Turismo

I ponti tibetani più adrenalinici d’Italia

Una selezione di 7 ponti tibetani immersi nel verde delle Alpi e degli Appennini, imperdibili

Oggi vi portiamo alla scoperta di 7 località italiane in cui sperimentare la sensazione di camminare sospesi nel vuoto. Stiamo parlando di 7 ponti tibetani immersi nel verde delle Alpi e degli Appennini. Prima di iniziare il nostro viaggio lungo lo Stivale, togliamoci però una curiosità.

Perché si chiamano “ponti tibetani”?

Vi siete mai chiesti l’origine del termine “ponte tibetano?”. La struttura classica dei ponti sospesi, realizzati con tre funi (in corda o acciaio) intrecciate – due parallele per le mani e una in basso a circa 1 metro dalle mancorrenti, che funge da marciapiede, poste a triangolo e stabilizzate da stralli laterali più o meno fitti, distanziati tra 50 e 100 cm – nasce in due aree del mondo molto distanti tra loro.
L’Himalaya, dove le testimonianze più antiche risalgono al 600 d.C e il Sud America, dove risulta che Inca e Maya costruissero strutture similari ben prima dell’arrivo di Colombo. Tutto veniva costruito con corde di fibre vegetali, destinate a deteriorarsi per gli agenti atmosferici e i passaggi, e capaci di rompersi con effetti catastrofici.
In Himalaya la storia dei ponti sospesi si intreccia a quella del monaco tibetano Thang Tong Gyalpo, che nel Quattrocento, si narra, portò alla realizzazione di ben 58 ponti tra Tibet e Bhutan. Strutture quasi identiche, le jola, sono state costruite per traversare i fiumi impetuosi del Karakorum, in Pakistan, e sono state rese celebri dalle immagini delle prime spedizioni alpinistiche.
A rendere (relativamente!) sicuri questi ponti era l’intreccio delle funi, semplice ma geniale, che consentiva di sfruttare il carico di tensione per ridurre l’oscillazione. In parole povere, più le funi erano tese meno si oscillava, soprattutto nella parte centrale del ponte. A cambiare le cose, nel Novecento, è stata la sostituzione delle corde in fibre vegetali con cavi d’acciaio, che hanno reso i ponti assolutamente sicuri. Ciò ha permesso di “esportarli” in Europa, e di farne degli strumenti per divertirsi.
Fatte tali premesse, andiamo a scoprire i ponti tibetani più adrenalinici d’Italia! Ricordiamo che molte di queste strutture devono essere affrontate attrezzati con il kit da ferrata, con imbragatura, moschettoni e longe.

Ponte tibetano Cesana Claviere, Piemonte

Ponte Tibetano Cesana – Claviere. Foto FB

Il Ponte tibetano Cesana Claviere è lungo ben 544 metri, a una altezza da terra di circa 30 metri. Sono in realtà tre i ponti che attraversano in successione le Gorge di San Gervasio, nel territorio di Claviere (TO). Il percorso inizia con il primo ponte (70 metri) che attraversa la Gorgia in senso perpendicolare al suo corso, per poi innestarsi sul ponte principale (circa 400 metri), che da questo punto in poi segue in senso longitudinale il corso delle Gorge di San Gervasio a 30 metri da terra. Alla fine del secondo ponte, un sentiero porta al terzo e ultimo, lungo 90 metri e posizionato a 90 metri da terra.

I ponti di Sasso di Castalda, Basilicata

Ponte alla Luna. Foto Wikimedia Commons @LenaPepe

Nel cuore della Basilicata, a Sasso di Castalda (PZ), si sviluppa un percorso turistico che prevede l’attraversamento di due ponti tibetani in successione. La partenza è dal centro storico del borgo. Si raggiunge in un primo momento il “Ponte Petracca” lungo 95 metri e sospeso a circa 30 metri di altezza. Si prosegue lungo il sentiero che si sviluppa sulla sponda del “Fosso Arenazzo” per raggiungere il “Ponte alla Luna”. Uno spettacolare ponte sospeso, con 300 metri di campata unica, a 102 metri di altezza sul torrente sottostante. Al termine del Ponte si arriva al rudere del castello che domina il borgo.

Ponte Nepalese delle Dolomiti Lucane

Ponte nepalese Dolomiti lucane. Foto FB Matera 2019

Il Ponte Nepalese delle Dolomiti Lucane collega i due punti di partenza delle Vie Ferrate Salemm (Castelmezzano) e Marcirosa (Pietrapertosa), in sospensione sul torrente Caperrino. La lunghezza del ponte è di 72 metri a una altezza massima da terra di 35 metri.
Dal lato di Pietrapertosa il Ponte Nepalese è raggiungibile con un sentiero che passa dall’Antro delle Streghe, il pianoro che si trova in prossimità del torrente. Attraversando il Ponte ci si trova sulla Murgia di Castelmezzano da dove si prosegue utilizzando la Via Ferrata.
Dal lato di Castelmezzano è invece raggiungibile arrivando al punto iniziale della Via Ferrata Salemm, scendendo poi con un tratto di ferrata supplementare fino al ponte. Una volta attraversato ci si trova sul lato opposto vicini al punto di partenza della Via Ferrata Marcirosa di Pietrapertosa. Importante è tenere conto del fatto che il ponte sia per l’appunto parte integrante del percorso delle ferrate.

