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La svolta del San Bernardo, da cane da salvataggio ad aiutante nel sociale

Nell’immaginario collettivo il cane di San Bernardo (o San Bernardo) è un’icona dei salvataggi alpini in terra elvetica. Una palla di pelo che porta al collo l’immancabile barilotto di legno contenente cordiale (o brandy o grappa, secondo le varie interpretazioni). Quest’ultimo particolare, a voler essere precisi, risulterebbe incompatibile con i salvataggi in montagna, in quanto a un assiderato sarebbe molto inopportuno porgere un liquido dall’alto potere vasodilatatore com’è l’alcol. L’associazione del San Bernardo con la sua fiaschetta, riproposta soprattutto nei cartoni animati, risale in realtà a un dipinto del 1820 ad opera dell’artista inglese Edwin Landseer intitolato Alpine Mastiffs Reanimating a Distressed Traveller (lo trovate in gallery). La nota dolente è che anche l’associazione San Bernardo – cane da salvataggio ormai non più valida.

L’evoluzione dei soccorsi in quota, con un aumento dell’utilizzo degli elicotteri, ha portato nel tempo a selezionare come aiutanti dei tecnici di soccorso, esemplari appartenenti a razze più leggere. Il loro peso – un esemplare maschio adulto può raggiungere gli 85 kg – diventa infatti un limite. Risulta decisamente più facile prendere in braccio e caricare in elicottero cani di razza Labrador o pastori tedeschi o Golden retriever, che pesano meno della metà in media di un San Bernardo, e occupano anche meno spazio nell’abitacolo. In sintesi il San Bernardo ha dovuto cambiare “lavoro”, rivelandosi un ottimo aiutante nel campo del sociale.

Un passo indietro

Prima di analizzare cosa facciano al giorno d’oggi i San Bernardo in Svizzera, facciamo un salto indietro nella loro storia. Sul Colle del Gran San Bernardo, a 2469 metri, sorge ancora oggi un Ospizio, fondato nel XI secolo da Bernard de Menton, arcidiacono, futuro San Bernardo del Mont-Joux, per offrire rifugio a viaggiatori e pellegrini. A gestirlo erano dei monaci che, a partire da metà del XVII secolo, vi posero a guardia dei grandi cani da montagna. Nel tempo gli esemplari si rivelarono perfetti anche come accompagnatori dei viaggiatori e per prestare supporto nelle operazioni di ricerca e recupero dei dispersi tra nebbia e neve.

Nel corso dei secoli si moltiplicarono le testimonianze dei salvataggi operati da questi eroi a 4 zampe, e in particolare i racconti dei soldati giunti al colle con l’armata di Napoleone Bonaparte, portarono a una diffusione della loro fama in tutta Europa. Risale al periodo napoleonico il mito di Barry, l’eroe per eccellenza della categoria San Bernardo, un esemplare che si narra abbia salvato 40 persone tra cui un bambino quasi congelato nella neve, prima di essere ucciso da un colpo di baionetta inferto da un soldato, che lo avrebbe scambiato per un lupo. Barry è esistito davvero ma pare sia deceduto per cause naturali, a Berna. Il suo corpo è e sposto dal 1815 presso il Museo di Storia Naturale di Berna. In suo ricordo, presso l’Ospizio c’è sempre, generazione dopo generazione, un cane di nome Barry. Grazie al mitico Barry e ai suoi compagni si stima che, nella storia dell’Ospizio, siano state salvate almeno 2000 vite umane.

I diretti antenati del cane San Bernardo erano grossi cani da fattoria. Un allevamento secondo un modello ideale prestabilito portò in poche generazioni alla razza odierna. Dal 1884 il San Bernardo è considerato cane nazionale svizzero.

E oggi?

Oggi l’impiego dei San Bernardo nel campo dei salvataggi è se non assente, molto limitato. Testimonianza giunge ad esempio dalla REDOG, la Società svizzera per cani da ricerca e da salvataggio, un tempo nota come Società svizzera per cani da catastrofe, a evidenziare il ruolo svolto dai cani da ricerca, non in sede di valanghe ma tra le macerie. Come raccontato di recente all’agenzia Keystone-ATS da Denise Affolter, presidente del gruppo regionale Vallese, nel team a 4 zampe vi è un solo San Bernardo che, essendo rimasto piuttosto piccolo, è impiegato nella localizzazione. “Un lavoro che gli consente di andare al suo ritmo”.

“Oggi il San Bernardo non è più impiegato per le sue capacità di cane da valanga o di ricerca – spiega Denise Affolter – ma per la sua stabilità mentale, il suo lato sociale e la sua apertura”. Lo si ritrova infatti sempre più spesso impegnato in attività sociali, quali visite in case di cura o nelle scuole.

Di seguito uno spot della Rega che vede come protagonista un San Bernardo da salvataggio con tanto di solito barilotto e mostra al pubblico in maniera simpatica i tempi che cambiano: il cane fa del suo meglio per rispondere alla chiamata di emergenza in arrivo ma si rende conto di non essere idoneo alla missione.

Imparare da piccoli

La Fondation Barry di Martigny, che dal 2005 ha assunto la gestione del plurisecolare allevamento dei famosi cani San Bernardo dell’Ospizio, nel 2007 ha iniziato a variare la loro preparazione al futuro. Gli esemplari vengono formati per interagire con persone disabili o anziane e partecipare ad attività pedagogiche o terapeutiche. Una nuova missione che, come dichiarato da Manuel Gaillard, responsabile cinofilia alla Fondazione, “riscuote un successo enorme”.

Nell’allevamento, che conta circa 30 esemplari adulti, nascono in media 20 cuccioli con pedigree all’anno, nessuno dei quali viene ormai indirizzato alle attività di salvataggio. Anche i 7 nuovi nati del mese di luglio – che avranno nomi che iniziano con la lettera “M”, ma non è stato ancora deciso quali -, verranno svezzati e destinati alla vita familiare o all’impegno con gli anziani e nelle scuole. Se siete in cerca di emozioni a 4 zampe vi consigliamo di dare uno sguardo alla sezione “I nostri cuccioli” sul sito della Fondazione (www.fondation-barry.ch).

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