Itinerari

5 ferrate facili, ricche di panorami e di storia in Dolomiti

Ferrate sì, ferrate no, ferrate forse. Cinquant’anni fa persino il giovane Reinhold Messner ha dedicato un libro illustrato ai percorsi attrezzati con corde e scalette metalliche. E ha risposto in anticipo alle critiche con la frase “vi ho incontrato talmente tante persone felici, che devo essere per forza a favore”.  Da anni, i fotografi professionisti e i dilettanti che pubblicano le loro immagini sui social mostrano soprattutto le ferrate più difficili, quelle con andamento verticale o strapiombante, tracciate al posto di vie di arrampicata impegnative e riservate agli escursionisti più allenati. Chi vuole impegnarsi dal punto di vista atletico, però, dovrebbe dedicarsi con maggiore soddisfazione all’alpinismo. Mentre molte tra le ferrate più affascinanti sono proprio le più antiche. Percorsi che offrono difficoltà contenute, che sfruttano passaggi (cenge, canali, camini) offerti dalla montagna, e che alternano i tratti facilitati da scalette e corde ad altri dove si cammina, o si arrampica con difficoltà di I e II grado. 

Molti di questi percorsi sono nati per aiutare gli alpini italiani o i Kaiserjäger durante la Prima Guerra Mondiale, e sono stati ben restaurati in seguito. Il Sentiero Benini è il primo tratto della spettacolare Via delle Bocchette. La ferrata Schuster del Sassopiatto, creata oltre mezzo secolo prima, dimostra il fiuto delle guide altoatesine (e di tutte le Dolomiti) nello scovare itinerari poco impegnativi. 

Tutti i percorsi descritti devono essere seguiti utilizzando il kit da ferrata (imbrago, casco, longe, moschettoni a ghiera). Chi vuol condurre con sé inesperti o bambini deve assicurarli con uno spezzone di corda, e quindi avere una buona pratica di alpinismo. A inizio stagione, in varie zone, possono servire (e molto) anche la piccozza e ramponi. Gli inesperti possono seguire in sicurezza le ferrate, facili o difficili che siano, affidandosi a una guida alpina. 

Dolomiti di Brenta, Sentiero Benini

(dislivello in salita 600 metri, in discesa da 600 a 1000 metri, 6.30 ore a/r)

La Via delle Bocchette, tracciata sulle cenge del Brenta, è una rete di percorsi che offrono difficoltà variabili. Il Sentiero Benini, il suo tratto più settentrionale, è facile ma richiede attenzione nei lunghi tratti non attrezzati. In discesa possono servire piccozza e ramponi. Da Campo Carlo Magno si sale in cabinovia al Passo del Grostè (2442 m) e al rifugio Stoppani, da cui un sentiero porta ai piedi della Cima Grostè e all’attacco (2700 m). Si seguono delle lunghe cenge non attrezzate, si gira uno spigolo, si supera una corda fissa e si scende alla Bocchetta dei Camosci (2784 m). Si riprende a salire per cenge, si arriva alla base (2910 m) della Cima Falkner, poi si scende con una serie di passaggi attrezzati alla Bocca Alta di Vallesinella e a un bivio. Da qui si può scendere a sinistra alla Bocca di Tuckett (2615 m), da cui si scende per un ripido nevaio ai rifugi, oppure si segue il sentiero Dallagiacoma, con altri tratti attrezzati, che permette di evitare la neve. Dai rifugi Tuckett-Sella (2272 m) si torna al Passo del Grostè, oppure si scende al rifugio Graffer e alla stazione intermedia dell’impianto (2075 m). 

Sassopiatto, ferrata Schuster

(dislivello 850 metri, 7 ore a/r)

L’itinerario più bello del Sassopiatto è stato ideato nel 1896 dal medico Oskar Schuster. Attrezzato solo in parte, è stato modificato e riattrezzato dopo la frana del 2010. Dal Resort (ex-rifugio) Passo Sella (2180 m) si sale in cabinovia alla Forcella del Sassolungo e al rifugio Toni Demetz (2681 m). Un ripido sentiero (piccozza e ramponi a inizio stagione) scende al rifugio Vicenza (Langkofel Hütte, 2253 m), da cui si risale all’attacco della ferrata (2550 m). Si superano una rampa e un canalone (I e II grado), si traversa a destra, e ci si alza a zig zag su una parete attrezzata. Dalla Forcella delle Torri si superano una placca e una scala metallica, poi si continua con facile arrampicata fino alla vetta (2958 m). Si scende sul sentiero della via normale verso il rifugio Sasso Piatto, che si può toccare (2300 m) o evitare per una scorciatoia. Lungo il sentiero Federico Augusto si torna verso i rifugi Pertini (2300 m), Federico Augusto (2298 m) e Salei (2225 m) e il punto di partenza. 

