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“Insieme l’impossibile diventa possibile”, intervista a Nirmal Purja

Nel gruppo dei 10 nepalesi che hanno realizzato la prima invernale al K2 è l’unico ad aver effettuato la salita senza utilizzare bombole d’ossigeno. Nirmal Purja, il recordman dell’altissima quota, ora si trova a Kathmandu dove sono proseguiti per qualche giorno i festeggiamenti del primato nazionale. L’abbiamo raggiunto per fargli qualche domanda e scoprire alcuni dettagli su questa scalata che oggi appartiene alla storia dell’alpinismo.

Nirmal, partiamo da una domanda banale. Cos’ha significato raggiungere la vetta del K2 in inverno?

“È stata un’impresa storica che ha significato molto, non solo per me ma per tutti i membri della mia squadra. Un momento che rimarrà per sempre tra i momenti speciali della mia vita. Abbiamo spinto i limiti umani un po’ più in là, rendendo possibile l’impossibile. L’abbiamo fatto come una squadra, dimostrando cosa si può fare con solidarietà e unità.

Siamo onorati di aver condiviso questo momento con le comunità di tutto il mondo nel bel mezzo di una pandemia. Siamo stati in grado di trasmettere un forte messaggio positivo.”

Quando avete deciso che almeno uno di voi sarebbe salito senza ossigeno?

“È stata una mia decisione, un progetto che già avevo in mente ma che non avevo annunciato prima della salita. Non sentivo il bisogno di fare un gran chiasso a riguardo.”

Hai comunque deciso di farlo nonostante non fossi completamente acclimatato, giusto?

“No, non lo ero. A causa delle condizioni meteorologiche e dei tempi non ho avuto occasione di trascorrere molto tempo sulla montagna e non mi sono acclimatato adeguatamente. Sono riuscito a dormire solo a 6600 metri, dove si trova il secondo campo.”

Avete deciso di aspettarvi a 10 metri dalla vetta per arrivare in cima tutti insieme. Un gesto a cui avete dato molta importanza, quale significato riveste?

“Ciò che siamo riusciti a fare non l’abbiamo fatto per ottenere un guadagno individuale. Ogni membro della squadra ha lavorato con determinazione e con il desiderio di rendere possibile l’impossibile, per l’umanità tutta e in particolare per la comunità degli alpinisti nepalesi che hanno sempre rappresentato la frontiera degli ottomila metri ma non hanno mai ricevuto il giusto. Il successo è stato uno sforzo di squadra, un simbolo di ardimento, di impegno disinteressato e di unità.”

A proposito, secondo la tua filosofia conta di più la squadra o l’individuo?

“La squadra conta di più, ma anche i singoli devono fare la loro parte.”

Dieci alpinisti nepalesi hanno chiuso il capitolo delle prime invernali sugli Ottomila. Pensi che cambierà qualcosa all’interno della popolazione nepalese, ci sarà un focus diverso sul mondo dell’alpinismo?

“Abbiamo aperto la strada alle future generazioni. Dopo il nostro rientro in patria abbiamo avuto alcune positive discussioni con il governo nepalese e con organizzazioni come la Nepal Mountaineering Association. Spero che possano portare a un maggiore sostegno per i giovani talenti del Nepal.

Penso inoltre che la nostra salita abbia ispirato molte persone in tutto il mondo, quindi ci aspettiamo alcuni cambiamenti positivi a livello globale.”

Con il video di vetta hai scelto di dedicare la cima alla battaglia contro il riscaldamento globale. Una sfida importante, quanto?

“La Terra è la nostra casa e dobbiamo collaborare in modo collettivo per conservarla e far sì che la vita continui ad essere consentita. Dobbiamo perseguire una filosofia sostenibile. Se ci uniamo possiamo rendere tutto possibile! Sto lavorando in modo proattivo ad alcuni progetti che puntano alla sostenibilità in montagna.”

Cosa farai adesso?

“Dovrete solo aspettare e vedere, rimanete sintonizzati!”

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