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Giornata internazionale della montagna, a che punto siamo?

2001, autunno. Beth Schommer mi chiamò al telefono. Si trovava al Palazzo di Vetro, alle Nazioni Unite, dove era riunito il “Gruppo Montagna” degli ambasciatori interessati a celebrare nel miglior modo possibile l’Anno Internazionale delle Montagne, il 2002.

La nascita della giornata internazionale della montagna

Il processo era iniziato a Rio nel 1992 con la storica conferenza sull’Ambiente e lo Sviluppo ed era continuato in Kyrgyzstan nel 1996, dove conobbi molti dei diplomatici “montanari”. Nel novembre del 1998 l’idea dell’Anno Internazionale delle Montagne venne accettata e il 2002 fu indicato come l’anno giusto, ora eravamo alla vigilia.

Il promotore e deus ex machina della riunione era l’ambasciatore svizzero per l’Italia Antonio Bernardini, un giovane valente diplomatico a cui il nostro rappresentante all’ONU, l’Ambasciatore Vento, diede incarico di occuparsi dell’impiccio delle montagne. Lui e Beth Schommer, migrante americana a Bergamo per amor d’Italia e di montagne che avevo inviato a New York dopo aver fatto una lobby feroce a Roma, erano lì a perorare la causa della specificità delle montagne e del loro diritto ad essere considerate influenti. Era la prima volta che l’Italia partecipava da protagonista al “Gruppo Montagne” e ci portammo a casa un risultato importante.

Beth con quella telefonata mi relazionò sulla discussione e mi chiese un suggerimento sul giorno “perfetto” per la Giornata Internazionale della Montagna, che si sarebbe celebrata ogni anno. 11 dicembre” dissi, quasi casualmente, pensando che fosse anche la data giusta per i consuntivi annuali sulle montagne, prima della fine anno. La propose e fu esaudita.

Cosa è cambiato

Sono passati 20 anni e abbiamo capito che le montagne non sono un territorio marginale e problematico, ma una formidabile risorsa di vita. Importanti persino per lo sviluppo economico, magari inizialmente non sempre sostenibile, ma man mano che il tempo è passato la sensibilità ambientale è cresciuta con l’amore per la natura. Gli italiani, è vero, le montagne dimostrano sempre più di amarle, apprezzarle e quasi sempre rispettarle, ma ai loro governanti invece, fatto salvo per alcune Regioni alpine, delle montagne interessa poco. Per loro continuano a essere una rogna con i loro problemi geologici, territoriali, ambientali, di spopolamento e abbandono, di trasporti complicati, lavoro che non c’è. Un grattacapo enorme in cambio di pochi voti di quattro gatti spessp pure suscettibili e individualisti.

I numeri

Sono passati 20 anni e le montagne sono sempre là. È cambiato poco o nulla dal punto di vista statistico globale: il 48% della superficie terrestre si trova sopra i 500 metri di quota, ma sopra i 1000 metri siamo al 27%; all’11% sopra i 2000m. Il 10% della popolazione mondiale vive in montagna, di questa più di 300 milioni tra i 1000 e i 2000 metri; 75 milioni sopra i 2000. L’arco alpino continua misurare 191.000 chilometri quadrati, diviso in 7 nazioni, 43 regioni, 8200 comuni.

Uomo e montagna

Cos’è cambiato invece nel rapporto tra uomo e montagna? tanto per cominciare, se escludiamo Alpi che potremmo definire “montagne di pace” da lungo tempo, a livello globale le montagne hanno spesso continuato a essere luoghi di conflitto: dal Medio Oriente al Kurdistan, dall’Afghanistan al Pakistan fino all’India; in Africa va anche peggio con la fascia dell’equatore tra Nigeria e Somalia passando per il Congo, l’Etiopia e il Sudan che è un coacervo di sanguinosi conflitti; e in Sud America le montagne vengono utilizzate dalle guerriglie come rifugi e campi di addestramento o coltivazione di droga.

