Montagne

Che lo spettacolo abbia inizio…

Testo di Ettore Pettinaroli, tratto dal numero di Meridiani Montagne “Sassolungo e Val Gardena”

Una commedia in due atti. Il cosiddetto “Giro del Puez”, che si sviluppa in quota sul versante settentrionale della Val Gardena, consente di osservare da un posto in prima fila due spettacoli assai diversi tra loro seppure strettamente collegati, almeno dal punto di vista geografico. Bastano solo due giorni, e senza neppure affannarsi troppo, per accarezzare le Odle e il Puez, lasciarsi abbagliare dalla loro bellezza, osservarne le differenze. E, perché no, apprezzare con calma l’ospitalità di rifugi dalla lunga storia.

Conviene mettersi in cammino dal Seceda, comodamente raggiungibile in funivia da Ortisei. Ci si trova sullo spartiacque tra la Val Gardena e la Val di Funes, il colpo d’occhio è importante sebbene la vista sia catturata in primo luogo dalle Odle, proprio di fronte. La facilità di accesso del luogo porta quassù una gran quantità di persone, forse troppe per chi ama la solitudine dei sentieri. Ma si lascia presto la schiera degli “instagramer” alla ricerca dello scatto perfetto (e sempre uguale) e, con le Odle incombenti sulla sinistra, si scende dolcemente fino alla Pieralongia. Come dice il nome stesso, è un monolite alto circa 60 metri, precipitato dalle pareti sovrastanti in epoca remota e oggi punto di riferimento per escursionisti e climber, questi ultimi in massima parte attratti dalla via di tre tiri (V e VI grado) aperta da Battista Vinatzer negli anni Trenta del secolo scorso. Vale la pena, ora, non cedere alla tentazione di seguire i segnavia n° 2B che indicano la via a mezzacosta proprio ai piedi delle Fermeda e che porterebbero più rapidamente a destinazione. Meglio allungare, scendendo brevemente fino al Balcone panoramico Mastlé allestito, in pietra e acciaio (facilmente rimovibile), a cura della Fondazione Dolomiti Unesco nell’ambito del progetto di valorizzazione del territorio. Operazione riuscita, almeno a giudicare dalla quantità di persone che lo raggiungono, spinti anche dalla vicinanza con la stazione d’arrivo della cabinovia del Col Raiser, appena un quarto d’ora di cammino più a valle.

Al Firenze con i Perathoner

Si scende ancora leggermente sul sentiero n° 4 per arrivare al rifugio Firenze (2037 m), ultracentenario avamposto d’alta quota ai piedi dello Stevia. Fu costruito nel 1888 e deve il suo nome al Cai Firenze, che lo gestì dal 1921 fino al 2010, quando ne diventò proprietario la Provincia di Bolzano. Filo conduttore della storia del rifugio è la famiglia Perathoner, che lo gestisce senza soluzione di continuità dal 1940. Una storia famigliare e alpinistica ben raccontata nel libro La mia vita al Rifugio. 70 anni della gestione della famiglia Perathoner, scritto da Resy Perathoner e reperibile proprio al rifugio.

Da qui in avanti la folla si dirada e si può godere dello spettacolo nel silenzio assoluto. Si perde quota leggermente fino ai Ciamps, il vallone che separa lo Stevia dalle Odle. Oggi è in buona parte ricoperto dai detriti rocciosi lasciati da frane ed eventi alluvionali, ma è ancora utilizzato come pascolo estivo in quota dagli allevatori di Santa Cristina.

Finalmente si sale. Lontana, ma non troppo, si scorge già la Forcella de Sieles (2507 m), ideale confine a media quota tra il Gruppo delle Odle e quello del Puez. L’incedere necessariamente lento consente una volta di più di ammirare le Odle e di indovinare i sentieri che le raggiungono, spesso attraversandole dove si apre qualche forcella come quelle dla Roa o la Mont da l’Ega.

