Ambiente

Gli oceani stanno sciogliendo i ghiacciai della Groenlandia

Cosa determina lo scioglimento dei ghiacciai? La prima risposta che ci viene in mente è il surriscaldamento globale, intendendo con tale termine l’aumento della temperatura della nostra atmosfera. In realtà, quando si parla di ghiacci polari, non si può considerare soltanto l’aria come causa dello scioglimento ma va tenuto conto anche dell’acqua degli oceani. Una sorta di attacco dal basso e dall’alto. Per comprendere quanto pesi nel processo di scioglimento il ruolo degli oceani, la NASA ha condotto una missione lunga 6 anni, dal nome che ricorda una esclamazione da meme: OMG. In realtà OMG sta per “Oceans Melting Greenland”, nome che chiarisce anche dove siano stati condotti gli studi: in Groenlandia.

La missione si è conclusa il 31 dicembre scorso e di recente il Jet propulsion Laboratory della NASA ha pubblicato un racconto di questi 6 anni di ricerche lungo le coste dell’isola più grande del mondo, a cura della dottoressa Carol Rasmussen.

“La cosa più importante da tenere a mente della missione della NASA “Oceans Melting Greenland” è il suo stesso nome – si legge – : OMG prova che l’acqua dell’oceano stia sciogliendo i ghiacciai della Groenlandia almeno quanto l’aria sempre più calda sta facendo dall’alto“.

Dal momento che la perdita di ghiaccio dalla calotta della Groenlandia contribuisce più di ogni altra sorgente all’innalzamento globale dei mari, questa scoperta andrà a rivoluzionare le modalità finora seguite dalla scienza per prevedere l’evoluzione del livello del mare nei prossimi decenni.

“Queste nuove, inedite misurazioni, hanno chiarito come potrebbe procedere in futuro la perdita di ghiaccio in un’area del Pianeta in cui i ghiacciai si stanno sciogliendo 6/7 volte più velocemente che 25 anni fa. Se tutta la calotta glaciale della Groenlandia dovesse sciogliersi, il livello del mare potrebbe aumentare a livello globale di circa 7,4 metri.

Questa conclusione allarmante, viene definita dalla dottoressa Rasmussen come “la punta dell’iceberg della storia di questa missione effettuata a bordo di un piccolo velivolo e di una barca.”

In 6 anni, la missione OMG ha infatti consentito di realizzare la più completa analisi di sempre del fondale oceanico attorno alla linea di costa della Groenlandia, andando anche a sondare dozzine di fiordi inesplorati, “insenature ricolme di iceberg derivanti dalla disintegrazione dei ghiacciai”, e misurare l’andamento della temperatura dell’oceano, analizzandone le variazioni da punto a punto, di anno in anno, e dalla superficie al fondo del mare. Un dataset di inestimabile valore.

Una missione rivoluzionaria

Sapete quanti sono i ghiacciai della Groenlandia che stanno progressivamente scivolando nell’oceano? Oltre 220. Che la loro “salute” fosse influenzata negativamente da intrusioni di acqua calda (il cosiddetto fenomeno della warm Atlantic Water, che non riguarda soltanto l’Artico ma anche l’Antartide), è noto da tempo agli scienziati. Ma mancava a riguardo una valutazione quantitativa.

La missione OMG è nata per fornire risposta a tale quesito. Prima del suo avvio si è tentato di trovare una risposta analizzando tramite osservazioni satellitari la temperatura superficiale dell’oceano. Attorno all’isola lo strato più superficiale delle acque risulta molto freddo e non estremamente ricco in sali, questo come conseguenza del continuo apporto di acqua dall’Artico, “il più fresco dei mari”. Se un ghiacciaio entra in contatto con questo strato, il suo scioglimento risulterà lento. Ma la situazione è ben differente in profondità. Qualche decina di metri al di sotto della superficie, la temperatura dell’acqua risulta più elevata, così come la sua salinità. Se dunque un ghiacciaio presenta una base profonda, verrà letteralmente mangiato a poco a poco dall’acqua più calda, andando a perdere ghiaccio 4 o 5 volte più velocemente del ghiacciaio più superficiale.

Negli anni passati sono stati condotti studi su singoli ghiacciai, unendo metodologie di remote sensing e analisi in situ, con mappatura dei fondali e analisi locale della temperatura delle acque. La missione è nata per disporre di misure relative a tutti i 200 e oltre ghiacciai dell’isola sottoposti a quello che abbiamo definito in precedenza “attacco dal basso e dall’alto”.

La laboriosa raccolta dei dati

Come prima cosa, i ricercatori hanno iniziato a mappare, a bordo di una nave da ricerca, tutto il fondale attorno all’isola, allo scopo di comprendere dove l’acqua più calda possa entrare in contatto con i ghiacciai. Si è poi passati a misurare mediante campagne di sorvolo estive annuali, temperatura dell’acqua e grado di salinità delle acque, mediante invio in profondità di 250 sonde, in punti strategici lungo l’intera linea di costa.

Una volta raccolti i dati necessari, è stato possibile elaborare mappe dettagliate del fondale, e dell’andamento di temperatura e salinità. E lì sono arrivate le sorprese. Ci si è resi conto che molti ghiacciai (in numero da 2 a 4 volte maggiore rispetto a quel che si riteneva prima della OMG) “siedono” su strati di acqua molto più calda di quanto si immaginasse. Di conseguenza, si trovano esposti a un rischio di scioglimento molto più elevato del previsto.

I modelli climatici fino ad oggi utilizzati, che non tengono conto dell’effetto di questa acqua calda che agisce alla base dei ghiacciai, tendono dunque a sottostimare, di un fattore almeno pari a 2, la perdita di ghiaccio effettiva. In termini più semplici, l’incremento del livello del mare potrebbe risultare doppio nei decenni a venire rispetto a quanto ipotizzato con i modelli classici.

Non è ancora finita…

La fine della missione…non è la fine. Come sintetizzato da Josh Willis, studioso del Jet Propulsion Laboratory e principale ricercatore del progetto OMG, la domanda di partenza della missione è stata la seguente “Possiamo condurre uno studio di 5 anni che ci parli dei prossimi 50?”. In tale ottica, per assicurarsi di avere una visione quanto più precisa del futuro dei ghiacci della Groenlandia, sono state lanciate nel 2021 una serie di sonde, in punti poco chiari, ovvero aree in cui sia necessario approfondire maggiormente le variazioni in termini di temperatura o di circolazione delle acque. Tali sonde sono a lunga durata. Trascorreranno l’inverno sotto la superficie del mare, continuando a salire e scendere lungo la colonna d’acqua e raccogliendo dati che saranno letti da remoto la prossima estate, quando il ghiaccio si scioglierà.

6 anni di missione in 6 minuti

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