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Buone notizie e lavori in corso, arriva l’estate per i rifugi dell’Abruzzo

Domenica 16 maggio, a Campo Felice, il colombiano Egan Bernal ha conquistato la maglia rosa, ha rifilato forti distacchi agli inseguitori, ha mostrato di poter vincere il Giro d’Italia 2021.

Negli stessi giorni, a poca distanza da lì, un gruppo di uomini e donne si è dedicato a uno sport diverso, lo scavo di grandi quantità di neve con la pala.  L’obiettivo delle giornate promosse dal gestore Eleonora Saggioro con lo slogan “lasciatevi intrap-palare” era di liberare dalla neve il nuovo rifugio Vincenzo Sebastiani, 2102 metri, che sostituirà la vecchia struttura inaugurata nel 1922. Il nuovo rifugio, molto più confortevole del primo, è stato reso possibile da un investimento della Sezione di Roma e della Sede centrale del CAI, e da una sottoscrizione tra gli escursionisti. “La prima neve è arrivata a settembre, poi sul Velino e sul rifugio se ne sono accumulati cinque metri” racconta Eleonora Saggioro. “Anche grazie al lavoro di chi è venuto a spalare, a giugno potremo riaprire il cantiere, e a luglio dare da mangiare a chi arriva. L’inaugurazione sarà il primo agosto”. Nel nuovo Sebastiani, che ha tre camerate, anche con le regole Covid potranno dormire una dozzina di persone. Non si possono sanificare le coperte, e quindi si deve portare il sacco a pelo. Prenotare è ovviamente obbligatorio. 

La situazione è diversa al rifugio Franchetti, 2433 metri, un punto di riferimento del Gran Sasso. La struttura, della sezione di Roma del CAI, si raggiunge dall’Arapietra (se la cabinovia funziona) o dal posteggio di Cima Alta, nel versante teramano. In condizioni normali, le due minuscole camerate del rifugio possono ospitare una ventina di persone, ma qui il distanziamento è impossibile. Il Franchetti tra poco riaprirà ma, come nel 2020, non sarà possibile pernottare. L’estate scorsa è andata bene, siamo riusciti a far mangiare a migliaia di persone, sulla terrazza e all’interno” spiega il gestore Luca Mazzoleni. “La Regione Abruzzo è stata tra le prime ad approvare un regolamento per i rifugi, distinguendoli dalle strutture di fondovalle. In caso di temporale, possiamo accogliere tutti all’interno, bloccando la ristorazione e con obbligo di mascherina. Non ci sono state modifiche, e ci stiamo organizzando con le regole 2020. Se cambieranno, avviseremo i nostri amici-clienti”.

Come sul resto dell’Appennino e sulle Alpi, le regole imposte dal Covid colpiscono duramente i rifugi d’alta quota, piccoli o che sorgono su terreno roccioso, dov’è difficile piantare una tenda. In Abruzzo è nella stessa situazione del Franchetti il Duca degli Abruzzi, 2388 metri, “porta” del Gran Sasso per chi arriva da Campo Imperatore e dall’Aquila. 

Le cose sono diverse per i rifugi che sorgono più in basso, e su terreno aperto. “Nel 2020 abbiamo lavorato bene, ora siamo sommersi dalle richieste. Per la notte abbiamo posto per una dozzina di persone” spiega Dino Montefusco del rifugio di Lago Racollo, 1570 metri, nella piana di Campo Imperatore. Sui Monti della Laga ha già riaperto il rifugio del Ceppo, 1334 metri, che si raggiunge in auto da Teramo o da Ascoli Piceno. Inizia da qui l’escursione alla cascata della Morricana, che al disgelo è ricchissima d’acqua. “Nel 2020 abbiamo finito i lavori, ora siamo andati avanti. Accanto al rifugio ha aperto un maneggio”.
Altri animali, come l’orso marsicano, attirano verso l’Ecorifugio Cicerana, nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise. Per arrivarci si cammina per un’ora o poco più dal rifugio del Diavolo, la quota è di 1540 metri. “Abbiamo già riaperto nei weekend, più avanti lavoreremo anche in settimana. Per la notte possiamo ospitare 4 o 5 persone” spiega Cesidio Pandolfi della cooperativa Ecotur di Pescasseroli, che ha messo in piedi e gestisce il rifugio.
Buone notizie anche dal rifugio Cima Alta, 1680 metri, ai piedi dell’Arapietra, che nell’estate del 2020 ha inaugurato un’ampia zona-tende. E dal rifugio Fioretti, 1530 metri, in Valle del Chiarino, nel settore occidentale del Gran Sasso.

