Film

La bicicletta e il Badile. Un docufilm sulle orme di Hermann Buhl

È il 4 luglio 1952 quando Hermann Buhl sale in sella alla sua bicicletta, una di quelle vecchie e pesanti. Un cancello, diremmo oggi. Ma al tempo quelli erano i mezzi. Sale e parte, alla luce generata dalla sua dinamo, per raggiungere la parete nord-est del Pizzo Badile. Un anno dopo Buhl sarebbe divenuto internazionalmente celebre per la prima salita del Nanga Parbat: in solitaria dall’ultimo campo alla vetta, senza ossigeno e portando fisico e mente allo stremo della resistenza. Ma questa è un’altra storia, ora c’è il Badile e c’è una bicicletta. E sulle orme di questo incredibile viaggio sono partiti Maurizio Panseri e Alberto Valtellina nell’estate 2021 con l’idea non solo di vivere un’esperienza unica, ma anche di documentare e raccontare il vissuto attraverso un docu-film di ampio respiro che sappia uscire dal mero racconto di un viaggio orizzontale e verticale, per raggiungere temi più ampi che guardano alla montagna e alle nostre Alpi.

I due ripercorrono la strada segnata Buhl, fino ai piedi della nord-est, poi salgono per la via Cassin come ha fatto anche dall’austriaco, che su di là è andato in solitaria prima di ritornare alla base della montagna e riprendere a pedalare verso casa. Da questa esperienza sta nascendo il docu-film “La bicicletta e il Badile”. Un racconto tra storia e attualità, che mette a confronto due esperienze simili quanto diverse. “Oggi non ha alcun senso spostarsi in automobile” affermano i due protagonisti di questa avventura. “Soprattutto per andare in montagna” aggiungono. Una presa di coscienza sostenibile, che vede nello sport una chiave di lettura diversa, un rispetto diverso per ambiente e territorio, per la montagna. Per Buhl era invece necessità, la bici era l’unico mezzo di cui disponeva, come per tutti in quella generazione. Bonatti con i suoi compagni saliva di soppiatto sui vagoni merci, il piemontese Agostino Gazzera come Buhl si spostava in bicicletta tra il Monviso e il Cervino. “Il desiderio di tornare nei luoghi che hanno visto Hermann Buhl passare con la sua bicicletta e le sue scarpette quasi settanta anni fa, si colma di nuovi significati in una cornice di senso compiuta spiegano protagonisti che tra Italia, Austria e Svizzera si sono fatti testimoni di un racconto che guarda al passato analizzando il presente, quelle Alpi mutate e sofferenti di cambiamento. “La grande frana di crollo della parete nord del Cengalo e la devastazione della Val Bondasca, il ritiro incessante dei ghiacciai nel gruppo del Bernina e dell’Ortles-Cevedale, la tragica frana della Val Pola. Sono tutti stimoli per scardinare una visione antropocentrica, cercando di ricollocare nella giusta proporzione i tempi dell’uomo e i tempi geologici del Pianeta”.

Il docu-film

Il progetto si svilupperà attraverso tre principali linee di racconto: il viaggio e i protagonisti; Hermann Buhl e l’alpinismo; l’uso del mezzo non inquinante, non invasivo, la bicicletta, come partner dell’attività alpinistica. Il viaggio di Maurizio e Marco farà da cornice agli incontri con persone che ricorderanno la straordinaria figura di Hermann Buhl sul versante affettivo e sul versante storico: a Ramsau, sul confine tra Austria e Germania, gli autori hanno incontrato la figlia Kriemhild, autrice del libro autobiografico “Mio padre Hermann Buhl”. Nella sua palestra/biblioteca hanno intervistato Giuseppe “Popi” Miotti, un riferimento per l’arrampicata e la storia dell’alpinismo. Renata Rossi, prima guida alpina donna in Italia, che ha vivacemente raccontato la sua storia d’amore con il Badile: Renata abita sul confine tra Italia e Svizzera, a pochi minuti dalla “sua” montagna. Un incontro vivace e musicale con Caterina Bassi e il fidanzato Martino Quintavalla, coppia in parete e nella vita (Martino è liutaio, musicista… e ingegnere!), che il 23 agosto 2017, quando ci fu il crollo del monte Cengalo stavano arrampicando sull’adiacente parete Est-Nord Est del Badile lungo la via Hiroshima, e non si resero conto dell’entità della frana, forse troppo impegnati nella seconda ripetizione dell’impegnativa via. E ancora gli storici Alberto Benini e Mirella Tenderini, il giornalista Marco Albino Ferrari. Per comprendere i cambiamenti gli autori incontreranno il mondo della scienza e della ricerca: Claudio Smiraglia dell’Università di Milano, glaciologo di fama internazionale; i rappresentanti del progetto Interreg Italia-Svizzera “AMALPI18” (Alpi in Movimento movimento nelle Alpi), Christian Ambrosi, della SUPSI, Canton Ticino (CH) e Massimo Ceriani di Regione Lombardia sul tema delle grandi frane alpine del presente e del passato. La terza linea del racconto, scrivono gli autori, vorrebbero inserirla in modo “provocatorio”: proponendo a alpinisti l’avvicinamento alle pareti in bicicletta, “di fatto abbiamo verificato che, con modalità diverse, molte persone stanno orientando il proprio spostamento in questo modo, tra gli altri il grande Stefan Glowacz e la giovane giornalista e blogger Smaranda Chifu”.

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Un commento

  1. Ad essere precisi, se si volesse ricostruire fedelmente l’impresa, Buhl è salito per la Cassin ma è sceso per lo spigolo nord.

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