News

La Carovana dei Ghiacciai riparte dall’Adamello: in 160 anni superficie ridotta del 50%

Codice rosso per i ghiacciai italiani minacciati sempre più dalla crisi climatica. Entro la fine del secolo la maggior parte di essi, secondo studi scientifici, potrebbe scomparire ed entro il 2050 quelli al di sotto dei 3.500 metri saranno destinati molto probabilmente alla stessa sorte. Le temperature medie degli ultimi 15 anni non ne permettono la sopravvivenza. È quanto denunciato da Legambiente e Comitato Glaciologico Italiano (CGI) all’avvio della seconda edizione di Carovana dei ghiacciaila campagna itinerante che dal 23 agosto al 13 settembre monitorerà lo stato di salute di 13 ghiacciai alpini e del glacionevato del Calderone, nel massiccio del Gran Sasso.

La campagna è stata inserita nella piattaforma All4Climate – Italy che raccoglie tutti gli eventi dedicati alla lotta contro i cambiamenti climatici che si svolgeranno quest’anno in vista della COP26 di Glasgow. Nel corso di ogni tappa, verranno realizzati monitoraggi scientifici ad alta quota per osservare le variazioni storiche dei ghiacciai e per monitorare le trasformazioni glaciali, seguendo il modello delle Campagne glaciologiche che il CGI realizza annualmente dal 1911.

Il monitoraggio in questione, oltre a permettere di documentare l’impatto della crisi climatica, consentirà anche di valutarne gli effetti sul territorio. La deglaciazione, infatti, coinvolge il deflusso delle acque e il suo stoccaggio così come gli ecosistemi alpini nella loro globalità. Già adesso si osservano i primi effetti concreti su acqua potabile, raccolti, irrigazione, servizi igienico-sanitari, energia idroelettrica e stazioni sciistiche.

La prima tappa ha visto la Carovana raggiungere i ghiacciai dell’Adamello. Di seguito il comunicato di Legambiente con i risultati del monitoraggio.

Come stanno i ghiacciai dell’Adamello?

Ogni anno sull’Adamello, il ghiacciaio più esteso d’Italia, spariscono 14 milioni di metri cubi di acqua pari a 5600 piscine olimpioniche. La sua estensione areale infatti si sta riducendo progressivamente, passando dai circa 19 km2 del 1957 ai circa 17.7 del 2015. Seppure lo spessore del ghiacciaio sia notevole (sono stati misurati 270 metri a Pian della Neve nel 2016), negli ultimi anni si sta registrando anche una progressiva riduzione pari a 10-12 metri dal 2016 ad oggi. Si registra anche un marcato ritiro della sua fronte di oltre 2000 m negli ultimi 160 anni tanto da poter parlare, dati del Comitato Glaciologico (CGI) alla mano, di un progressivo ritiro, interrotto da blande pulsazioni positive, l’ultima durante i primi anni del 1980. Durante la Piccola Età Glaciale ( terminata a metà del 1800), il Massiccio dell’Adamello insieme al Presanella ha ospitato oltre 100 corpi glaciali. Da allora, i ghiacciai presenti sul Massiccio hanno perso oltre il 50% della superficie totale (dati Carlo Baroni, Responsabile Alpi Centrali CGI).

I risultati del monitoraggio sono stati presentati a Ponte di Legno (BS), nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato Barbara Meggetto, Presidente Legambiente Lombardia; Livio Pelamatti, Presidente circolo Vallecamonica;  Marco Giardino, Segretario Comitato Glaciologico Italiano¸ Vanda Bonardo, Responsabile Alpi Legambiente.

“Le masse glaciali dell’Adamello, il più grande ghiacciaio d’Italia, colpiscono in quando a dimensioni e bellezza e lasciano grande sconcerto al pensiero che nei prossimi decenni se continueremo con il trend attuale di immissioni di gas climaterianti, non potranno più essere ammirate dai numerosi turisti che raggiungono il passo del Presena – dichiara Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente -. Sicuramente un motivo in più perché si costruisca una maggiore consapevolezza nei cittadini e nei governanti. Stiamo assistendo alla scomparsa di un patrimonio inestimabile poiché non si tratta solo di bellezza e di importanti riduzioni di risorse idriche oltre che di aumento del dissesto. Gli studi di Valter Maggi (CGI- Università Milano Bicocca) ci fanno capire come attraverso la memoria custodita dal ghiacciaio è possibile raccontare la storia di come si sono evoluti l’umanità e l’ambiente. Ciò nonostante noi stiamo perdendo questi preziosissimi archivi. Per recuperare ancora qualcosa bisogna andare in fretta, sempre più in fretta per portare a casa il maggior numero di informazioni possibili che tra poco spariranno poiché non c’è nulla di diverso da una casa che va in fiamme e si perde tutto.”

