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Musica, condivisione e montagna, intervista allo youtuber Klaus

I suoi video fanno centinaia di migliaia di visualizzazioni. Su Instagram sfiora il milione di followers mentre su YouTube lo supera abbondantemente. Tudor Laurini, conosciuto sul web come Klaus, racconta se stesso e le esperienze che vive. Ama condividere le proprie passioni e si potrebbe dire che lo fa da sempre. Oggi ventiquattrenne, a 15 anni inizia a montare video nella sua cameretta. Sul tubo racconta di musica e passione, parla di viaggi e avventure. Crescendo il canale si evolve con lui. Intrattiene, si racconta. Un giorno scopre la montagna, se ne innamora e la porta tra i suoi contenuti. Inizia a raccontarne le emozioni e la fatica. Conosce Hervé Barmasse e insieme scalano il Monte Bianco, un sogno che si realizza per Tudor. Tra i due nasce prima un’amicizia, poi una naturale intesa che li porta a immaginare nuovi progetti comunicativi dedicati alla montagna. Quest’anno approdano al Trento Film Festival con un’idea nuova e giovane, nasce “Quarta parete”.

“Quarta parete è una nuova sezione del Trento Film Festival dedicata ai content creator e aperta alle opere prodotte per canali YouTube” spiegano dal Trento Film festival. “La creatività e la fantasia espressa attraverso i contenuti video che troviamo in rete è sorprendente, affascinante, unica” aggiunge Barmasse. “È una forma di arte digitale che usa canali e palcoscenici differenti da quelli tradizionali arrivando a un pubblico di centinaia di milioni di utenti nel mondo. È il luogo nel quale hanno scelto di esprimersi le nuove generazioni di videomaker. La montagna ha bisogno di arte e innovazione, un modo per comunicare ai giovani la grande bellezza e il rispetto per la natura”. Klaus appartiene a questa nuova generazione di comunicatori, un ragazzo semplice e solare, capace di emozionarsi e di trasmettere queste emozioni con uno sguardo e un sorriso.

Quarta parete o, meglio, rottura della quarta parete. Tudor, pensi che il pubblico della montagna sia pronto per questo passo, per avere un dialogo diretto con il contenuto come avviene su YouTube?

“La montagna deve essere pronta ad accettare un nuovo punto di vista. Se usato bene un contenitore come YouTube può produrre contenuti di cultura e sensibilizzare su tante tematiche che magari non arrivano direttamente dai giornali. Oggi i giovani passano molto tempo sui social ed è giusto comunicare sui loro canali mediatici. Pubblicare contenuti che siano capaci di valorizzare al meglio quelli che sono i valori della montagna è un efficace metodo di coinvolgimento. Nel tempo sto scoprendo un sacco di storie interessanti e attraenti, quelle che tipicamente si narrano la sera in rifugio. I contenuti dei creator permettono di portare queste a un grande pubblico. Tante persone lo fanno, ed è giusto che si diffondano sempre più.”

La chiave di questi contenuti è la condivisione personale, giusto?

“Il motto di YouTube è Broadcast Yourself, letteralmente ‘Trasmetti te stesso’. Io ho iniziato così, pubblicando le mie passioni sul tubo. I viaggi, la musica, e oggi la montagna. Racconto le esperienze che vivo e le emozioni che provo, cercando di lasciare qualcosa, cercando di trasmettere i valori che sono stato fortunato a ricevere.”

A proposito di valori! Con Hervé avete realizzato un progetto di sensibilizzazione in collaborazione con il CAI, di cosa si tratta?

“Si chiama ‘We club’, ed è un docufilm che abbiamo realizzato durante quest’anno. Un viaggio in Italia, insieme al CAI, per scoprire le montagne del nostro Paese. Lo scopo è quello di mostrare come le montagne non siano solo un posto dove svagarsi, dove sciare o salire un Quattromila. Abbiamo cercato di mostrare quei pilastri di vita che la montagna sa trasmettere.”

Come è nata l’idea?

“Tutto è partito da una mia richiesta a Hervé. Dopo il Monte Bianco volevo andare più in alto, mi immaginavo alla scoperta del Pakistan o delle alte quote nepalesi. Hervé però mi ha subito riportato con i piedi per terra, mi ha ricordato che anche se sono arrivato sul tetto delle Alpi in realtà non ho conosciuto per davvero le montagne.

Il Bianco è sicuramente stato un tassello importante, ma mancava molto alla mia scoperta. Così siamo partiti dal nostro Paese per scoprire e vivere l’ambiente e le molte attività che si posso praticare, con rispetto e conoscenza. Siamo andati in grotta, abbiamo scalato su ghiaccio e roccia, siamo saliti sull’Etna, abbiamo vissuto la Sardegna e scoperto le Torri del Vajolet. Ho provato molte attività e mi sono immerso nella storia di luoghi e pratiche grazie alla collaborazione con la Cineteca del CAI, un luogo dove la storia della montagna emoziona.”

Tra le righe ci stai dicendo che per te questo progetto è stato un’occasione per conoscere il CAI. Non hai mai avuto modo di frequentarlo prima?

“Capitava di incontrare qualche gruppo in montagna, durante le gite con mio padre. Quando succedeva pensavo sempre ‘ok, li lascio passare perché sono quelli forti’. Li ho sempre vissuti come qualcosa di irraggiungibile.”

Come mai questa visione?