Detto questo, le montagne sono anche diventate luoghi dove l’uomo sta tentando di recuperare la sua relazione con la natura. Tra i due conflitti “dichiarati” del Kashmir a oriente e del Afghanistan a occidente, il Pakistan sta provando a realizzare la più grande regione a tutela naturale differenziata del mondo, se si esclude l’Antartide, che è piuttosto disabitato. Un piano, supportato dall’Italia, grandioso ed emblematico, che fa sognare un mondo migliore. Mentre i cinesi costruiscono a scopo imperiale strade in Karakorum fin sotto cime “sacre” come il K2 (lo avevano già fatto all’Everest molti anni fa) e dentro valli segrete, proprio al Tetto del Mondo stanno tentando una marcia indietro nel nome della natura e di un approccio meno violento dal punto di vista antropico e turistico, speriamo sia vero. Certo, il Tibet non è un luogo di pace, convivenza e democrazia, ma la linea green del potere centrale cinese, qual che sia il reale scopo, forse qualche vantaggio alla natura lo porterà.

Ma in tutta l’Asia le popolazioni delle montagne soffrono ancora di isolamento, povertà, scarsa educazione e spesso sfruttamento delle risorse a vantaggio di coloro che vivono nelle pianure, come per l’acqua o il legname. Succede anche in Europa, dove le montagne soffrono ancora, nonostante l’invito del 2002 fosse stato raccolto da molti centri di ricerca, in Italia con l’Istituto Nazionale delle Montagne, EvK2CNR, l’Eurac di Bolzano e poi anche l’università della Montagna di Edolo e l’Università di Chieti e altri, non ultima la FAO con la Mountain Partnership. Soggetti che hanno provato a realizzare ciò che 20 anni prima pareva una missione fondamentale per le montagne italiane e di tutto il mondo: “Promuovere la conservazione e lo sviluppo sostenibile delle regioni di montagna. Favorire la conoscenza degli ecosistemi montani. Tutelare la vita e la cultura di tutte le popolazioni di montagna. Facilitare la cooperazione a livello regionale e internazionale sulle montagne. Promuovere lo scambio e la divulgazione delle informazioni a ogni livello sulle montagne. Giungere al riconoscimento formale e legislativo della specificità delle montagne”. Parlando dei tempi attuali viene da pensare alla visione e versione green dello sviluppo e all’economia circolare, attitudini e azioni per le quali la montagna si presterebbe magnificamente. Basterebbe volerlo, investirci.

Lo sport e l’alpinismo

C’è poi il mondo dello sport e dell’alpinismo. Alcuni sport (o meglio sportivi) le montagne le usano semplicemente come una palestra di difficoltà, per allenarsi ed esprimere la propria capacità atletica, a volte organizzativa. Ma la montagna è potente e anche se sei un “Kilian” e corri come un disperato sul Monte Bianco, la montagna riesce a entrare nel tuo cervello e cuore. 200 anni e più di alpinismo hanno costruito un pensiero attorno agli uomini della montagna che difficilmente si disgiunge dalle parole “passione” e “amore”.

Lo sport e l’alpinismo sono buona, spesso ottima cosa purché non pensino di rappresentare in esclusiva le montagne. Sono invece tasselli, importanti di esse. Lo sono anche per il turismo che spesso è la linfa economica che tiene in vita le comunità e gli uomini sulle montagne. Ma attenzione, che sia responsabile e sostenibile, anche esteticamente.

A che punto siamo

A che punto siamo? Difficile rispondere. L’11 dicembre ognuno dovrebbe non solo festeggiare le montagne, ma anche farsi un esame di coscienza. Cercare di capire se e quanto abbia contribuito a che gli intendimenti lanciati allora siano diventati realtà o perlomeno un processo, una consapevolezza diffusa. Quanto è diventato politica, di quella vera, rara e preziosa che fa le cose e governa con virtù territori e regioni. Montani per quel che ci riguarda, ma non solo.

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