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Carlo Alberto Pinelli: Montani è l’orologiaio magico che riporta all’età della pietra il Cai

Una leggenda racconta che nel lontano passato, in uno sperduto villaggio del principato di Wuttemberg, era vissuto un bravissimo orologiaio il quale, per dispetto verso i propri compaesani, dai quali aveva ricevuto un torto, era riuscito a inventare uno straordinario orologio che invece di andare avanti nel tempo, un giorno dopo l’altro come tutti gli orologi di questo mondo, faceva il cammino inverso e – magicamente – a poco a poco riportava l’intera comunità nel passato. Ai vecchi sulle prime la possibilità di ringiovanire piacque molto; ma solo fino a quando si accorsero, con orrore, che il cammino a ritroso non si fermava e lentamente li trasformava in bambini, in poppanti fino a riaffondare nel nulla dal quale un giorno erano usciti. L’orologiaio, ridiventato adolescente, non recuperò più il segreto di quella magia, scoperto da adulto; tentò invano di rimettere in marcia- avanti le lancette del diabolico orologio e finì anche lui con lo scomparire come tutti gli altri abitanti del villaggio. Infatti il meccanismo  perverso non aveva il potere di resuscitare i genitori morti da tempo.

Mi pare che un analogo prodigio sia riuscito al neo presidente del Club Alpino Italiano, pochi giorni dopo la sua fortunosa elezione. Sono bastate due sue affermazioni e, di colpo, le lancette del CAI sono arretrate di almeno cinquanta anni.

Prima formula magica, tratta letteralmente da una sua esternazione: “Nessun no ideologico alle Olimpiadi e alle opere ad essa necessarie. La mia presidenza, prima di pronunciarsi vuole approfondire. Noi apparteniamo al popolo della proposta, non a quello della protesta”. Confesso che basta questa affermazione categorica per farmi ringiovanire di cinquant’ anni. Riportandomi al tempo in cui ero il presidente della Commissione TAM centrale e dovevo sorbirmi, un giorno si e un giorno no, lezioncine identiche a questa ( “approfondire, valutare, evitare impulsi emotivi e ideologici, ridimensionare, consultare altri esperti”), ogni volta che supplicavo gli organi centrali del Sodalizio di prendere urgenti misure per bloccare – o per lo meno denunciare con forza – nuove vie d’accesso alle alte quote, nuovi impianti a fune, nuovi tagli boschivi, nuovi inutili rifugi in via di immediata attuazione. Quando dopo mesi finalmente il CAI prendeva una posizione ( tendenzialmente farisaica), ormai il danno era fatto e tanti saluti. La situazione divenne talmente insostenibile che fui costretto a dimettermi. Un anno dopo nasceva Mountain Wilderness.

Seconda formula magica: “I tesserati si iscrivono al Club Alpino per salire le montagne, non per fare ambientalismo”. Qui siamo di fronte a un vero gioiello. Con un colpo di bacchetta magica l’affermazione cancella l’intero significato del Bidecalogo, che lo stesso CAI ha faticosamente elaborato come stella polare del proprio rapporto con l’ambiente montano. Il Bidecalogo dice in sintesi che l’amore per l’ attiva frequentazione della montagna da parte dei soci CAI non è separabile dalla ferma volontà di preservarne l’integrità (Trovo scritto: “Conoscere, frequentare e preservare le montagne e difenderne l’ambiente sono i predicati su cui si fonda l’identità del Sodalizio”). Che nome si può dare a questa presa di posizione, se non “ambientalista”? Varrebbe la pena ricordare che anche il CAI, al pari del WWF, di Italia Nostra, di Mountain Wilderness, ecc. fa parte dell’elenco delle associazioni ambientaliste riconosciute dal Ministero della Transizione Ecologica. Montani pensa di uscirne, per non venire contagiato dal fiato “ambientalista” delle altre associazioni? Il ricorso alla dimensione della “proposta alternativa”, enfatizzato dall’architetto Montani come unico percorso ipotizzabile, in realtà può rappresentare solo una strategia tra le tante, molte volte non attuabile, o destinata ad essere inascoltata dalla controparte. Ecco allora che scatta la sacrosanta “protesta”. Con tutti i mezzi leciti. O no?

Il timore è che l’orologio “al contrario” messo in moto dal nuovo presidente, non si arresti agli anni 70 ma continui sempre più rapidamente il suo percorso a ritroso, fino ad approdare all’età della pietra. Quando i maschi – nelle vignette dei fumetti -, per conquistare le femmine, le afferravano per i capelli, trascinandole, volenti o nolenti, al fondo delle caverne. Qualcuno sostiene che già si intravvedono i primi sintomi…

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