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Una farfalla è la sentinella dei cambiamenti climatici in Appennino

Nei giorni scorsi ci siamo trovati a parlare di una specie animale, alpina e appenninica, riconosciuta come sensibile indicatore dei cambiamenti climatici: il fringuello alpino. Il piccolo passeriforme non è certo la sola specie che “ci parla” in silenzio dei mutamenti dell’ambiente montano. Di recente sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Insect Conservation and Diversity i risultati di uno studio a cura dell’Università di Firenze, focalizzato su un’altra specie volante, questa volta appartenente al mondo degli insetti, considerabile come una sentinella dei cambiamenti climatici: la Erebia pandrose. Una farfalla di cui esiste una sola popolazione della sottospecie endemica degli Appennini.

Gli sforzi del team internazionale di ricerca coordinato Leonardo Dapporto, del Dipartimento di Biologia di Unifi, si sono concentrati proprio su questa popolazione appenninica isolata, a 400 km circa da altre popolazioni note. Della farfalla è stato nello specifico studiato il DNA mitocondriale. Il team, come riportato in un comunicato dell’Ateneo, “ha potuto valutare insieme le prospettive sui rischi della perdita di biodiversità del territorio.”

Ancora una volta ci troviamo di fronte a uno studio che comprova l’efficacia della citizen science. La farfalla è infatti stata rintracciata, dopo circa 40 anni dall’ultima segnalazione (1977, Monti della Laga), grazie al contributo di cittadini che hanno deciso di calzare le vesti da scienziato provetto nel corso della Butterfly Week del 2019, iniziativa ideata dai ricercatori autori dello studio, che vede il coinvolgimento di ricercatori e appassionati nelle azioni di ricerca e di conservazione delle farfalle.

Tanto più in alto non si può salire

I ricercatori hanno sfruttato il ritrovamento della farfalla “scomparsa” da decenni per analizzarne il DNA mitocondriale, andando a ricercare mutazioni che consentono di ricostruire la storia passata della sottospecie ma anche ipotizzare le future prospettive di sopravvivenza.

Come si evince dal titolo stesso del paper che racchiude i risultati, “The isolated Erebia pandrose Apennine population is genetically unique and endangered by climate change”, è stato evidenziato che la farfalla appenninica sia geneticamente unica e a rischio a causa del cambiamento climatico.

Un rischio che si lega a quella che ormai conosciamo bene come scala verso il cielo, la tendenza delle specie, animali e vegetali, a spostarsi a quote superiori alla ricerca di nuovi habitat ottimali. Capite bene che trattandosi di Appennino, la salita sarà ben più breve di quella possibile sulle Alpi. In una manciata di decenni la farfalla potrebbe arrivare all’estinzione.

Una specie a rischio da tempo

Il rischio di estinzione nei prossimi decenni non va interpretato come una assenza di rischio nei tempi presenti. Anzi, come evidenziato nel comunicato Unifi, questa specie di farfalla era già esposta a forte rischio di estinzione nel 1977, quando fu avvistata per l’ultima volta.

“I cambiamenti climatici sono la causa dello spostamento nella distribuzione territoriale di molte specie, in genere verso luoghi con temperature più basse. Le popolazioni montane sono le più vulnerabili alla minaccia del surriscaldamento, perché c’è un limite allo spostamento altitudinale, corrispondente alle cime più alte. Gli Appennini offrono dei casi di studio importanti a questo riguardo perché ospitano molte popolazioni di farfalle, isolate fra loro e dotate quindi di un’alta specificità genetica, caratteristiche che le rende vulnerabili ai cambiamenti climatici”, spiega il coordinatore dello studio Leonardo Dapporto.

“La popolazione che abbiamo rinvenuto rappresenta una linea genetica unica e molto divergente – prosegue – in linea con la descrizione della sottospecie endemica appenninica sevoensis e soffre di un altissimo rischio di estinzione. Infatti, nelle Alpi e negli Appennini, questa specie si è spostata in altitudine più di 3 metri all’anno dalla fine del XIX secolo e fino a 22 all’anno dal 1995”.

“L’Erebia pandrose è per noi una specie bandiera – conclude Dapporto – e ci segnala il rischio di perdere le popolazioni della fauna montana, che custodiscono porzioni uniche di biodiversità, e l’urgenza di azioni che ci permettano di proteggerla”.

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