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Scatta la paura per nuove chiusure delle piste. “Lo sci non dev’essere un capro espiatorio!”, l’intervista a Valeria Ghezzi

Da qualche giorno, dopo l’ottimismo delle prime settimane dell’autunno, delle nuvole di tempesta hanno iniziato ad addensarsi sullo sci. L’aumento dei casi di Covid-19 in molte parti d’Italia, e soprattutto in Friuli-Venezia Giulia e nella Provincia autonoma di Bolzano, hanno spinto siti, telegiornali e quotidiani a mettere in dubbio l’apertura, ormai prossima, delle piste. 

Invece Valeria Ghezzi, presidente di ANEF, una delle due associazioni di gestori degli impianti di risalita, non ha dubbi. “Lo sci non deve diventare un capro espiatorio” esordisce prima che il cronista possa farle una domanda. “E’ un’attività che si pratica quasi completamente all’aria aperta. Nell’inverno 2020-’21 gli impianti e le piste aperte in Svizzera, negli Stati Uniti e in Scandinavia non hanno causato focolai. Chi pensa a chiudere piste e impianti dovrebbe vedere come si viaggia in certe ore sulla metropolitana di Milano

Iniziamo dalle regole attualmente in vigore. Per sciare serve il Green Pass? E a chi spettano i controlli?

“La legge prevede che il Green Pass è obbligatorio solo sugli impianti chiusi, e cioè funivie, cabinovie e seggiovie con il cupolino abbassato. I controlli, come nei ristoranti, li devono fare i gestori”. 

Quindi nelle piccole stazioni, che hanno solo seggiovie e skilift, non c’è bisogno di controlli.

“Esatto, proprio così”.

Ma come si fa nei grandi comprensori, che hanno sia impianti chiusi sia impianti aperti?

“Il controllo dev’essere fatto, e l’unico posto possibile è la biglietteria. Controllare a ogni passaggio dai tornelli è complicato, e sappiamo che i cellulari si scaricano, e i green pass cartacei si rovinano con l’umido. Ci vuole un controllo separato per chi possiede uno skipass che vale più di un giorno”.     

Bianco, giallo, arancione, rosso. Cosa succede allo sci se cambiano i colori?

“Le regole in vigore prevedono che con il giallo tutto resti com’è oggi, e che con l’arancione si chiuda. Noi abbiamo proposto al Governo che con l’arancione si possa restare aperti, e con una capienza ridotta dall’80 al 50%. Aspettiamo una risposta nei prossimi giorni”. 

A proposito, come sono i vostri rapporti con il Governo? 

“Ottimi. Massimo Garavaglia, il Ministro del Turismo, ci ascolta, sa che parliamo di un comparto economico importante, è intervenuto a Skipass, la fiera del settore a Modena“.

Si può fare un paragone con un anno fa?

“Meglio di no, per il governo Conte noi non esistevamo proprio. Ma soprattutto un anno fa non c’era il vaccino, oggi la situazione è completamente diversa”. 

Ha citato il governo Conte. Sono stati sufficienti i ristori annunciati dopo la chiusura dello scorso inverno? E sono arrivati in tempo? 

“I ristori non sono ancora arrivati, tra qualche giorno scade il termine per inviare le richieste. Conosciamo il totale, 430 milioni di euro, non la distribuzione finale”.   

Come sono stati questi mesi per le stazioni sciistiche? E per le società che lei rappresenta?

“Durissimi. Abbiamo dovuto fare molti debiti, per fortuna molti fornitori, soprattutto i costruttori di impianti, ci hanno concesso delle dilazioni sui pagamenti”.

E per i lavoratori del settore? Gli stagionali hanno sofferto più di chi ha un posto fisso.

“Certo, e molti di loro hanno dovuto trovare un altro lavoro, spesso nell’edilizia. La conseguenza è che quest’anno la manodopera qualificata per fare funzionare gli impianti scarseggia. Il problema è relativo per i comprensori sciistici più vicini alle grandi città, ma è drammatico in quelli più remoti”.     

Chi scia quest’anno troverà dei nuovi impianti?

“No, però inaugureremo quelli che erano pronti un anno fa, e non sono mai stati usati. Le nostre società hanno utilizzato la sosta per fare la manutenzione straordinaria degli impianti, e alcune hanno speso milioni di euro”.   

Passiamo dall’offerta alla domanda. Gli sciatori hanno voglia di tornare sulle piste? Come vanno le prevendite?

“L’interesse è altissimo, nelle scorse settimane sono stata a un po’ di eventi e le previsioni erano tutte positive. Certo, i dubbi di questi giorni non aiutano”. 

I prezzi degli skipass e degli abbonamenti sono aumentati o no?

“Purtroppo sì, e a pesare è l’aumento del costo dell’energia, che si riflette soprattutto sull’innevamento artificiale. Rispetto a un anno fa siamo nell’ordine del 3-4%, che si somma al 2-3% tra il 2019 e il 2020”. 

Cosa succede agli abbonamenti stagionali? Se arriva una nuova chiusura devono essere rimborsati…

“Infatti alcuni caroselli di impianti, come la Via Lattea e lo Skirama Adamello-Brenta, quest’anno non vendono stagionali ma biglietti a consumo. Dopo un certo numero di passaggi il costo diminuisce, e oltre un certo livello si scia gratis”.

Cosa prevede che accadrà nelle prossime settimane? Il Governo ascolterà le vostre richieste? 

“Come le ho detto il tavolo è aperto, confido che verremo ascoltati. Ma la discussione con l’industria dello sci è solo una parte del problema”. 

In che senso? 

“Il Covid va e viene, e ormai dovremmo saperlo. Un mese fa la Gran Bretagna sembrava sull’orlo del baratro, poi i dati sono migliorati. Con la diffusione delle terze dosi dovrebbe accadere anche da noi. Poi, oggi sui mezzi pubblici, al cinema o allo stadio si rischia molto di più che in seggiovia o su una pista innevata. Se l’Italia tornerà in emergenza faremo la nostra parte, come sempre. Ma chiudere lo sci prima di tutto il resto sarebbe un controsenso, e un colpo mortale per il nostro settore”.

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