Ambiente

Lo strano caso del Crater Glacier, il ghiacciaio più giovane della Terra nato dal fuoco

Quando parliamo di ghiacciai siamo portati a immaginare formazioni originatesi secoli e secoli fa, che oggi stiamo perdendo a causa del progressivo scioglimento strettamente connesso ai cambiamenti climatici. Di fronte alla domanda “quanti anni ha il più giovane ghiacciaio della Terra?”, ci troveremmo inevitabilmente in difficoltà. Quel termine, “giovane”, sembra in netto contrasto con l’idea che dei ghiacciai in linea di massima tendiamo ad avere. Ebbene, preparatevi a mettere da parte la visione dei ghiacciai “Matusalemme” perché il ghiacciaio più giovane della Terra ha soltanto una ventina di anni, è in piena fase di crescita e, dettaglio particolare, è nato dal fuoco.

1980, la catastrofica eruzione del Sant’Elena

La mattina del 18 maggio del 1980 il Mount Saint Helens (noto come vulcano Sant’Elena), situato nella zona meridionale dello Stato di Washington, andò incontro a una potente eruzione, ricordata come uno dei maggiori disastri naturali della storia dell’America. All’epoca la vetta misurava 2950 metri ed era così simmetrica da essere definita il Fuji-yama d’America, oggi ne misura 2549 m. La potenza dell’esplosione fu paragonata a 500 volte quella della bomba di Hiroshima.

400 metri del cono vulcanico collassarono, come gran parte del fianco Nord, su cui si aprì un secondo cratere. Una massa di roccia, ghiaccio e detriti franò verso valle. Secondo le stime 2,5 chilometri cubi di materiale (circa 1 milione di piscine olimpioniche, per fare un paragone) scivolarono per 14 km, alterando profondamente il paesaggio. Si originò inoltre un flusso piroclastico che, viaggiando a una velocità di oltre 100 kmh, portò ulteriore distruzione nei dintorni, abbattendo foreste in un raggio di 10 km.

Il flusso piroclastico causò anche lo scioglimento dei ghiacciai. Prima dell’esplosione – come si legge in un articolo sul portale Severe Weather Europe a firma di Renato R. Colucci, ricercatore dell’Istituto di Scienze Polari del CNR, corrispondente del Comitato Glaciologico e presidente della Società Meteorologica Alpino-Adriatica – il versante Nord della montagna ospitava almeno 11 ghiacciai nominati e il cratere era ricolmo di neve e ghiaccio. Come riportato sul sito dello USGS, vi erano inoltre 2 ghiacciai non nominati e innumerevoli nevai.

A seguito dell’eruzione, il “tappo” di neve e ghiaccio del cratere si sciolse o in parte fu lanciato in aria. Mentre lo scioglimento dei ghiacciai causò la formazione di lahars, fiumi di fango, che scesero anch’essi verso valle, distruggendo case e ponti. In totale si perse circa il 70% del totale di massa glaciale del vulcano.

Dalla ceneri nasce un nuovo ghiacciaio

A seguito di tali eventi catastrofici, si formò all’interno del cratere ad anfiteatro apertosi verso Nord una cupola di lava, alta qualche centinaio di metri, accresciutasi in maniera episodica tra il 1980 e il 1986. A Sud di tale nuovo cono, schermato dalla luce solare, iniziò a formarsi progressivamente un accumulo di neve e ghiaccio, che diede origine a un nuovo piccolo ghiacciaio, la cui formazione fu favorita anche dal continuo depositarsi sulla superficie di detriti originati dalle pareti del cratere.

Come spiegato nel dettaglio da Colucci, perché si formi un ghiacciaio in un cratere vulcanico, sono necessarie “condizioni climatiche a lungo termine, non una singola stagione o un paio, che consentano il verificarsi ricorsivo di un bilancio di massa positivo. L’accumulo di ghiaccio dovuto al metamorfismo della neve deve eccedere le perdite in massa. Tale bilancio è principalmente controllato da due variabili climatiche: le precipitazioni nevose del periodo autunno/inverno e le temperature estive.”

