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Scoperta in Patagonia una giovane sepolta in una canoa, il suo mezzo per l’oltretomba

Nella Patagonia argentina è stato effettuato un ritrovamento eccezionale: una giovane donna deceduta quasi 1000 anni fa, sepolta in una canoa. Come mai una simile scelta? Per prepararla al suo viaggio nell’oltretomba. Al pari dei Greci, Etruschi e Romani, anche le antiche popolazioni del Sud America immaginavano infatti un passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti a bordo di una imbarcazione. Con tanto di traghettatore, che non si chiamava però Caronte. Ci torneremo a breve.

I dettagli del ritrovamento presso il sito di scavo di Newen Antug, situato nella Patagonia argentina nordoccidentale, sul Cerro Comandante Diaz, non distante dal lago Lacár (in lingua mapuche “lago morto“), sono riportati in un paper pubblicato su PLOS ONE dal titolo “A pre-Hispanic canoe or Wampo burial in Northwestern Patagonia, Argentina”.

Chi era la giovane in canoa?

Secondo le analisi condotte dal team di ricercatori cileni e argentini, la donna, probabilmente appartenente al popolo Mapuche, aveva una età compresa tra i 17 e i 25 anni quando morì, circa 880 anni fa. La causa della morte resta ignota.

Il suo corpo è stato trovato disteso supino, con le braccia distese lungo i fianchi e le mani adagiate in zona pubica, nei resti di una canoa realizzata in legno di cedro cileno. Il cranio e gli avambracci appaiono decorati con un colorante rosso. Accanto al corpo sono stati trovati i resti di un dono funerario di tradizione preispanica: una brocca in ceramica tradizionale bicroma, bianca con decorazioni geometriche rosse. La datazione del reperto ha permesso di dimostrare che si tratti della più antica testimonianza dell’uso della ceramica bicroma in Argentina e del suo utilizzo a scopo funerario.

Il corpo riposava su un letto di conchiglie di molluschi d’acqua dolce (Diplodon chilensis), con alta probabilità provenienti dal lago Lacar. Una usanza riscontrata anche in altri contesti funerari sulle Ande.

La tradizione Mapuche delle canoe “wampo”

La sepoltura in canoe di legno, dette wampo (parola Quechua incorporata nel Mapudungun con il significato di barca o nave), è una tradizione del popolo Mapuche iniziata attorno al 1280 ± 80 dC. I defunti si riteneva che dovessero compiere un viaggio lungo i fiumi verso un’altra terra, dall’altra parte del mare, nota come Nomelafken. Al termine del loro viaggio, trasportati dalle acque, gli spiriti sarebbero approdati a un’isola, detta Külchemapu o Külchemaiwe.

Come riportato in uno scritto del XIX secolo a firma del politico cileno Don Salvador Sanfuentes, “Gli Araucani collocano le tombe dei loro morti sulla riva di un ruscello per permettere alla corrente di portare l’anima nella terra delle anime, che alcuni credono essere l’isola di Mocha (piccola isola cilena situata ad ovest della costa della provincia di Arauco, nell’Oceano Pacifico, nda)”.

Il wampo veniva realizzato generalmente a partire da un tronco d’albero, diviso in due e scavato così da realizzare due componenti di una bara, uno destinato a contenere il corpo, l’altro per essere usato come coperchio, chiamati rispettivamente chraoguenel e chraiguenel.

E arriviamo al traghettatore. Nontuefe, il “Caronte della Patagonia”, aiutava le anime nel loro passaggio in cambio di un obolo. Veniva pagato in llangka, pietre di colore blu considerate di grande valore. Nella tradizione orale Mapuche si racconta di viaggi lungo fiumi sotterranei e dell’utilizzo da parte dei morti delle imbarcazioni anche per tornare indietro, nel mondo dei vivi.

La tradizione della canoa dei morti si ritrova in una espressione della cultura popolare cilena: “creerse la muerte en bote” (pensando di essere il morto nella barca), per parlare di un individuo presuntuoso. La ragione risiede nel fatto che i Mapuche erano soliti vestire i morti con i loro abiti più belli, e mettere nelle loro bare i loro beni più preziosi, così da prepararli al meglio al loro viaggio verso l’altra sponda.

La giovane di Newen Antug rappresenta la prima testimonianza di una sepoltura in canoa scoperta nella Patagonia argentina, nonché il ritrovamento più meridionale del Continente.

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