Sulla Majella, la rimozione di un divieto di transito ha reso più facili le cose per i gestori del rifugio Pomilio, del CAI di Chieti, 1892 metri, all’inizio del lungo sentiero che conduce verso il Monte Focalone e il Monte Amaro. Non è certo, invece, se sarà possibile utilizzare il rifugio Manzini, che sorge a 2520 metri, al termine del lunghissimo itinerario che sale da Fara San Martino. Qualche anno fa era in pessime condizioni, nel 2020 i lavori sono quasi finiti. Si attendono informazioni aggiornate dal Parco e dal Comune di Fara. 

Buone notizie anche dal rifugio di Coppo dell’Orso, romantica struttura a 1860 metri di quota, sul confine del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, che si raggiunge in un paio d’ore dalla Fonte Tricaglio, presso di Villavallelonga, o dai Prati Sant’Elia. Trent’anni fa il rifugio è stato recuperato dalla Sezione locale del CAI, che ha preso il nome di Coppo dell’Orso. “Nella scorsa estate è stato tenuto aperto dal nostro socio Romolo Salvati, che ringrazio. Quest’anno, finalmente, diventerà un rifugio CAI a tutti gli effetti. Ma resta una piccola struttura, e chi arriva deve portare il cibo nello zaino” spiega Marina Buschi, presidente della Sezione. 

Le buone notizie dall’Abruzzo rispecchiano quelle dal resto dell’Appennino centrale. Sui Sibillini, stanno per aprire il nuovo rifugio di Casali, nell’omonimo borgo a 1100 metri di quota, e il nuovo rifugio-bivacco Zilioli, 2236 metri, sul sentiero per il Monte Vettore. Nel Lazio, tra il 2020 e i primi, difficili mesi del 2021, hanno lavorato bene il rifugio Viperella, 1806 metri, a Campo Staffi, e il rifugio Rinaldi, sui 2108 metri del Terminilletto. 

Finalmente, in Abruzzo e nelle regioni vicine, i rifugi stanno diventando un pilastro del turismo in montagna. Ma le Regioni, i Comuni e i Parchi hanno cose importanti da fare, e le devono fare in fretta. Per salire al Sebastiani, prima di mettersi in cammino, occorre seguire in auto due strade in cattive condizioni che iniziano da Campo Felice (4 chilometri) o dal Vado di Pezza (6 chilometri). La prima è in Comune di Lucoli, la seconda in territorio di Rocca di Mezzo. Nessuno dice di asfaltarle o allargarle. Dei lavori di manutenzione, però, sono essenziali per consentire di arrivare in sicurezza ai posteggi. Lasciare i due tracciati come sono oggi significa boicottare il rifugio, e ridurre il richiamo turistico dei due Comuni. 

Una questione del genere riguarda i Prati di Tivo, e il Comune di Pietracamela. “Anche quest’anno non sappiamo se e quando la cabinovia dell’Arapietra aprirà” spiega Luca Mazzoleni del Franchetti. Se resterà chiusa, noi potremo sorbirci due ore a piedi invece di una per portare i rifornimenti al rifugio. Sulla strada della Cima Alta, però, si creerà il caos, con ingorghi, posteggio selvaggio e auto intrappolate. Chiudere completamente la strada significa uccidere l’escursionismo ai Prati di Tivo e bloccare il nostro lavoro, ma delle regole e delle navette ci vogliono. Finora il Comune non si è mosso, e la Regione nemmeno” conclude Mazzoleni. I rifugi del Gran Sasso, del Velino e degli altri massicci ci sono. Ma gli altri devono fare la loro parte.     

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Un commento

  1. Non sono d’accordo con la richiesta di permettere un accesso piu facile ai rifugi (Sebastiani, Franchetti, ecc.) intervenendo sulle strerrate presenti. Solo per risparmiare un’ora di strada a piedi? Stiamo parlando di usare i rifugi per ragioni di alpinismo o escursionismo, non per fare turismo o andarsi a mangare un piatto di polenta. Che le auto rimangano a valle, per favore! Anzi, quelle sterrate dovrebbero ritornare allo stato di sentieri.

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