Parametri influenzati da fattori locali tra cui la topografia. Abbiamo spesso parlato di piccoli ghiacciai resilienti che contrastano i cambiamenti climatici grazie all’apporto annuale di neve da valanga. Anche in un ambito vulcanico, se da un lato il calore emesso può portare a un aumento dell’ablazione del ghiacciaio, dall’altro l’attività sismica può favorire i distacchi e dunque i processi di accumulo.

La scoperta del Tulutson/Crater Glacier

Il primo avvistamento di quello che oggi è noto come Tulutson o Crater glacier, risale a 25 anni fa. Fotografie aeree realizzate nel 1996 mostrarono chiaramente la presenza del piccolo ghiacciaio nella porzione sudoccidentale del cratere. Tornando un istante sul nome: Tulutson in lingua indiana Cowlitz significa “ghiaccio”. A scegliere tale nominativo (accanto a Tulutson le opzioni erano Crater, Spirit e Tamanawas, termine quest’ultimo traducibile come spirito guida) è stato il Washington State Board on Geographic Names nel 2005. Ma è anche utilizzata la denominazione di Crater Glacier, scelta nel 2006 dallo U.S. Board on Geographic Names.

L’estensione del ghiacciaio nel 1996 si stima fosse attorno a 0,1 chilometri quadrati. Nel settembre 2001 la superficie aveva raggiunto il chilometro quadrato, per un volume totale di circa 120 milioni di metri cubi. Tali dimensioni hanno portato il baby ghiacciaio a diventare di fatto il più grande del Sant’Elena, con una superficie superiore alla somma degli altri ghiacciai residui sul vulcano. Ma il giovane Tulutson/Crater Glacier avrebbe presto incontrato un ostacolo nel suo accrescimento.

A sud della prima cupola lavica, ha iniziato infatti a formarsi nel 2004 un nuovo cono vulcanico, che ha forzato il ghiacciaio, accresciutosi nel mentre a ferro di cavallo attorno alla prima cupola, ad adeguarsi alla sua presenza. Si sono venute a formare inizialmente due lingue di ghiaccio che, all’espandersi del cono, sono state sempre più schiacciate contro le pareti Est e Ovest del cratere. Assottigliandosi, le lingue hanno visto aumentare la velocità di scivolamento, toccando punte di 30-60 cm al giorno. Nel 2008 si sono unite tra loro a Nord della cupola del 1980-1986, rallentando da quel momento lo scivolamento (10 cm al giorno in media).

Un ghiacciaio in buona compagnia

Il baby ghiacciaio del Monte Sant’Elena non è comunque da solo, lì nel nuovo cratere settentrionale. Negli ultimi decenni si sono infatti formati dei rock glaciers, sia sulla parete Est che Ovest. Se ricordate, affrontando la problematica della strada di accesso al Denali Park, avevamo definito la tipologia del rock glacier come una forma intermedia tra permafrost e ghiacciaio, un ammasso di rocce e ghiaccio che si muove come un fluido unico.

“Il ghiaccio all’interno di un rock glacier – spiega Colucci – può derivare dal permafrost, dal ghiaccio di un ghiacciaio, o rappresentare un continuum tra origine glaciale e non”. Il più grande si trova attualmente sulla parete Ovest del cratere.

L’eccezionalità del Tulutson

La formazione del Tulutson non stupisce per localizzazione, in quanto come detto nei precedenti paragrafi, nulla vieta che su un vulcano si verifichino condizioni ottimali da consentire la nascita di un ghiacciaio. Ma solitamente ci vuole tempo. “Nessuno al mondo ha mai visto un ghiacciaio iniziare a formarsi dal primo fiocco di neve depositato al suolo – commenta Colucci – . Questo è il ghiacciaio di nuova formazione che mostra il più alto tasso di accrescimento negli Stati Uniti continentali e non solo. Mentre la maggioranza dei ghiacciai è in regressione a causa del surriscaldamento globale, questo qui continua ad avanzare.

