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Patagonia. Nuova via sul Fitz Roy per Sean Villanueva e Jon Griffin

Dopo l’epica realizzazione della traversata in solitaria del Fitz Roy, ci aspettavamo forse di vedere Sean Villanueva O’Driscoll in fase di relax? La risposta è scontata ed è no. E infatti, come riportato da Patagonia Vertical, nei giorni scorsi l’alpinista belga, in compagnia del britannico Jonathan Griffin, ha messo a segno una ulteriore impresa patagonica, aprendo una nuova via sulla parete Sud del Cerro Chalten, ovvero il Fitz Roy, ribattezzata “La Chaltenense” (500 m, 7a).

Una mostruosa fessura off-width

Lo scorso 3 marzo i due, come dettaglia Rolando Garibotti, hanno intrapreso la salita lungo la Sud affrontando i primi due tiri della The Colorado Route per continuare poi dritti verso la vetta, lungo una “mostruosa fessura offwidth” . 350 metri in verticale, con una ampiezza di 12 cm circa e qualche breve sezione a camino.

“Era una giornata fredda, zero termico a 2500 metri, e trovandosi sulla Sud hanno avuto a disposizione solo un’ora circa di sole per affrontare i primi 2 tiri e 15 minuti al tramonto prima che sparisse dietro il Cerro Torre. Entrambi hanno riportato lievi congelamenti e le dita di Sean hanno richiesto trattamenti. Anche il loro materiale ha patito parecchio. Le scarpette da roccia, i pantaloni e le giacche sono state strappate dai denti da coccodrillo che la fessura possiede”.

Sean ha raccontato di aver affrontato dei momenti di disperazione, in cui, scivolando qualche centimetro, si è ritrovato senza fiato, alla disperata ricerca di un appiglio per non scivolare. Facendo leva su “qualunque parte del mio corpo, un piede, un ginocchio, una gamba, un braccio”. L’acido lattico l’ha fatta da padrone insomma. “Se ne è formato così tanto nei miei muscoli come mai mi era capitato prima di percepirne”. Una lotta fisica e mentale, ancora una volta affrontata con la grinta e la pazienza che lo contraddistinguono. “Ho dovuto distrarre la mente dal pensiero di mollare” e tornare con tenacia in azione per recuperare i centimetri perduti.

Problemi sono sorti anche per l’attrezzatura a loro disposizione. La fessura necessitava per la maggior parte dell’uso di Camalot #6 ma ne avevano soltanto 2, per cui Sean si è ritrovato a salire “a volte senza lasciare alcuna protezione tra una sosta e l’altra”.

La vetta è stata toccata alle 3:40 del mattino. Un paio di ore di sonno nel sacco a pelo, senza tenda né stufa, per poi iniziare la discesa.

Curiosità: come sempre la musica ha accompagnato l’impresa. Stavolta non il flauto di Sean (presente come compagno d’avventura ma impossibile da suonare per il freddo in cima) ma anche le casse trasportate lungo la via da Jonathan. Alla traccia della via hanno allegato anche la playlist.

Il perchè del nome

Come spiega Garibotti, il nome “La Chaltenense” è stato scelto per onorare la loro lunga permanenza a El Chaltén. Entrambi, a causa o grazie al Covid,  sono rimasti oltre un anno tra le vette patagoniche. La traduzione è un grazie destinato alle popolazioni locali.

“Su una parete percorsa da vie i cui nomi onorano la California, Washington, il Colorado, il Canada e la Gran Bretagna ora c’è una king line che onora El Chaltén. Una via che è una delle più lunghe e complesse off-widths al mondo”.

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3 Commenti

  1. Mi piace questa via !
    Però è una via da sconsigliare a tutti….., Sean arrampica fortissimo sopratutto in fessura 🙂

    Che bel periodo di tempo di alpinismo che mi piace !

  2. La montagna si è sempre chiamata EL CHALTEN.
    Poi un politico le ha dato il nome di un militare.
    Comunque il paese si chiama: EL CHALTEN.
    E la via riprende il nome da: EL CHALTEN! Grazie.

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