Trail running

Andrea Macchi, il runner per passione che ha conquistato l’olimpo del trail running

100 chilometri per 7900 metri di dislivello. Sono questi i numeri della gara regina del Gran Trail di Courmayeur dominato da Andrea Macchi in 14 ore e 42 minuti. Tre figli di 1, 3 e 5 anni, sorridente e sempre umile Andrea corre per passione, per ritagliarsi quel tempo in cui rimanere solo con i propri pensieri. L’agonismo gli piace, ma non è uno che si mette il coltello tra i denti. L’importante è correre e divertirsi. Se poi arriva un buon piazzamento la felicità raddoppia. L’atleta 35enne del team Eolo di podi ne ha conquistati tanti. Il Gran Trail l’ha vinto altre tre volte prima di questa e al mitico Tor des Geants ha collezionato un terzo posto nel 2017. La corsa non è però l’unica attività nella sua vita. Ogni giorno si divide tra gli allenamenti, che per forza di cose devono essere costanti, e il lavoro come giardiniere. Professione che ama e che, ci racconta, non lascerebbe per nulla al mondo.

Andrea, come sei arrivato al trail running?

“Da giovane ho praticato canottaggio a livello agonistico arrivando anche a vestire la maglia azzurra e conquistando un bronzo ai mondiali under 23. Il canottaggio è uno sport di squadra, così quando ho smesso ho deciso di provare qualcosa di più individuale e ho trovato la mia strada nella corsa.”

Sei subito partito con la montagna?

“Inizialmente erano corse di paese.  Qui da noi a Varese esiste un circuito chiamato ‘Piede d’Oro’ in cui si corre tra i piccoli centri della zona, è stata la mia prima esperienza. Dopo ho provato la classica maratona e, infine, mi sono iscritto a una gara di corsa in montagna. Ricordo che era il 2013 e non sono più riuscito a tornare indietro. Ho iniziato per gioco e con il tempo mi sono approcciato alle gare più lunghe, dove mi trovo più a mio agio.”

Oggi dividi il tuo tempo tra famiglia, lavoro e corsa…

“Esatto. Ho iniziato a lavorare subito dopo la fine degli studi, faccio il giardiniere e allevo le api. Sono veramente contento di questa attività perché mi consente di passare il tempo all’aria aperta, nella natura e nel verde. Mi ritengo fortunato ad essere riuscito a coltivare le mie passioni, sia professionalmente che nella corsa.”

Cosa ti da la corsa?

“È un momento che prendo per me, in cui torno ad avere un contatto con l’ambiente. Quando corri riesci ad ascoltarti un po’, vai al fondo delle cose. È il mio psicologo che mi ascolta e che mi permette di mantenere il mio equilibrio.”

Quarta vittoria al Gran Trail di Courmayeur, ormai sei di casa…

“Si, ma non lo do mai per scontato. È una gara difficile a cui quest’anno tenevo molto perché permette di fare un buon allenamento in previsione del Tor del Geants a settembre.”

Ti vedremo quindi indossare il pettorale del Tor?

“Ho già partecipato quattro volte, l’ultima nel 2017 quando sono arrivato terzo, e inizia a mancarmi. Dopo il 2017 mi sono dedicato a impegni maggiormente agonistici, ma manca l’avventura che il Tor sa regalare, così ho deciso di tornare.”

Speri di poter vivere solo grazie alla corsa?

“No. Il mondo agonistico non mi attira molto, bisogna accettare troppi compromessi. Preferisco viverla come uno spirito libero, cosciente del fatto che una vittoria è bella ma che se non arriva va bene lo stesso. Corro per il puro piacere di farlo, non tanto per i risultati. Non credo che lascerei perdere il mio attuale lavoro per diventare un atleta professionista. A parte che ormai sono vecchio per poterlo fare, poi dovrei fare rinunce che non sono pronto ad accettare.”

Hai un sogno che vorresti realizzare?

“Se si appassioneranno mi piacerebbe correre con i miei figli e, un giorno, vederli andare avanti staccandomi.”

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