Bike

Vi racconto la “mia” HERO Südtirol Dolomites

Scenari unici, salite massacranti e discese adrenaliniche. Sono questi gli elementi della BMW HERO Südtirol Dolomites, la maratona di mountain bike più dura al mondo andata in scena lo scorso 12 giugno. Due i percorsi di gara che hanno visto oltre 2800 bikers sfidarsi sui sentieri dolomitici: il tracciato lungo da 84 chilometri e 4500 metri di dislivello, e quello corto da 62 chilometri e 3200 metri di dislivello. Tra i partecipanti, sul percorso lungo, anche noi di Montagna.tv con il nostro Mirco Robaldo che ha potuto godere di questa esperienza unica in sella alla sua bici. Si, perché la Hero è prima di tutto un’esperienza e dopo una gara.

“Per gli atleti è la competizione per eccellenza: difficile, impegnativa, in un contesto naturalistico meraviglioso” spiega Gerhard Vanzi, organizzatore. “Ci sono sportivi che hanno gioito maggiormente per la vittoria alla Hero che per il campionato del mondo”. Per gli amatori il discorso cambia, “l’obiettivo è raggiungere il traguardo”. Ognuno porta con se la propria vittoria personale quando si taglia la linea dell’arrivo. Non c’è classifica che tenga, ci si sente protagonisti, vincitori. “Molti piangono, esultano dalla gioia. Possono dire di esserci riusciti.

L’esperienza

“Non sono un appassionato di gare in mountain bike, ma la HERO è talmente iconica che farla almeno una volta nella vita, e concluderla, regala una soddisfazione enormecommenta Robaldo. “Nel mio caso la voglia di provare deriva anche dall’aver partecipato alla Sellaronda Trail Running (oggi DoloMyths Run Sellaronda Ultra Trail, nda). Ora che ho fatto la HERO mi manca solamente la Sellaronda Skimarathon per poter morire felice”. Scherza Mirco, reduce dalle fatiche dalla gara. “Non ho l’esperienza per poter dire se davvero è la gara più dura al mondo. Quello che so è che ci sono tante salite in cui spingi la bici perché non riesci a pedalare. Non solo io, praticamente tutti”. Quella che da Arabba porta fino ai 2359 metri, punto più alto della gara, è la più dura. “Almeno 40 minuti a spinta, dove però sono riuscito a far valere le mie doti di ex corridore”.

Dopo ogni salita arriva una discesa e allora giù a tutto gas. “Con una bici full mi sono divertito tantissimo. Anche nei punti tecnici, dove molti scendevano, se non c’erano tappi riuscivo a filare via rapido e morbido. Uno dei punti più belli sicuramente il single track che dal Pordoio scende a Canazei. Vai veloce, devi saper gestire la bici ma ti diverti tantissimo”.

Sportività prima di tutto

Coltello tra i denti e menare sui pedali, ma sempre con rispetto nei confronti dell’avversario. “Ho trovato un clima piacevole”. Il giusto compromesso tra esperienza da vivere e voglia di trovare un buon piazzamento in classifica. “Spesso nelle competizioni lo spirito agonistico va un po’ oltre, ma qui devo dire di essermi trovato davvero bene. Sia in salita che in discesa se arrivavi rapido chi stava davanti cercava di agevolarti il passaggio, non cercavano di fare tappo ostinandosi a non farti passare. Molta gente si fermava a fare foto, a godersi il panorama. Un po’ li ho invidiati perché se la stavano veramente godendo, io purtroppo quando attacco il pettorale abbasso la testa e guardo solo più alla gara”.

Indossare il pettorale della HERO non è cosa per tutti. È la tappa finale di un percorso che può richiedere più o meno tempo, in base alla motivazione che spinge ognuno di noi. “A gare di questo tipo ci si dovrebbe arrivare step by step, partecipando prima ad altre competizioni che aiutino a comprendere il proprio livello di allenamento. Nel mio è andata un po’ diversamente: quando ci sono gare iconiche come questa mi butto e provo a finirle afferma Robaldo. “Non significa ovviamente che non mi sono allenato, anzi. Ho speso moltissimo tempo sia sulla bici da strada, per il fiato, che in mountain bike, per abituarmi alle salite ripide e alle discese tecniche.

Sostenibilità e attenzione all’ambiente

Non capita tutti i giorni di partecipare a una gara che prevede la squalifica per i partecipanti che abbandonano rifiuti al di fuori dei centri di raccolta. “Un monito a tutti per far capire l’importanza del rispetto ambientale e dell’educazione” commenta Vanzi. “Buttare rifiuti in giro non è bello, farlo sui sentieri in quota può anche essere pericoloso per le mandrie che salgono in alpeggio. Una raccomandazione che gli oltre duemila concorrenti hanno recepito in modo chiaro, infatti “lungo tutto il percorso non ho mai trovato nessuna cartaccia fuori posto o abbandonata nel bel mezzo del sentiero” afferma Robaldo. “Al massimo mi è capitato di trovare qualche borraccia, soprattutto nelle discese, andata persa a causa delle sollecitazioni”. Ma anche per quelle è stata messa in campo una concreta soluzione. “Ancora a manifestazione in corso ho potuto osservare alcune persone dello staff che percorrevano i sentieri armati di sacco della spazzatura per raccogliere i possibili rifiuti sparpagliati lungo l’itinerario”.

Insomma, la HERO è un’esperienza tutto tondo che non si ferma a quell’odore di fatica che si mischia a olio e polvere. È una gara da vivere appieno, dove fermarsi a scattare una foto se il panorama lo richiede, dove scendere dalla bici per raccogliere una cartaccia dimenticata, dove guardare agli avversari come compagni della stessa grande avventura e sentirsi tutti, per un giorno, degli eroi senza guardare la classifica.

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