“Se si potesse esprimere la Tappa dell’Adamello con un’immagine – dichiara Marco Giardino, Segretario del Comitato Glaciologico Italianoquesta sarebbe una fotografia in bianconero ad elevato contrasto. Un’immagine forte, d’impatto, in grado di mettere chiaramente a confronto i segni delle espansioni glaciali del passato e gli attuali diffusi fenomeni di deglaciazione del massiccio. Il contrasto tra la piccola massa di neve e ghiaccio del Presena e l’ancora imponente altopiano glaciale dell’Adamello, che pure mostra nettamente segni di sofferenza ai suoi margini, dai circhi di alimentazione alle lingue effluenti. Il contrasto fra diversi strati di neve, nevato e ghiaccio con evidenze sia in superficie sia nelle profondità del ghiacciaio, come evidenziano i rilievi nivologici, i monitoraggi glaciologici e le perforazioni che hanno permesso di estrarre informazioni preziosissime sulla storia antica e recente del ghiacciaio dell’Adamello. Studi che oggi si rivelano fondamentali per disegnare gli scenari ambientali del futuro, indispensabili per progettare ed attuare la mitigazione e l’adattamento al riscaldamento climatico. La prima tappa della Carovana dei ghiacciai ha dimostrato che la cooperazione che si realizza oggi fra ricercatori e operatori glaciologici sull’Adamello è di buon auspicio per superare l’apparente contrasto fra uomo e natura. Un’impresa necessaria anche in retrospettiva, pensando alle tracce della Prima Guerra Mondiale che sull’Adamello ci parlano di contrasti e conflitti: non solo fra eserciti di nazioni belligeranti, ma anche fra gli uomini e la natura glaciale inospitale”. 

E’ da tenere in considerazione che l’altipiano in cui è situato il ghiaccio dell’Adamello si trova al di sotto delle condizioni di equilibrio in cui si trovano abitualmente i ghiacciai delle Alpi lombarde (3400 m di quota contro i 3000 m dell’Adamello), da ciò derivano le condizioni di particolare fragilità del ghiacciaio come testimoniato dai rilevamenti dei tecnici Amerigo Lendvai del Servizio Glaciologico Lombardo (SGL), Christian  Casarotto del MUSE, Museo delle Scienze  di Trento e Gianluca Tognoni di Meteotrentino.

Dall’osservazione svolta in questa tappa della Carovana di Legambiente si registrano nell’area del ghiacciaio affioramenti di isole rocciose che trasmettendo più calore enfatizzano così il processo di fusione glaciale. Nello stesso tempo il ghiacciaio si frammenta come è accaduto di recente al settore di ghiacciaio accanto al rifugio Caduti dell’Adamello, il quale fino a dieci anni fa era in contatto con la massa glaciale principale e ora è staccato. Altri circhi glaciali si stanno staccando dalla massa glaciale.

Con le misure tramite paline ablatometriche (aste graduate inserite nella massa glaciale attraverso perforazioni) si osservano ovunque dati negativi che vanno da meno 0.7 metri all’anno del Pian di Neve ai meno 2, 9 metri all’anno nella lingua effluente del Mandrone, a meno 4,5 metri all’anno nella parte inferiore della stessa.

Anche nel 2019 nonostante l’innevamento di inizio estate sia stato abbondante la fine della stagione si è chiusa con un’ingente fusione di ghiaccio. Le osservazioni del 2021 mettono in luce che la neve residua è già quasi esaurita nel mese di agosto nella stazione di misura nei pressi del passo Veneracolo (3100 metri s.l.m.).

Altre osservazioni della superficie del ghiacciaio permettono di individuare le aree più sofferenti: una serie di crepacciature con andamento semicircolare definiscono dei calderoni, ovvero delle depressioni in cui la superficie del ghiacciaio collassa in corrispondenza di cavità endoglaciali, che si vanno allargando progressivamente.  Le dimensioni di una di queste depressioni misurate dal SGL alcuni anni fa erano pari a 90 metri di larghezza e 15 di profondità.

Il video del monitoraggio

 

Tags

Articoli correlati

2 Commenti

  1. Buongiorno.gli stessi esperti ” ECO GREEN” ,qualche settima fa si trovavano a Sella Nevea , gruppo Canin,organizzando un flesh mob contro la realizzazione di una seggiovia, per poi salire in FUNIVIA,per una foto collettiva nel nevaio, circa 26 persone.SERVONO 26 esperti x un monitoraggio nel nevaio?in mezza giornata che monitoraggio fai? al max fai un resoconto dai dati disponibili? ogni anno pubblicate gli stessi report,mescolando volume ghiaccio,con superficie ghiacciaio. Purtroppo fa parte dell evoluzione del pianeta. Unica cosa che dobbiamo fare è rispettare quel poco di natura che rimane!! Grazie

  2. Sono preoccupato non per l’aspetto paesaggistico, escursionistico, alpinistico, ma per l’aspetto idrico, cioè per l’acqua che dai ghiacciai alimenta la valle. Cosa si può fare? Qualcosa ci si dovrà inventare. Si costruiranno più dighe per conservare la poca acqua che verrà dai ghiacciai e l’acqua piovana?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close