Rifugi

Alpi Occidentali: 5 rifugi affascinanti e poco battuti

Il primo ricovero alpino stabile è quello del Teodulo, inaugurato nel 1852 a 3317 metri di quota. Una capanna di pietra, con tetto in legno di larice, realizzata recuperando antiche fortificazioni volute dal Duca Amedeo II nel 1688. Posto tra le cime del Monte Rosa e quella del Cervino il rifugio Teodulo nasce per offrire un riparo sicuro agli alpinisti intenzionati ad affrontare le salite ai Quattromila metri delle montagne.

Nel giro degli anni successivi queste strutture si diffondono lungo tutte le Alpi Occidentali. Realizzati in pietra o legno servono come spartano ricovero dagli agenti atmosferici. Con gli anni sono andati evolvendosi, le strutture sono state migliorate e anche i servizi, tanto che oggi anche alle quote più alte possiamo incontrare rifugi dotati di ogni comfort necessario per passare la notte in tranquillità.

Molti di questi sono diventati famosi e da punto di partenza per belle ascensioni alpinistiche si sono trasformati in punto di arrivo, meta finale della gita. In alcuni bisogna prenotare con mesi di anticipo per trovare posto, ma non è così in tutti i casi. Andiamo a scoprire i rifugi meno battuti e, forse, più affascinanti che si celano tra le Alpi occidentali.

Rifugio Cesare Dalmazzi al Triolet

(2590 metri, dislivello 815 metri, 2 h 30 min, EE)

Mai affollato, il rifugio Dalmazzi nasce nel 1882 come “Capanna del Triolet”, per offrire ospitalità ai frequentatori dell’omonimo gruppo. Ristrutturato nei primi anni Duemila si presenta essenziale, ma confortevole. Il rifugio è raggiungile dalla Val Ferret, il sentiero attacca in località Arnouva, da cui prosegue per un breve tratto lungo la carrozzabile, per poi svoltare a sinistra su un sentiero segnalato che attraversa la Dora di Ferret su una passerella. Si superano grandi massi, conquistano un dosso erboso da cui proseguire fino a raggiungere il filo della morena laterale sinistra del Ghiacciaio del Triolet. Si segue la morena in leggera salita e si continua lungo un canale fra facili roccette, in parte attrezzate con corde fisse. Attraversato il canale ci si porta alla base di un saltino roccioso che si supera nuovamente con l’aiuto di corde fisse e scalini metallici. Si sbuca così su prati e placche rocciose e in breve si raggiunge il rifugio Dalmazzi nella sua bella posizione panoramica. Da qui è possibile raggiungere il ghiacciaio seguendo le tracce di sentiero che si allontanano dal rifugio con percorso pianeggiante verso sudest.

Rifugio Andolla

(2061 metri, dislivello 600 metri, 2 h, E)

Chi sale verso l’Ossola punta dritto alla Val Formazza o all’Alpe Devero, nessuno o quasi ricerca la Val Loranco dove sorge il rifugio Andolla. Piccolo paradiso non toccato dalla mano dell’uomo la Val Loranco è frequentata per lo più dai valligiani che ogni tanto salgono in quota a salutare i gestori dell’accogliente rifugio.

Dall’Alpe Cheggio si imbocca il sentiero che in due ore raggiunge il rifugio. Si attraversa il muro della diga e si continua attraversando un ponte in legno oltre cui si incontra un caratteristico crocefisso. Un secondo ponte permette di superare il torrente Loranco e salire fino al bel punto panoramico dell’Alpe Gabi. Si raggiunge quindi la Cappella della Piana Ronchelli e si prosegue in leggera salita fino a un bel pianoro. Da questo alpeggio si entra nella zona dei Cervi, una sorta di valletta che si apre in corrispondenza dell’Alpe Camasco. Si attraversa un torrente e si sale al punto alto dell’Alpe Andolla e da qui al Rifugio omonimo.

Rifugio Bozano

(2453 metri, dislivello 860 metri, 2h 15 min, E)

Punto di riferimento per le classiche ascensioni al Corno Stella, il rifugio Bozano si trova in Valle Gesso, sulle Alpi Marittime. La struttura, inaugurata nel 1921 e più volte ampliata, è dedicata all’alpinista genovese Lorenzo Bozano tra i soci fondatori del Club Alpino Accademico Italiano. Superate in auto le Terme di Valdieri si raggiunge la Conc del Gias delle Mosche, dove si lascia l’auto. Il sentiero parte subito ripido attraverso il Vallone dell’Argentera. A mezz’ora di cammino il bosco si fa rado permettendo la vista sulla catena del Matto e dell’Argentera. Si superano i resti del Gias del Saut e si continua la salita per magri pascoli al centro del vallone. Ancora qualche ripido tornante e un lungo traversone che supera una pietraia, seguita dagli ultimi ripidi tornanti su pietrisco friabile e mosso si raggiunge il grande masso roccioso che precede il rifugio.

Rifugio Stroppia

(2259 metri, dislivello 650 metri, 1h 30 min, E)

Rifugio non custodito, costruito dai resti di una preesistente casermetta e inaugurato nel 1933. La struttura, incastonata nei magnifici scenari della Valle Maira, offre un comodo punto di appoggio per l’ascensione alle numerose vette sopra i 3000 metri della zona. Per il pernottamento è sufficiente fare richiesta delle chiavi presso il bar di Chiappera. Dal paese per raggiungere il rifugio è possibile seguire il sentiero Dino Icardi, dedicato all’alpinista di Dronero scomparso nel 1988. Il sentiero raggiunge dapprima i Piani di Stroppia, quindi prosegue costeggiando il torrente. Supera un primo salto roccioso e sbuca nella conca dei Lac Ars. La traccia supera poi una bastionata rocciosa, grazie a tratti scavati nella roccia dagli Alpini del Battaglione Valcamonica tra 1939 e 1940, e raggiunge il Bivacco Stroppia.

Rifugio Boccalatte-Piolti – (ATTUALMENTE INAGIBILE)

(2803 metri, dislivello 1200 metri, 4 h, EE)

Il più famoso tra i rifugi qui elencati. Il Boccalatte è un nido d’aquila sulla Val Ferret, culla per gli alpinisti che ogni stagione scelgono di affrontare la affascinanti vie delle Grandes Jorasses. Frequentato per lo più da alpinisti è una vera e propria icona dell’alpinismo. Raggiunto l’abitato di Planpincieux si prosegue oltre fino a raggiungere il parcheggio dove si lascia la macchina. Da qui si prende a salire lungo il sentiero n. 21 che porta al rifugio. La mulattiera si inoltra nel bosco, oltrepassando la cappelletta di Planpincieux, diventando poi un sentiero a tornanti. La traccia continua verso le seraccate, raggiunge un canale detritico, lo supera sulla destra ed entra in un secondo canale. Si continua in direzione di un’evidente cascata con passi di primo e secondo grado. Si prosegue fino a incontrare una scala metallica che agevola la salita di un camino. Si supera una dorsale morenica e si procede fra detriti in direzione delle balze su cui è visibile il rifugio. Ancora una rampa detritica, qualche canapone fisso che traversa verso sinistra e si guadagna un pulpito. A zig zag, lungo un aereo percorso, si giunge alla terrazza sospesa sul ghiacciaio e al rifugio.

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