“Io non sono un atleta e nemmeno uno sportivo. Passo 30 giorni in ufficio, poi uno me lo prendo per disintossicarmi e vado in montagna. Ricordo una volta in Abruzzo, ho provato a fare una gita con gruppo escursionistico e fin da subito ero preso male all’idea di rallentare il gruppo. Ero sempre ultimo e non vivevo bene la cosa. Solo quest’anno ho scoperto il vero valore del CAI, anche nel non aver paura di essere ultimo perché si fa parte di un gruppo. CAI vuol dire convivialità. A Macerata con Hervé abbiamo preso parte a una gita con 80 persone. In 3 ore di cammino ho parlato con tutti e di tutto: vestiti, tecniche, sicurezza, lenticchie, lana. Ho scoperto un nuovo modo per vivere la montagna: in gruppo, condividendo, crescendo insieme. Se potessi tornare indietro di 10 anni mi iscriverei subito al CAI, per fare amicizia e conoscere nuove persone. Sicuramente mi avrebbe aiutato tanto.”

Prima di arrivare al CAI c’è la scoperta della montagna, per te come è esplosa questa passione?

“In famiglia, da bravi romani, la consuetudine della settimana bianca a Cortina è sempre esistita. Si sciava e ogni tanto facevamo qualche trekking in Abruzzo. La vera passione è arrivata con il trasferimento da Roma a Milano. Poco dopo il trasloco vengo invitato a Bardonecchia per un evento e mi scrive un ragazzo della zona chiedendo se ci possiamo incontrare per scattare una foto. Così ci vediamo e faccio amicizia con il padre. Nel giro di poche parole fissiamo un appuntamento per andare a sciare insieme, ma non in pista!”

Sci alpinismo?

“Si! Ci troviamo in uno spiazzo e vedo che lui con alcuni amici iniziano a salire con le pelli. Subito penso che sono dei pazzi, poi prendo e mi unisco a loro. Il risultato è una giornata indimenticabile, passata chiacchierando, parlando di lavoro e scherzando. Quando sono tornato ero arricchitissimo… e la discesa era stata una vera emozione. Così ho scoperto la montagna e, dopo questa esperienza, tutti i miei fine settimana sono stati a Bardonecchia con questo piccolo gruppo di nuovi amici. Ogni volta era una scoperta, mi raccontavano storie e aneddoti su uomini e montagne. Tra tutti i nomi che uscivano fuori durante le gite o a tavola ce n’era solo uno in grado di mettere tutti d’accordo, quello di Hervé Barmasse. Così ho deciso di scoprirlo, ho letto il suo libro e sono rimasto letteralmente folgorato.”

Come vi siete conosciuti?

“A causa di un’intervista su YouTube. Mi avevano chiesto chi fosse il mio atleta preferito e mentre tutti gli altri intervistati citavano un calciatore io ho nominato Hervé, raccontando la mia passione per i suoi racconti. Il suo team ha visto questo video e così ha deciso di invitarmi a un evento, sono passati tre anni ormai ed è nata una bella amicizia.”

Prima della montagna il tuo mondo era quello della musica, esiste un legame tra queste due realtà?

“Ho proseguito il mio percorso musicale per 10 anni e continua tutt’ora. A un certo punto mi sono trovato a vivere il mio sogno da ragazzino facendo il DJ in giro per il mondo. Nel 2019 ho realizzato un tour che mi ha portato in tutta Europa. A quel punto mi sono reso conto che non era ciò che volevo dalla mia vita. Ero una marionetta che girava per gli aeroporti senza vivere. Quella era l’estate in cui ho conosciuto Hervé, la stessa in cui ho deciso di chiudere con questo modo di vivere la musica. Ora pubblico le canzoni che piacciono a me e non solo quelle che funzionano di più. Magari faccio eventi più piccoli, lasciando però qualcosa alle persone che vengono ad ascoltarmi.

Per rispondere alla domanda si, esiste un legame tra musica e montagna. La prima funziona grazie alla seconda.”

Un successo arrivato dopo un lungo percorso…

“Si, e forse anche un po’ casualmente se penso che dopo 10 anni di lavoro sono bastati due giorni a Cortina.”

In che senso?

“Uno dei miei brani di maggior successo ‘Klaus – Cortina’ nasce dopo una sci alpinistica in un canale sulle montagne di Cortina. Il giorno successivo alla gita ho composto la canzone per il video che stavo montando sulla gita. Poco tempo dopo, su YouTube, decido di suonarla a Pasquetta durante una diretta. Qualcuno ha intravisto che il titolo era ‘Klaus – Cortina’, come l’avevo nominata per ricondurla ai giorni in montagna e niente… da lì è diventata la colonna sonora per i mondiali di Cortina 2021 e non solo.”

Torniamo su YouTube, cos’era e cosa rappresenta oggi per te?

“Prima della sua esplosione, nel 2014, era un social dove ognuno pubblicava contenuti. Un portale che dava opportunità di caricare video. Io ho iniziato presto a pubblicare, prima del suo successo in termini di numeri. Nei miei video raccontavo le canzoni che scrivevo. Poi ho iniziato a parlare dei miei viaggi, spesso legati a concerti. Quando sono cresciuti gli utenti il mio canale era già ricco di contenuti e questo mi ha permesso di crescere come visualizzazioni e numeri. Non ho però mai monetizzato su YouTube e con il tempo mi sono distaccato dai trend continuando a usare la piattaforma come valvola per personalizzare me stesso.”

Cerchi di trasmettere qualcosa…

“YouTube unisce le persone, se usato bene ha una forza immensa. All’interno ci sono una mole incredibile di contenuti nulli, per fare numeri. Ma il bello è poter fare la differenza con i propri contenuti. Mi gasa tantissimo sentirmi utile condividendo la mia esperienza di vita, riuscendo magari a influenzare positivamente anche solo una persona.”

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