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Un museo per ricordare la tragedia della diga del Gleno

Nel 2023 saranno trascorsi 100 anni dal Disastro del Gleno. Era il 1 dicembre 1923 quando la diga realizzata sul torrente Gleno, in Val di Scalve, crollava causando oltre 300 vittime. Una tragedia ricordata come “il piccolo Vajont”. Negli scorsi giorni, in occasione del 97esimo anniversario, la Giunta regionale lombarda ha deliberato l’approvazione dello schema di convenzione tra Regione e Comunità Montana di Valle di Scalve per la progettazione e realizzazione del Museo della diga del Gleno nel Comune di Vilminore di Scalve (BG).

Un polo museale innovativo

Alla Comunità Montana di Valle di Scalve, individuata come soggetto promotore delle attività per la realizzazione del museo, spetta il compito di individuare un immobile da recuperare per istituire il polo museale. L’edificio sarà dotato esternamente di una palestra di roccia e un anfiteatro per accogliere gli spettatori. L’investimento totale sostenuto da Regione Lombardia ammonterà a circa un milione di euro. I lavori di recupero saranno distribuiti su due anni, così da poter inaugurare il Museo, che assicurano si avvarrà di criteri espositivi innovativi, in occasione del centenario della tragedia.

“È con grande soddisfazione e con la piena consapevolezza che si tratti di un doveroso atto di memoria e di cordoglio collettivo, che diamo il via alla realizzazione del Museo dedicato alla tragedia della Diga del Gleno – le parole dell’assessore regionale all’Autonomia e Cultura, Stefano Bruno Galli in occasione della delibera, come riportato dal quotidiano L’Eco di Bergamo – . Proprio oggi ricorre il novantasettesimo anniversario di quell’evento drammatico, che distrusse la Valle di Scalve e, per effetto della violenza dell’acqua liberata dalla diga, dilagò anche in Valle Camonica, abbattendosi sulle persone e sulle abitazioni, devastando le comunità con la sua forza distruttiva e causando quasi quattrocento morti. Anche gli eventi luttuosi, che scandiscono le vicende delle comunità, devono essere ricordati per fare i conti con la storia e con il passato“.

Il Disastro del Gleno

La diga del Gleno fu costruita a una quota di 1500 metri, ai piedi del Monte Gleno (2880 m), allo scopo di produrre energia elettrica nelle centrali di Bueggio e di Valbona. Il lago artificiale derivante, esteso su una superficie totale di 400.000 metri quadrati, avrebbe dovuto contenere sei milioni di metri cubi d’acqua. Ad alimentare il bacino avrebbero contribuito i Numerosi i torrenti Povo, Nembo e da affluenti minori.

La sua storia, come anticipato, ricorda in piccolo la vicenda del Vajont. Fin dall’inizio dei lavori di costruzione insorsero infatti dei problemi. I materiali utilizzati apparivano scadenti, ma l’invio di ispettori non fermò le procedure. Addirittura il progetto presentato e approvato dal Genio Civile subì modifiche non autorizzate, passando da diga a gravità a diga mista con archi multipli. Si sarebbe in tal modo diminuito il volume della muratura con conseguente risparmio di materiale.

La conseguenza dei lavori così raffazzonati fu il verificarsi delle prime perdite dalla diga fin dal primo riempimento, a seguito di forti piogge nell’ottobre 1923. Nonostante i segnali preoccupanti, i paesi a valle non furono allertati né messi in sicurezza.

Il 1 dicembre, alle 7.15 del mattino, la diga crollò. I sei milioni di metri cubi di acqua scesero a valle con prepotenza, trascinando con sé paesi e vite. L’acqua raggiunse per primo Bueggio. A seguire furono travolti Dezzo, Angolo, Mazzunno, Gorzone, Boario e Corna di Darfo. 45 minuti più tardi del crollo le acque raggiunsero il Lago d’Iseo. Le vittime ufficiali furono 356 ma, come nel caso del Vajont, la loro conta risulta incerta.

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