Mostre e convegni

Walter Bonatti in mostra, un’avventura ai confini dell’uomo

Ha inaugurato il 22 giugno, e sarà possibile visitarla fino al 5 dicembre, la mostra “Stati di grazia” al Museo Nazionale della Montagna di Torino. L’esposizione racconta, attraverso materiali inediti e con un allestimento contemporaneo, la vita di Walter Bonatti. Dieci anni dopo la sua scomparsa, nel giorno del 91esimo compleanno, si aprono quindi le porte al grande Archivio Bonatti (donato dagli eredi dello stesso all’istituzione torinese) su cui il Museo ha lavorato  per diversi anni attuando un cospicuo lavoro di catalogazione e digitalizzazione così da renderlo fruibile a studiosi, ricercatori e appassionati.

A curare la mostra dal punto di vista contenutistico sono Roberto Mantovani, giornalista e caro amico di Bonatti, e Angelo Ponta, che ha avuto il privilegio di lavorare sull’archivio insieme a Rossana Podestà.

La mostra

Apre con le mani di Walter la mostra. Mani grosse, nodose, da scalatore. Da un lato sono poggiate sulla parete ghiacciata della nord del Cervino, sull’altro lato evidenziano le tracce lasciate dagli artigli della tigre di Sumatra. Ed è su questo parallelismo che si gioca tutta la mostra. Il Walter alpinista, che ha chiuso la sua carriera a soli 35 anni sulla nord della Gran Becca, e l’esploratore del mondo orizzontale capace di portare i colori e i profumi delle terre vergini direttamente nelle case delle genti attraverso le pagine del settimanale Epoca. Si percepiscono i profumi della foresta mentre si cammina a pochi passi da quei materiali custoditi con tanta dedizione da Walter. “I post-it sono suoi” ricorda Mantovani durante la visita. Sia lui che Ponta raccontano con emozione ogni passo della mostra, ci terrebbero qui per ore se potessero. Bonatti ha questa capacità di appassionare anche dopo molti anni, anche dopo aver trascorso gli ultimi tre piegati sui suoi materiali di archivio a spulciare ogni aspetto della sua vita. È una storia talmente ricca che offre spunti sempre nuovi. Potenzialmente con i materiali d’archivio si potrebbero curare anni di esposizioni. Qui in mostra ne troviamo solo una minima parte. Una selezione che cerca di raccontare un Bonatti contemporaneo ai suoi e ai nostro giorni, sospeso nel tempo. In fondo la sua avventura, che sia verticale od orizzontale, fa sognare ancora oggi. Lasciano di stucco i materiali utilizzati dallo scalatore per le sue esperienze verticali: dalla corda del Cervino, alla borraccia de Petit Dru; cunei di legno; chiodi; le prime pedule di arrampicata su cui Mantovani fa osservare il particolare consumo della suola, utile a comprendere la tecnica utilizzata da Bonatti.

L’esploratore racconta di minuzia e curiosità, della voglia di scoprire lui stesso prima di far conoscere agli altri. Qui compaiono finalmente le “foto di Walter con Walter”, quella sua presenza negli scenari attraversati che ha reso celebri i suoi reportage. Nelle pagine, che in mostra diventano passi attraverso gli ambienti, osserviamo l’evolversi del pensiero bonattiano. La ricerca di un contatto sempre più sincero con la natura e con gli animali. Infine ci ritroviamo nel suo studio a osservare la sagoma del Legnone, nelle Orobie, fuori dalla finestra della sua cada di Dubino. Al tavolo la macchina da scrivere “Everest K2” con cui ha confezionato i suoi scritti, su cui ha cercato ispirazione. È il luogo di Walter, forse quello più intimo e personale, a chiudere la narrazione di un uomo che ha saputo fare della sua vita qualcosa di eccezionale.

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