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Scoperto enorme vulcano sottomarino in Sicilia

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AGRIGENTO — Si chiama Empedocle. Si tratta di un immenso vulcano sottomarino, esteso quanto l’Etna, e scoperto in questi giorni da alcuni ricercatori italiani. La montagna sottomarina aveva già fatto capolino nel Mar Mediterraneo. Da lì era nato il mistero dell’Isola Ferdinandea, emersa improvvisamente nel 1831 al largo di Sciacca e scomparsa dopo pochi mesi.

Ora Empedocle è stato messo a nudo da alcuni ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) intenti a studiare i banchi vulcanici sottomarini al largo della costa meridionale siciliana.
 
L’isola Ferdinandea infatti, emersa nel giugno del 1831 e inghiottita dalle acque poco dopo, si era stabilizzata una decina di metri sotto il livello del mare. Ma sino ad oggi avrebbe continuato ad emettere dei gas, evidenziando una continua attività vulcanica.
 
I ricercatori cercavano semplicemente di produrre un documentario scientifico-divulgativo, ma la loro avanzata strumentazione – comprensiva di un sonar multifascio e con "rov", un particolare mezzo robotizzato – li ha messi di fronte ad una realtà ben più importante.
 
Ossia un vulcano sottomarino immenso a forma di ferro di cavallo che si solleva solo per circa 500 metri dal fondo del mare, originatosi probabilmente all’epoca della collisione tra africa ed europa di milioni di anni fa. I suoi coni sono proprio i banchi studiati dai ricercatori: Ferdinandea, Terribile e Nerita.
 
Quale nome più azzeccato di Empedocle, per il battesimo? Secondo un’antica leggenda, il filosofo greco scese nel cratere dell’Etna per studiare l’attività vulcanica, e si ritrovò a spuntare in mezzo al mare, a circa 30 km dalla costa siciliana, proprio di fronte a Sciacca. Certo è che i nostri antenati, senza sonar e senza rov, ne sapevano una più del diavolo.
 
Tanta perspicacia è stata riconosciuta dai discendenti odierni, che a conclusione della missione hanno fissato una targa commemorativa dedicata a Empedocle su una roccia del vulcano.
 
Secondo Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, il vulcano non sarebbe tuttavia pericoloso, seppur tuttora attivo. Ricerche più approfondite sono in corso.
 
Il progetto che ha portato alla stupefacente scoperta è coordinato dal professor Giovanni Lanzafame dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), sezione di Catania. E ha coinvolto il consorzio interuniversitario per lo studio delle Scienze del Mare Conisma, alcune università italiane, Mediaste e la casa di produzione di documentari GA&A.
Sara Sottocornola

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