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Niente antenna sulla Serra Dolcedorme, la cima più alta del Pollino

L’antenna sulla Serra Dolcedorme non si farà. Una mobilitazione ambientalista, un incontro nella sede del Parco nazionale del Pollino e il buon senso del presidente di quest’ultimo hanno bloccato in pochi giorni il cantiere sulla cima più alta dell’area protetta. Resta da rimettere a posto il sito, e non sarà un’impresa da poco, perché il basamento in cemento armato dell’antenna è già stato installato. 

La Serra Dolcedorme, 2266 metri, è la vetta più alta del Parco del Pollino e di due regioni italiane, Basilicata e Calabria. E’ una montagna allungata, che precipita a sud con dei ripidissimi pendii dove crescono i pini loricati. Più volte, in passato, era stata respinta la proposta di costruire lassù una grande croce, o un pilone visibile dai paesi vicini. Stavolta la Serra ha rischiato davvero di essere deturpata, e per un motivo teoricamente nobile, la realizzazione di una rete di avvistamento antincendio. L’esito positivo della vicenda dimostra che qualche volta i Parchi hanno la capacità di fare autocritica, e in fretta. 

Le mobilitazioni di alpinisti ed escursionisti contro la manomissione della montagna, che molti credevano un ricordo del passato, possono ancora avere un effetto positivo ad alta quota. Un buon esempio per i luoghi, dal Vallone delle Cime Bianche in Val d’Ayas fino al Terminillo nel Lazio, che sono ancora minacciati dallo sfascio. 

L’idea di un sistema di monitoraggio contro gli incendi, di per sé positiva, esiste da tempo negli uffici del Parco nazionale del Pollino. E diventa pressante nell’estate del 2021, quando degli enormi roghi devastano l’Aspromonte, il Reventino e altri massicci calabresi. Il progetto approvato prevede di installare tre antenne con telecamere. Due in luoghi dall’impatto ambientale limitato come la località Cerri di Santa Domenica Talao e la Serra di Campotenese. La terza, invece, andrà sui 2266 metri di Serra Dolcedorme. 

Il caso scoppia giovedì 21 ottobre quando Mimmo Ippolito, uno dei migliori alpinisti del Mezzogiorno, sale ai 2053 metri della Serra di Crispo. Oltre i pini loricati e i faggi della cima, vede in lontananza il Dolcedorme, e scopre che qualcosa non va. Un elicottero va e viene, e sulla vetta si distinguono degli uomini al lavoro e un pilone. Più tardi, sulla sua pagina Facebook, Ippolito pubblica due foto (a grande distanza) dei lavori, e un breve testo pieno di dolore. “Per i Greci era il Gigante che Dorme… per la Calabria è la vetta più alta… per noi è la vetta simbolo delle nostre montagne… per me è un pezzo di cuore… per Qualcuno il luogo giusto dove montare un bel Traliccetto”. 

La reazione tra gli appassionati di montagna, locali e non, è indignata e immediata. Uno di loro, Saverio de Marco detto “Indio”, inizia a tempestare di appelli il Parco del Pollno, gli altri uffici competenti e i media. L’Ente Parco, invece, fa un clamoroso scivolone. Con un comunicato che esce poche ore dopo su Facebook, afferma che “sta girando sui social una notizia priva di ogni fondamento. Nessun traliccio o impianti di questo genere sono stati installati sulle vette del Dolcedorme”. Il “sistema di videosorveglianza” prosegue il testo “sarà installato sulla Timpa di Valle Piana”, una cima secondaria. Correda il comunicato la foto di un’antenna uguale a quella che verrà installata a quota 2266 metri. 

Le bugie hanno le gambe corte, ma Mimmo Ippolito cammina veloce. E la mattina del 22 ottobre, mentre molti stanno ancora leggendo il comunicato dell’Ente Parco, l’alpinista sale sulla Serra Dolcedorme, e fotografa il basamento di cemento e il grande pannello fotovoltaico (3 metri per 4) destinato ad alimentare la telecamera. Da lì, chiama Domenico Pappaterra, presidente del Parconazionale del Pollino, per chiedere spiegazioni. Poi pubblica le nuove immagini su Facebook. “Posso solo essere felice che il mio messaggio e le mie foto siano riuscite ad arrivare al Presidente” scrive Mimmo Ippolito. Ora tocca all’Ente Parco e alle associazioni ambientaliste “valutare se sia giusto e necessario che questa roba resti proprio qui”. In tutti i casi, conclude con saggezza, non ci devono essere vandalismi contro il manufatto, né tensioni “contro la ditta e contro i suoi operai. Per loro è semplicemente lavoro, in una realtà dove il lavoro è il vero problema”.     

La conclusione, anche se provvisoria, è rapida e positiva. Il 22 ottobre, un nuovo comunicato del Parco cambia tono, parla di “legittime preoccupazioni” e annuncia un incontro. Lunedì 25, nella sede del Parco a Rotonda, il presidente Pappaterra, i suoi tecnici e le associazioni ambientaliste (per il CAI c’è Maria Rosaria D’Atri, presidente regionale per la Calabria) decidono di spostare l’impianto dal Dolcedorme alla Serra di Morano, che ospita già altre antenne. Il versante meridionale del massiccio, con i suoi loricati e i suoi faggi, può essere tenuto d’occhio anche da qui. 

Il problema degli incendi in Calabria e sul Pollino è enorme. Non c’è dubbio però che sulla Serra Dolcedorme sia stato fatto un errore molto serio” commenta Domenico Pappaterra, presidente del Parco del Pollino. “C’è stata una leggerezza grave dei tecnici dell’Ente Parco, ho chiesto agli ambientalisti di trovare una soluzione alternativa e loro lo hanno fatto subito. Per me la vicenda è chiusa”. 

Questa storia invita a riflettere su alcune questioni fondamentali” ribatte Francesco Bevilacqua, avvocato, scrittore e memoria storica dell’escursionismo calabrese. “La prima è che, contro gli incendi, le telecamere non bastano ma ci vogliono i mezzi per intervenire rapidamente. Ad agosto, sull’Aspromonte, dei roghi giganteschi sono andati avanti per giorni anche dopo essere stati fotografati e filmati”. La seconda questione, prosegue Bevilacqua, riguarda il rapporto tra i Parchi e il paesaggio. “Gli Enti Parco, e i loro Uffici Conservazione, sono rapidissimi a vietare sentieri, vie di arrampicata e ferrate in zone dove nidificano avvoltoi o rapaci. E invece non si preoccupano del paesaggio, fondamentale per chi frequenta la montagna, che è tutelato da una Convenzione Europea. Le vette, con il loro valore simbolico, sono una parte importante del paesaggio”.  

Francesco Bevilacqua ha ragione. Negli ultimi anni dei vistosi impianti di trasmissione, con motivazioni d’urgenza e senza interpellare (dove ci sono) gli Enti Parco, sono stati installati dalla Protezione Civile, dai Vigili del Fuoco e da altri enti di Stato sul Monte Genzana in Abruzzo, sul Monte Cocuzzo in Calabria e sul Monte Miletto, la cima più alta del Matese, sul confine tra la Campania e il Molise. Viviamo in un Paese fragile, martoriato dai terremoti, dalle inondazioni e dagli incendi, e se gli impianti di comunicazione e sorveglianza servono davvero è doveroso fare un passo indietro e accettarli. Siamo proprio sicuri, però, che debbano essere costruiti sulle vette? E’ una domanda che il mondo della montagna ha il diritto e il dovere di fare.   

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