Rifugi

Una buona notizia dall’Abruzzo, nasce il nuovo rifugio Sebastiani

Per quasi un secolo, fin dalla sua inaugurazione nel 1922, il piccolo rifugio che ricorda Vincenzo Sebastiani accoglie i visitatori del massiccio del Velino. 

Il rifugio Sebastiani sorge a 2102 metri di quota, poco a monte del Colletto di Pezza, in Abruzzo ma a poche centinaia di metri dal confine con il Lazio, può essere raggiunto dal Piano di Pezza e quindi da Rocca di Mezzo, oppure dal versante di Campo Felice. In estate, ogni anno, lo raggiungono molte migliaia di escursionisti a piedi, e la sconnessa carrareccia della Valle del Puzzillo può essere percorsa anche con una mountain-bike. Fanno spesso tappa al rifugio le rare cordate che affrontano la friabile parete Est del Costone occidentale, e quella di roccia molto più solida dello Jaccetto di Pezza, accanto al sentiero di Colle dell’Orso. D’inverno si arriva al Sebastiani con ai piedi le ciaspole o gli sci.

Nelle ultime estati, grazie al gestore Eleonora Saggioro e ai colleghi e colleghe che lavorano insieme a lei, il rifugio Vincenzo Sebastiani è diventato anche un punto di riferimento culturale, con concerti, eventi gastronomici, presentazioni di libri e serate dedicate all’osservazione delle stelle. Il rifugio, insomma, è una presenza importante per tutti gli appassionati di montagna dell’Italia centrale, e anche per i turisti (numerosissimi nell’estate del 2020) che visitano l’Altopiano delle Rocche, Campo Felice e il Parco Sirente-Velino. 

Il nuovo rifugio Sebastiani

Dallo scorso mese di luglio, il rifugio Sebastiani è chiuso. Il cantiere del nuovo edificio viene osservato dall’esterno, con curiosità, dagli escursionisti e dai biker che frequentano la zona. Dopo averlo visitato di persona, posso testimoniare che il nuovo rifugio, nonostante le dimensioni contenute, segnerà un grande e necessario balzo in avanti rispetto al precedente. I posti-letto a disposizione degli escursionisti saliranno da 13 a 25. Dei serbatoi capaci di accogliere 28.000 litri di acqua piovana risolveranno almeno in parte il problema del rifornimento idrico. La cucina e gli altri spazi dedicati ai gestori diventeranno molto più confortevoli. Ci sarà anche un nuovo locale invernale. 

Per rispettare la storia, e la memoria di Vincenzo Sebastiani, il vecchio rifugio in pietra edificato nel 1922 è stato in buona parte conservato. Le parti nuove sono costruite quasi completamente in legno, l’intera struttura verrà dotata di nuovi infissi, di un impianto fotovoltaico e di una coibentazione adeguati. L’intervento sul Sebastiani costerà oltre 200.000 euro, per due terzi a carico della nostra Sezione e per un terzo a carico del CAI nazionale” spiega Massimo Caratelli, ingegnere e presidente della Commissione rifugi del CAI Roma. Tutte le imprese coinvolte, dalla Legnoe… del fratelli D’Ostilio di Teramo, alla Ridolfi di Avezzano e alla Baliva Immobiliare di Celano, hanno lavorato in maniera esemplare, nonostante l’ubicazione scomoda e inconsueta del cantiere, a oltre duemila metri di quota” aggiunge Daniele Costanzo, architetto, socio del CAI Roma e direttore dei lavori.

Ogni volta che salgo fin qui mi emoziono” ammette Eleonora Saggioro, romana ma residente a Terranera, sull’Altopiano delle Rocche, che gestisce da vent’anni il rifugio che ricorda Vincenzo Sebastiani, un alpinista, sciatore e vigile del fuoco romano caduto nel 1917 a Gorizia. All’inizio ho sottovalutato l’impegno necessario, tant’è che mi ero illusa di poter aprire un posto di ristoro provvisorio accanto al cantiere. Poi mi sono resa conto delle dimensioni dell’impegno, e salita fino al Sebastiani quasi tutti i giorni” prosegue Saggioro. Il rifugio da tanti anni è il mio posto di lavoro, ma continuo ad avere un’idea romantica di queste strutture in montagna. Il Sebastiani non appartiene solo alla Sezione di Roma del CAI o al territorio, in questo caso ai Comuni di Rocca di Mezzo e Lucoli e il Parco Regionale Sirente-Velino. Il rifugio un bene comune di tutti gli appassionati di montagna. Per questo motivo ho sempre chiesto la collaborazione di tutti, e oggi mi sento di chiedere anche un contributo economico”. 

I lavori per il nuovo Sebastiani, a causa del Covid-19, sono iniziati in ritardo sul previsto , e quindi a luglio inoltrato. Anche per questo motivo nonostante l’impegno dei volontari e delle imprese coinvolte, il cantiere chiuderà soltanto a fine ottobre, a ridosso della prima neve dell’inverno. E’ possibile (ma non certo) che Eleonora Saggioro e la Sezione di Roma del CAI riescano a organizzare una festa di fine lavori nel tardo autunno. Ma la vera riapertura, con il rifugio funzionante e gestito, non potrà avvenire prima della primavera del 2021. 

