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Cosa succede al nostro cervello mentre passeggiamo in natura?

Che una passeggiata all’aria aperta sia un toccasana contro lo stress della vita in città, è cosa nota. Le fughe in natura aiutano a rilassarsi, a ricaricarsi di energie, a tornare a casa con un bagaglio di sensazioni positive. Ma perché? Cosa succede al nostro cervello mentre camminiamo nel verde? La risposta arriva da uno studio condotto da un team di ricercatori del Max Planck Institute for Human Development di Berlino.

In natura ci sentiamo meglio, perché?

La scienza ci insegna che il cervello umano venga modellato da ciò che lo circonda, e chi vive in città risulta esposto a un rischio maggiore di sviluppare disordini mentali, come disturbi d’ansia, depressione, schizofrenia. Secondo gli studi più recenti, tali problematiche risultano essere fino al 56% più frequenti in ambienti urbani che rurali. Sappiamo anche che la natura sia in grado di fornirci sollievo in caso di stress.

Il numero di studi volti a comprendere come la natura sia in grado di esplicare sulla nostra mente i suoi effetti benefici sono in continuo aumento, ma si tratta in maggioranza di studi empirici, ricerche in grado di dimostrare che l’esposizione a un ambiente naturale si associ ad esempio alla diminuzione di alcuni indicatori fisiologici dello stress, come la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e la produzione del cortisolo, senza riuscire però a rispondere in maniera concreta a una domanda: quali sono i meccanismi neurali che vengono attivati a monte, determinando gli effetti rilevati empiricamente?

Come reagiamo allo stress

Il termine stress, coniato nel 1936 dal medico austriaco Hans Selye e ormai entrato nel nostro quotidiano come sinonimo di “sentirsi sotto pressione da un punto di vista fisico o emotivo”, indica un compito o un evento percepito dalla mente come eccessivo, pericoloso, in grado di turbare l’equilibrio dell’organismo, in risposta al quale viene attivato un meccanismo di adattamento innato, una reazione neurofisiologica allo stress.

Ogni qualvolta ci si ritrovi di fronte a uno stimolo percepito come una minaccia, si attiva nel sistema nervoso una cascata di reazioni che comportano a valle delle modifiche fisiologiche che preparano l’organismo ad affrontare lo stimolo stressante. Vi è in particolare una piccola parte del nostro cervello a forma di mandorla, detta amigdala, che svolge un ruolo fondamentale nella risposta allo stress. Si tratta della regione che viene attivata per prima quando si prova quell’emozione primaria che chiamiamo “paura”, inviando segnali alle altre aree del cervello coinvolte nella reazione allo stress.

Studi scientifici hanno dimostrato che la piccola mandorla del cervello si attivi maggiormente in caso di stimoli stressanti cui si trovino esposti gli abitanti di città, meno nel caso degli abitanti delle zone rurali. Il team di Berlino ha deciso di approfondire tale risultato, avviando uno studio volto a investigare gli eventuali cambiamenti nell’attività dell’amigdala riscontrabili a seguito di attività condotte in ambiente urbano o naturale.

I dettagli dello studio

Lo studio è stato condotto tra fine estate e inizio autunno del 2019. Nel dettaglio, a 63 partecipanti sani (senza disordini mentali o problematiche psicologiche) è stato richiesto di affrontare un’ora di camminata in orario diurno, tra le 10 del mattino e le 5 del pomeriggio: 31 in ambiente urbano, in una via dello shopping di Berlino (Schloßstraße), e 32 fuori città, nella Grunewald forest, andando a misurare l’attivazione dell’amigdala di ciascun partecipante prima e dopo la passeggiata. L’attività cerebrale è stata misurata mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI), una particolare metodica in grado di rilevare in real time le aree cerebrali attivate nel corso dello svolgimento di un particolare esercizio.