Cresta di Costabella, sentiero Bepi Zac

(dislivello 600 metri in salita e 920 in discesa, 5 ore a/r)

Questa facile e spettacolare ferrata, che tocca la Cima di Campagnaccia e la Cima di Costabella, traversa trincee e gallerie austro-ungariche e poi italiane. Dal Passo San Pellegrino (1918 m) si sale con la seggiovia Paradiso. Dall’arrivo (2275 m), un sentiero e una carrareccia portano al Passo delle Selle e al suo rifugio (2545 m). Si riparte per un sentiero ghiaioso, poi si seguono corde e passarelle sulla cresta del Lastei Piccolo e si esce sulla Cima di Campagnaccia (2737 m). Si raggiunge la Cima di Costabella (2762 m), si supera un tunnel e si sale ai torrioni del Castello di Costabella. Scale di legno e un sentiero sulle ghiaie portano alla Forcella del Ciadin (2650 m), poi si continua su terreno più facile. Alla fine conviene scendere al rifugio Baita Paradiso e al Passo San Pellegrino.    

Lagazuoi Piccolo, per la Cengia Martini e il tunnel italiano

(770 metri di dislivello, da 3.30 a 5 ore a/r)

I tunnel italiani del Lagazuoi e le postazioni degli alpini sulla Cengia Martini, restaurati una ventina di anni fa, offrono uno degli itinerari più classici delle Dolomiti. Oltre al kit da ferrata necessario avere una pila frontale. Dal Passo Falzarego (2105 m) si sale alla base delle rocce, si va a sinistra e si affronta la ferrata che porta a un tunnel, a un profondo canalone e a una caverna (2400 m). Verso sinistra, per la facile Cengia Martini, si raggiungono delle casermette italiane. Tornati alla caverna si inizia a salire per il tunnel, attrezzato con gradini e con qualche finestra. Oltre una baracca-dormitorio ricostruita, un tratto a spirale porta all’uscita del tunnel. Costeggiato il dirupo creato nel 1917 dallo scoppio della mina, si toccano le trincee austriache e si sale al rifugio Lagazuoi (2752 m), e alla vetta sel Piccolo Lagazuoi (2788 m), meraviglioso belvedere. In discesa si può scegliere tra la funivia e il sentiero che tocca le forcelle Lagazuoi e Travenanzes, e poi riporta al Passo Falzarego.

Monte Paterno, per il sentiero De Luca-Innerkofler

(500 metri di dislivello, 4.30 ore a/r)

Le Tre Cime di Lavaredo sono un’icona delle Dolomiti, il Paterno, che le fronteggia da est, conserva importanti memorie della Grande Guerra. Anche qui serve la pila frontale. Da Misurina si sale con la strada a pedaggio al rifugio Auronzo (2320 m), e si continua a piedi per una stradina pianeggiante verso il rifugio Lavaredo (2344 m). Un viottolo sale a Forcella Lavaredo (2454 m), da cui appaiono le pareti Nord delle Tre Cime.  In discesa e poi in salita si raggiunge il rifugio Locatelli-Innerkofler (2405 m), perfetto belvedere sulle Tre Cime. S risale un tunnel, si esce a sinistra, e si sale per una facile ferrata fino alla Forcella del Camoscio. Una parete verticale e un sentierino esposto portano in vetta al Paterno (2744 m). In discesa, tornati alla Forcella, si va a destra per un sistema di cenge. Dopo un passaggio esposto, un breve tratto attrezzato e un tunnel si torna a Forcella Lavaredo e al punto di partenza.  

Potete trovare altri percorsi attrezzati in Dolomiti all’interno dello speciale di Meridiani Montagne “Ferrate in Dolomiti”

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2 Commenti

  1. all’attacco, collocherei il distributore di numeri e poi il tabellone luminoso di chiamata gestita da software, come nei cup e astanterie ospedali…e bagni chimici lungo il percorso…pensili nel vuoto strapiombante.

  2. la ferrata Bepi Zac è attualmente ufficialmente attualmente chiusa, c’è chi considera chiuso solo il primo tratto, quello che va dal passo delle Selle alla forcella del Ciadin, che è poi quello più interessante dal punto di vista storico, io avendoli percorsi entrambi A/R sino a Cima dell’Uomo alcuni giorni fa, ho trovato sicuramente più semplice e sicuro proprio il primo tratto, quindi non ho capito il distinguo che fanno alcuni, è probabile che sia da considerarsi chiusa nella sua interezza
    da quello che ho letto, sono state fatte operazioni di disgaggio in alcune zone da una società privata, e poi la società alpinisti tridentini dovrebbero sistemare alcune attrezzature, ma la cosa va avanti dal 2020

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