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Quattro storie di gatti ad alta quota

Si celebra oggi, 8 agosto, la Giornata Internazionale del Gatto. Una celebrazione introdotta nel 2002 dall’International Fund for Animal Welfare, che cade in un mese delicato per gli amati felini. Nelle settimane di agosto aumenta infatti annualmente il tasso dei loro abbandoni. Vi starete chiedendo quale sia il legame tra gatti e montagna che ci porta oggi a segnalarvi questa particolare ricorrenza. Ebbene, stiamo per dimostrarvelo. Vi racconteremo ben quattro storie di gatti alpinisti, tra successi e salite mancate per un soffio, o meglio una zampa.

Il gatto del Cervino

Iniziamo con il ricordare la vicenda del gatto alpinista salito in vetta al Cervino nell’estate del 1955. È il 26 luglio quando i fratelli Jean e Daniel Pellissier raggiungono la vetta del Cervino assieme ad alcuni clienti. Sulla cima sembra però esserci già qualcuno. Si sente un miagolio e il gruppo inizialmente pensa che si tratti di voci provenienti dal versante svizzero. Premessa doverosa: il giorno precedente le due guide avevano già udito degli strani miagolii. Di fronte alla perplessità di Daniel, Jean aveva esordito con un “Ma dove pensi di essere! Qui non si sentono le voci come è successo ad Achille Compagnoni sul K2!”. Ma il ripetersi della circostanza fa svanire l’ironia di Jean, cui tocca ammettere che si tratti di un gatto.

E così, prima di arrivare alla croce con i clienti, va a cercare il felino. Ed eccolo lì. Dopo pochi passi la guida vede spuntare le orecchie pelose da una cengia poco più in basso. Il micio, bianco e nero, appare infreddolito e non mostra reticenze a saltare in braccio al suo salvatore. Jean torna in vetta col nuovo amico, che viene rifocillato con té e biscotti. Non mancherà la canonica foto di vetta, che potete trovare in gallery.

La storia non finisce qui. Il gatto fu venne adottato dalla famiglia Maquignaz, gestori del rifugio Oriondé e divenne celebre, finendo addirittura su testate nazionali. Non mancarono le polemiche sul fronte svizzero, con rivendicazioni di proprietà dell’abile micio alpinista. Si diceva fosse scappato infatti o alla cuoca del rifugio Holry o alle guide di Zermatt che lo tenevano alla capanna Solvay come aiuto contro i topi. A un certo punto il gatto scomparve, per poi ricomparire, imbalsamato, su un armadio della sala da pranzo dell’Hotel Punta Maquignaz di Cervinia.

Graf e la rinuncia all’Elbrus

In tempi più moderni è balzato agli onori della cronaca il micio Graf. Nell’ottobre del 2016 Graf, alpinista a quattro zampe russo, è partito alla conquista della vetta più alta del continente europeo: l’Elbrus (5642 m). Questa volta non parliamo di fughe in solitaria ma di una cordata ben rodata e attrezzata. Prima dell’Elbrus il gatto ha infatti collezionato varie salite in compagnia del suo proprietario, Andrey Ostanin. Purtroppo il meteo avverso ha costretto i due alla rinuncia a causa di una improvvisa tempesta di neve. Inoltre erano già in difficoltà per la perdita di un thermos, per cui sarebbe stato ulteriormente rischioso proseguire solo con una bottiglia d’acqua.

Il sogno di Andrey era di far diventare Graf il primo gatto alpinista al mondo. E quasi è riuscito nell’impresa. Per certo ha avuto modo di appurare che il micio non abbia sofferto di mal di montagna. E non ha neanche mostrato segni di stanchezza, avendo affrontato quasi tutta la salita poltrendo nello zaino. Giusto qualche sgranchita alle zampe, con guinzaglio di sicurezza. E nelle notti più fredde, onde evitare problemi di congelamento nonostante il termo-vestito speciale indossato dal felino, Andrey lo ha tenuto stretto a sé nel sacco a pelo. Cosa non troppo gradita, ad essere sinceri.

Un micio a 2500 metri sui Tatra

Nell’ottobre 2018 un escursionista polacco, Wojtek Jabczyński, ha incontrato inaspettatamente un micio in vetta al monte Rysy (2503 m), una delle vette più alte degli Alti Tatra, al confine tra Polonia e Slovacchia. Un gatto dal pelo rosso che, stando al video diffuso sui social, risultava piuttosto disinteressato dal panorama mozzafiato godibile dalla cima. Secondo Wojtek, il felino sarebbe salito in vetta seguendo i turisti, partendo dunque dal rifugio ai piedi della montagna. Effettivamente nella zona il micio rosso è ben noto, come una sorta di mascotte. Mai nessuno lo aveva però visto prima di allora a una simile quota.

Tigro, un trovatello in cima al Grignone

L’utima vicenda che vi raccontiamo risale a poche settimane fa. Tigro, un gatto trovatello di circa due anni, si è allontanato da casa, a Esinio Lario (LC). Una dinamica non insolita per il felino, dotato di un carattere altalenante, tra l’affettuoso e il selvatico, come raccontato a Larionews dal padrone Rinaldo Bertarini. Con il passare dei giorni la nipotina di Bertarini, Alessia, al pari del nonno, ha iniziato a preoccuparsi. Le speranze di ritrovarlo hanno iniziato ad affievolirsi finché, inaspettatamente, la foto di Tigro è apparsa sul gruppo Facebook “Sei di Valsassina Se…”.

“Qualcuno ha perso un gatto?? Attualmente è al rifugio Bogani”, il messaggio allegato allo scatto. A conferma dell’arrivo del gatto al rifugio un secondo post dei gestori del Bogani (1816 m), sulla Grigna Settentrionale. Così nonno e nipote si incamminano fino al rifugio, sperando che nel mentre Tigro non prosegua nel suo tour. Alcuni escursionisti telefonano al Bogani, informando di aver fermato il gatto in prossimità quasi del rifugio Brioschi, in vetta al Grignone a quota 2410 m. La famiglia sale ancora e finalmente si ricongiunge a “nonno Tigro, il gatto alpino della famiglia Bertarini”. 

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