Tra i problemi da risolvere, in vista della riapertura del rifugio, è la sistemazione delle strade sterrate, oggi in condizioni cattive o pessime, che salgono da Rocca di Mezzo e dal rifugio del Lupo a Capo di Pezza, e dalla rotatoria di Campo Felice alla vecchia miniera della Valle Leona, in territorio di Lucoli. Molti potenziali visitatori del rifugio, quando si trovano davanti a questi tracciati sconnessi, rinunciano e allungano quindi notevolmente la camminata. Alcuni di loro, soprattutto con il caldo dell’estate, rinunciano proprio a salire. Senza un intervento sulle strade, il numero degli escursionisti diretti al Sebastiani e alle vette vicine (Costone, Punta Trento, Pizzo Cafornia, Velino…) verrà inevitabilmente limitato, e il contributo del rifugio all’economia del territorio sarà inferiore al possibile. E’ utile ricordare che i 200.000 euro investiti dalla Sezione di Roma e dalla Sede centrale del CAI non coprono interamente le spese dell’intervento sul Sebastiani. Chi vuole può contribuire con un versamento, anche di dimensioni modeste. Le istruzioni per farlo si trovano sulle pagine social di Eleonora Saggioro e del Sebastiani.

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3 Commenti

  1. Un rifugio che necessita di STRADE per agevolare l’arrivo dei “clienti escursionisti”, è solo un bar di montagna. La natura e l’economia sono due realtà incompatibili, meglio parlare di SFRUTTAMENTO DEL TERRITORIO, con tutti i danni che ne conseguono: rifiuti, degrado ambietale, perdita di biodiversità, compromissione della wilderness, dissesto idrogeologico, traffico, inquinamento, dispersione dei principi etici, aumento indiscriminato delle frequentazioni di individui dannosi, aumento degli incidenti in montagna.. mi fermo qui perchè tanto sono parole sprecate.
    LE MONTAGNE DOVREBBERO ESSERE CONSIDERATE UN SANTUARIO, invece le trasformate inesorabilmente in un luna park nauseante, convinti di sostenere il territorio con l’ipocrisia da imprenditori di centri commerciali (le foto pubblicate danno già l’idea dell’intrusione e del danno perpetrato).

    1. Gentile Luigi,
      perchè essere così negativo verso persone che dedicano la loro vita a presidiare un Rifugio e che esprimono le cose che non vanno ?
      Dopo tutto si parlava della strada di accesso al parcheggio e non di una strada per arrivare in auto al rifugio che sta a ben 2000 mt di quota.
      Le strade carrarecce sono state fatte quando io e te ancora non eravamo nati, e spesso fungono anche da strade di servizio per i mezzi antincendio. Direi dunque che la mancanza di manutenzione è un danno alla salvaguardia del territorio.
      Lo scempio di cementificazione che è stato fatto in passato era dettato da interessi economici, oggi i tempi sono cambiati, e per fortuna con le cubature non ci si arricchisce più nessuno.
      L’escursionismo è in grande crescita e forse è il migliore antidoto alla digitalizzazione dei cervelli dei nostri figli. Ben venga quindi che il CAI investa i soldi delle quote, per la manutenzione delle strutture, le migliorie, ed eventuali ampliamenti se la frequentazione lo richiede. Credimi, in Appennino non ci si arricchisce nessuno coi Rifugi. e tu tranne a ferragosto, troverai sempre dei luoghi isolati, santuario della natura incontaminata.
      Marco

  2. Passai al Sebastiani alcuni anni fa, non sapevo delle capacità e dei meriti della gestrice, le faccio dunque i miei complimenti, per il lavoro svolto, e per quello che potrà svolgere in futuro con una struttura migliorata.
    Mi occupo ormai da anni, come volontario, dell’allestimento di quattro stazzi nel Parco Abruzzo, messi a disposizione dal Comune di Opi per un utilizzo “Bivacco custodito” per gli escursionisti.
    C’è un gran bisogno di persone volenterose che possano, con la loro passione, mantenere in vita e in funzione le numerosissime strutture sparse per il centro Italia, che non hanno nessuna possibilità di garantire un reddito stabile, ma concorrono, ciascuno nel suo piccolo, a diffondere il messaggio di fruizione educata del territorio.
    Il “rifugio di montagna” da oltre un secolo, ha permesso di pianificare al meglio le imprese alpinistiche, e consente oggi, anche alle persone meno sportive ed atletiche, di godere di itinerari lunghi da dividere in due giorni.
    Pertanto un augurio, e un incoraggiamento, che riaprano molti fabbricati attualmente chiusi, con nuovi ed efficaci modelli di gestione.
    Marco

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