Ponte della Valpolicella, Veneto

Ponte Valsorda. Foto FB CAI Ostiglia

Una passerella a 52 metri di altezza sopra il torrente della Valsorda. Questo il progetto promosso nel 2012 dalle amministrazioni di Marano e Sant’Anna d’Alfaedo, i due comuni del veronese che si trovano sulle sponde opposte della Valsorda.
Il ponte si inserisce in un percorso escursionistico che parte da Malga Biancari, in località Girotto (dopo il paese di San Rocco), dove è disponibile un ampio parcheggio. Da qui parte il sentiero circolare di 5,7 km che, in circa 2-3 ore (1,5 km dalla Malga), permette di attraversare il ponte tibetano. Attraversato il ponte si prosegue lungo il sentiero verso le grotte di Campore, proseguendo poi verso Mulino del Cao per tornare alla Malga con un ultimo chilometro e mezzo di cammino. Il ponte ha una altezza massima sul Vajo sottostante di 40 metri ed è lungo 52 metri.

Ponte sospeso “Ragaiolo”, Trentino

Ponte sospeso sulle cascate del Ragaiolo. Foto Anna Aceto

In Val di Rabbi, Trentino, è possibile affrontare un percorso affascinante che comporta il passaggio su un ponte tibetano sospeso nel vuoto a 1366 metri di quota, sopra le cascate del Rio Ragaiolo. 60 metri l’altezza da terra, 100 metri la lunghezza del ponte.
Per raggiungere l’imbocco del ponte sulla cascata ci sono due strade: la prima dal parcheggio in località Plan a Rabbi Fonti. Lasciata l’auto si imbocca la strada forestale che porta alla Segheria Veneziana che si trova lungo il torrente Rabbies, proseguendo per Malga Fratte e poi verso la Cascata del Ragaiolo fino all’imbocco del ponte tibetano. Il percorso è lungo circa 7,5 km.
L’alternativa è lasciare l’auto al parcheggio presso le Terme di Rabbi e prendere la strada sterrata, seguendo le indicazioni. Dopo circa un km, all’altezza del ponte sopra il torrente Ragaiolo si prende il sentiero che sale a zig zag fino all’imbocco del ponte tibetano. La strada dal parcheggio all’imbocco del ponte è lunga circa 1,5 km.

Ferrata Dibona, Veneto

Ferrata Dibona. Foto Wikimedia Commons @Pavel Špindler

Il ponte sospeso lungo il percorso della Via Ferrata Ivano Dibona, nelle Dolomiti venete,  nonostante i soli 27 metri di estensione, è tra i più noti d’Italia, e scavalca un’aerea forcella.
Prima di tutto per percorrere la via ferrata dal rifugio Lorenzi sul Cristallo fino a Ospitale, occorrono almeno 6 ore. Serve dunque allenamento. Seconda cosa, il Ponte si trova nella parte iniziale della ferrata, e per raggiungerlo è necessario affrontare una scala metallica, e poi una passerella di legno che porta in un ex tunnel bellico, la Galleria del Ceccino. La ferrata Dibona prosegue sulla cresta del Cristallo, poi scende con altri passaggi attrezzati più facili. Insomma, un lungo, bellissimo itinerario sulle Dolomiti.

Ponte nel cielo in Val Tartano, Lombardia

Ponte nel Cielo. Foto FB

Nel 2016 è stata avviata la realizzazione del suggestivo ponte tibetano che collega oggi Campo Tartano con il maggengo Frasnino, sui due versanti della Val Tartano. La struttura si estende per 234 metri a una altezza di 140 metri da terra. Dal ponte si possono ammirare la sella di Campo Tartano, le vette e i ghiacciai delle Alpi Retiche, la vallata del Tartano, la diga di Colombera, il maggengo Frasnino e l’apertura del fondovalle valtellinese che culmina nel lago di Como.

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4 Commenti

  1. Articolo contradditorio dal momento che nessuno dei ponti citati e rappresentati nelle foto è di fatto un “ponte tibetano”, in quanto non è costruito con i classici tre cavi più o meno collegati da tiranti. Ho l’impressione che oggi di “ponti tibetani” non se ne costruiscano più neanche in Tibet.
    Saluti.

  2. L’andare su un ponte sospeso per sentire un poco di adrenalina mi sembra una roba da gente con molti problemi. nel cervello.

    Quello altissimo al Salbitschijen da anni fa risparmiare ore e fatica 🙂
    Quello di legno della Luesa era proprio antico.
    Tutti quelli moderni sono più acciaio che altro, robe poco affascinanti.

    Io quando ci passo penso sempre che si rompa un cavo….. sono fatti dagli uomini e dopo un po’ si rompono, vedi Genova……
    Però sono sempre molto comodi !

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