Montagna.TV

Nelle Gole del Raganello non c’era nessun abusivismo

Il 20 agosto 2018 perdono la vita, travolte da quella che fu definitiva una “valanga d’acqua”, 11 persone nelle Gole del Raganello, riserva naturale ricca di grotte e canyon estesa per 1.600 ettari nel Parco Nazionale del Pollino, in Calabria. Il giorno della tragedia ci sono sul posto due gruppi costituiti da 18 escursionisti, il torrente Raganello è ingrossato dalle piogge del giorni precedenti, ma l’allerta è gialla e le guide fiduciose. All’improvviso la piena travolge i due gruppi, tra le vittime una ragazzina di 14 anni e una delle guide che accompagnavano gli escursionisti.

L’accusa di abuso di esercizio della professione di Guida Alpina

Difficili i giorni che seguirono tra le complesse ricerche e le polemiche. Tra queste, anche quella del Collegio nazionale delle Guide Alpine, che sosteneva che l’attività di accompagnamento nelle Gole del Raganello fosse riservata agli iscritti al proprio ordine professionale. “La legge italiana stabilisce che le attività outdoor che si svolgono a livello professionale in ambiente impervio o con utilizzo di dispositivi e di tecniche alpinistiche siano prerogativa esclusiva delle Guide alpinescrivevano le Guide Alpine in un comunicato stampa il 23 agosto -. Fra queste rientra a tutti gli effetti l’attività del canyoning, perché richiede l’uso di tecniche e materiali alpinistici (corda, imbraghi etc.), pertanto in Italia l’unico professionista abilitato ad accompagnare e ad insegnare la pratica del canyoning è la Guida alpina specializzata in questa disciplina“. Per tale motivo, le guide che accompagnano i due gruppi il giorno della tragedia dovevano essere considerate abusive. La posizione delle Guide Alpine era stata aspramente criticata dalle associazioni Guide Canyon e Guide Speleologiche.

L’assoluzione del Tribunale per le due guide del Raganello

La questione è entrata nelle aule di giustizia e pochi giorni fa il Tribunale di Castrovillari ha dato le prime risposte ai fatti della tragedia del Raganello. Il Giudice per l’Udienza Preliminare, al termine del rito abbreviato richiesto dalle guide accusate di aver esercitato abusivamente la professione di Guida Alpina nelle escursioni alle gole del Raganello, ha emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.

La difesa aveva prospettato la radicale insussistenza dell’accusa, non ricorrendo l’ipotesi di reato prevista dalla legge n. 6/89 (c.d. Legge quadro sulle Guide Alpine). La pubblica accusa aveva invece chiesto l’applicazione della massima pena edittale, ossia la condanna a un anno di reclusione e 10.000 € di multa, al netto delle diminuenti di legge. Il GUP  ha accolto in pieno le prospettazioni della difesa, stabilendo che l’attività riservata alle Guide Alpine non è già una generica attività di accompagnamento in aree montane, bensì quella di accompagnamento su qualsiasi terreno che comporti l’uso di tecniche e attrazzature alpinistiche o l’attraversamento di aree pericolose […] e cioè delle zone rocciose, dei ghiacciai, dei terreni innevati e di quelli che richiedono comunque, per la progressione, l’uso di corde, piccozze e ramponi.

Il Giudice ha rimarcato che nel caso delle Gole del Raganello non ricorra alcuna di tali condizioni, basando il proprio convincimento sulla relazione redatta da un Istruttore delle Guide Alpine su incarico degli avvocati della difesa: “La relazione del consulente di parte, guida alpina qualificata, corredata da foto inequivocabili, si presenta del tutto conforme a quanto rappresentato nella relazione dei consulenti incaricati dall’ufficio della Procura della Repubblica” afferma il GUP. “Alla luce di tanto appare evidente di non essere a cospetto di alcun terreno da richiedere l’uso di tecniche ed attrezzature alpinistiche […] considerazione che vale ad escludere la sussistenza del delitto di cui all’articolo 348 cp”.

Una sentenza questa che fa chiarezza non solo su una triste vicenda, ma anche sulle competenze delle guide alpine.

Exit mobile version