Attualmente il ghiacciaio misura 2,76 km di lunghezza e raggiunge in alcuni punti 200 metri di spessore, con un accrescimento in termini di spessore fino a 15 metri l’anno.

Magia? Certo che no. Tra le ragioni che spiegano tale fenomeno troviamo il sopracitato posizionamento a Nord, dunque con scarsa esposizione ai raggi solari e la deposizione di detriti sulla superficie che riducono il riscaldamento del ghiaccio sottostante, un po’ come accade con i teli geotessili.

Un ghiacciaio…con i buchi

Il fatto che il vulcano continui a essere attivo determina nello spessore del ghiacciaio la formazione di cavità, delle vere e proprie caverne generate dai vapori e gas vulcanici ad alte temperature che fuoriescono dalle fumarole, che causano lo scioglimento del ghiaccio.

Gli scienziati continueranno a monitorare il ghiacciaio e i suoi “buchi” in quanto una eventuale accelerazione nei processi di scioglimento, con consequenziale arretramento del Tulutson, potrebbe essere il segnale di una prossima eruzione del Monte Sant’Elena.

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4 Commenti

  1. Come diceva Zichichi che molti criticano ed io apprezzo diceva…: “ Il riscaldamento globale dipende dal motore metereologico dominato dalla potenza del Sole. Le attività umane incidono al livello del 5%: il 95% dipende invece da fenomeni naturali legati al Sole. Attribuire alle attività umane il surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico”. … quindi per favore smettiamola con queste panzane che vengono applicate dai media da 20 anni…nei prossimi 4-5 anni alcuni scienziati non allineati al regime green new deal parlano invece di riduzione dell attività solare e quindi piccola glaciazione in arrivo…aspettiamoci di tutto dalla nostra natura…

    1. Che ci azzecca col tema dell’articolo? o si vuol sostenere che il cambiamento climatico è una bufala perchè un micro ghiacciaio chiuso in un frigorifero naturale, aumenta di volume? IL fatto poi che il cambiamento climatico ATTUALE cioè quello che da 150 anni è sempre più aggressivo, sia prodotto dalle variazioni di potenza del sole, avrei dei dubbi in quanto si vogliono mescolare processi fisici di pochi decenni con altri di centinaia di migliaia di anni.
      Le glaciazioni ci sono sempre state ma per incrementare di 2 gradi la temperatura dell’atmosfera, da un periodo glaciale ad un interglaciale, ci volevano decine di migliaia di anni, non due secoli

    2. Ma lo ha letto l’articolo? Con questo ghiacciaio ci si trova davanti a una situazione eccezzionale, la quasi totalitá dei ghiacciai sta diminuendo, stanno sciogliendosi, il pianeta si sta riscaldando, le temperature registrate sono allarmanti, le previsioni sono terribili (gli scienziati e i ricercatori del GIEC sono tutti incompetenti? fomentano un complotto ? certo tutto é possibile visto che ci sono ancora tanti che credono che la terra sia piatta e per restare in tema tanti credono ancora che il Covid non existe!) lei ci tira fuori Zichichi il quale tra le tante bufale pronunciate ammise peró che le attivitá umane sono nocive per l’ambiente. É vero che il pianeta va naturalmente verso una glaciazione ma la « consumazione » da parte di piú di 7 miliardi e mezzo di persone, ne contrasta il decorso, causando i danni che lo affliggono, (alluvioni, piogge, calori estremi, livello del mare che aumenta, i poli che si sciolgono lentamente ecc ecc) il collasso sará terribile, noi scompariremo (i SUV pure!) ma la terra continuerá a girare e a vivere, tutto ricomincerá come é successo altre volte, ma questa volta tutto ciò avverrá per colpa nostra.
      Cordialmente

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