Tra le ammoniti

Appena prima dello scollinamento s’incrocia l’Alta Via delle Dolomiti n° 2, ed è già tempo di lasciarsi sorprendere dal repentino mutamento di paesaggio. Alle pareti di dolomia cartiana che hanno accompagnato fino a qui, subentra un paesaggio lunare, dai profili meno accentuati. Sono le marne del Puez a prendersi ora la scena. Il calcare misto ad argilla qui è più friabile e maggiormente soggetto all’erosione, da ciò discende un colpo d’occhio più dolce e meno verticale rispetto al classico immaginario delle Dolomiti. È curioso notare, tuttavia, che a seguito di particolari sovrascorrimenti geologici i rilievi del Puez sono sovrastati da uno strato di dolomia principale che, come una sorta di ombrello, li protegge da fenomeni erosivi ancora più importanti.  Dalla Forcella de Sieles, seguita da un breve quanto facile tratto attrezzato con catene, si cammina a mezzacosta sotto i contrafforti del Piz Duleda, dove bisogna tenere gli occhi aperti. “Proprio in virtù della genesi di queste rocce, nel Gruppo del Puez non è raro osservare fossili di ammoniti, che naturalmente non si possono asportare” raccomanda Lukas Mussner, geologo gardenese.

Cima Puez, facile, panoramica

Il rifugio Puez (2475 m), dove si può trascorrere la notte per spezzare a metà il giro, si trova al centro di un altopiano caratterizzato da fenomeni carsici, quindi se si esce dal sentiero conviene sempre stare attenti a dove si mettono i piedi, visto che buche e fenditure potenzialmente pericolose non mancano. Anch’esso ultracentenario, il primo nucleo fu edificato dall’Alpenverein austro-tedesco nel 1889, e fu rinnovato con l’aggiunta di un nuovo edificio nel 1982. All’inaugurazione prese parte anche l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, che era solito trascorrere le vacanze in Val Gardena (una targa lo ricorda al Centro Carabinieri Addestramento Alpino, all’ingresso della Vallunga). Appena alle spalle si innalza la vetta del Piz de Puez (2913 m). Anzi, le vette, perché sono due le cime della montagna separate da una comoda forcella. “L’ascesa non presenta difficoltà tecniche, solo poco dopo la forcella il percorso per la punta ovest, la più frequentata, può risultare sdrucciolevole nei periodi particolarmente asciutti” spiega Thomas Planker, guida alpina del gruppo Gardena Guides, che poi illustra: “Per raggiungere la cima dal rifugio bastano meno di due ore. Ben spese, perché da lassù il panorama è straordinario. Di fronte, verso nord, spicca il Putia. Poi volgendo lo sguardo in senso orario si ammirano il Sass dla Crusc, le Conturines, le Tofane, il Lagazuoi. E ancora il Sorapiss, l’Antelao, il Pelmo, il Gruppo del Sella, il Sassolungo e lo Sciliar”. Tutto gratis.

La discesa verso Selva è lunga, ma tutt’altro che noiosa. Si perde rapidamente quota tra ghiaioni e fasce pietrose, poi intorno ai 1900 metri s’incontra la vegetazione. Sono pini mughi, in principio, poi estesi boschi di conifere. Le pendenze quasi si azzerano e il sentiero diventa largo e agevole, tanto che non è raro incontrare famiglie con i passeggini: è la Vallunga, ovvero il profondo e ampio intaglio tra le pareti dello Stevia e del Col Toronn, meta prediletta da chi, appena il meteo lo consente, vuole sgranchirsi le gambe in uno scenario maestoso ma senza troppo faticare. Sono frequenti le radure, così come le panchine dove sostare all’ombra.

Un monumento per Comici

Si entra nel Pra da Ri, prateria lunga quasi un chilometro che si attraversa in relax, senza neppure guardare dove si mettono i piedi. Poco oltre ci si sofferma alla Kalkbrennofen, la calcara per la produzione della calce attiva già nel XIX secolo, mentre ancora più antica è la cappella di san Silvestro, patrono del bestiame al cui interno i restauri effettuati negli anni Novanta hanno riportato alla luce affreschi risalenti a tre secoli fa. Selva ormai è a due passi. Arroccato sulla parete dello Stevia, il Castel Wolkenstein stupisce per l’ardita collocazione dell’edificio che si sviluppava anche all’interno della montagna, sfruttandone profonde fenditure. Il sentiero per raggiungerlo (servono circa 30 minuti) parte nei pressi del Centro Addestramento dei Carabinieri, ma in realtà non rimane molto da vedere. È invece proprio accanto al sentiero la falesia sulla quale, il 19 ottobre 1940, perse la vita per un banale incidente Emilio Comici. Un piccolo monumento è dedicato all’alpinista triestino. All’epoca era podestà di Selva e pare che di sé abbia lasciato un bellissimo ricordo.

Altri approfondimenti sul numero 119 di Meridiani Montagne “Sassolungo e Val Gardena”.

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