I 63 partecipanti sono stati invitati a compilare dei questionari, a svolgere un esercizio di memoria e successivamente sottoposti a fMRI, prima di intraprendere la camminata. Nel corso della risonanza sono state attivate delle specifiche procedure volte a indurre stress, quali domande sulla ruminazione mentale o rimuginio – una modalità di pensiero ciclico, ripetitivo e negativo, che si può attivare a seguito di stress – , il Fearful Faces Task (FFT) ovvero la sommistrazione di immagini facciali neutre o spaventate per valutare le reazioni dell’amigdala, e il Montreal Imaging Stress Task (MIST), quest’ultimo somministrato per indurre stress sociale sottoponendo al partecipante compiti aritmetici da risolvere mentalmente con un limite di tempo progettato essere appena al di là delle capacità cognitive del partecipante stesso.

Ai partecipanti è stato mostrato il percorso esatto della passeggiata su una mappa, un percorso rettilineo, e sono stati accompagnati in taxi al punto di partenza dei rispettivi itinerari, equipaggiati di un telefono per registrare la posizione GPS e di un braccialetto in grado di misurare l’attività elettrodermica (EDA), la variabilità della frequenza cardiaca (HRV) e la frequenza cardiaca, come indicatori fisiologici di stress.

La passeggiata è stata condotta in solitaria, con divieto di entrare in negozi (per chi fosse in ambiente urbano) e usare il cellulare, così da evitare potenziali distrazioni. Dopo 30 minuti di andata, quando il telefono ha generato un segnale di allarme, si sono voltati e hanno continuato la passeggiata fino al punto di partenza per altri 30 minuti. Qui sono stati prelevati da un taxi e riportati al laboratorio.

Dopo la passeggiata sono stati sottoposti nuovamente a fMRI. Solo al termine della raccolta dati è stato loro rivelato l’obiettivo dello studio.

Risultati

Dalle analisi dei questionari e delle risonanze effettuate, i ricercatori sono giunti a conclusione che camminare per un’ora in natura comporti una diminuzione dell’attività dell’amigdala e possa dunque avere effetti salutari sulle regioni cerebrali legate alla risposta allo stress. La passeggiata nella strada dello shopping non ha comportato invece variazioni nell’attività dell’amigdala, dunque non ha fornito uno stimolo aggiuntivo di stress al soggetto ma non ha neanche apportato benefici.

“I risultati presentati potrebbero rivelare il meccanismo alla base degli effetti a lungo termine dell’ambiente sulle regioni cerebrali legate allo stress”, spiega il team, evidenziando che la diminuzione dell’attività indotta da esposizione alla natura potrebbe essere il meccanismo che spiega quella minore attività dell’amigdala riscontrata negli abitanti delle zone rurali sottoposti a uno stimolo stressante. L’esposizione ripetuta alla natura può influenzare positivamente l’amigdala aumentando la sua soglia di attivazione, con conseguente minore attività dell’amigdala durante lo stress”. In parole povere, chi vive a contatto con la natura, è allenato a reagire meglio allo stress.

Un fattore da tenere in considerazione in un’ottica di pianificazione urbana in quanto, se è vero che la natura aiuta ad alleggerire lo stress, a chi, per ragioni di tempo e distanze non possa agevolmente concedersi delle ore in natura lontano dalla città, potrebbe essere sufficiente disporre di spazi verdi in cui passeggiare per diminuire l’attività dell’amigdala, contrastando in tal modo anche l’insorgere di disturbi mentali.

Punti da chiarire

Un limite mostrato dallo studio tedesco, ammesso in prima persona dai ricercatori, è il mancato chiarimento di quali siano nello specifico gli aspetti della natura in grado di determinare la diminuita attivazione dell’amigdala. “Pertanto, gli studi futuri dovrebbero mirare a individuare le caratteristiche specifiche della natura che sono benefiche e guidano la diminuzione dell’attività dell’amigdala (es. colore verde, suono, odori, terpeni ecc.) al fine di capire perché la natura induce processi riparativi e, di conseguenza, per rendere più efficiente la terapia basata sulla natura.”

Bisognerà porre attenzione anche alla tipologia di ambiente naturale selezionato allo scopo, in quanto diversi ambienti naturali possono avere effetti diversi sui partecipanti. Ad esempio, camminare in una foresta curata può fornire al camminatore un maggior senso di benessere mentale rispetto a una foresta selvaggia. Inoltre, sarebbe interessante valutare se le reazioni alla natura varino al variare del background culturale.

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