L’evoluzione dei ghiacciai del Monte Rosa in mostra al Forte di Bard
A partire dal 1 agosto 2020 il Forte di Bard (AO) ospiterà la prima mostra del progetto “L’Adieu des glaciers: ricerca fotografica e scientifica”. Un viaggio iconografico e scientifico tra i principali ghiacciai della Valle d’Aosta per raccontare la storia delle loro trasformazioni. Il percorso espositivo si svilupperà attraverso 4 mostre, ciascuna dedicata a uno dei Quattromila della Valle d’Aosta: Monte Rosa, Cervino, Gran Paradiso e Monte Bianco. La prima, visitabile nelle sale delle Cannoniere fino al 6 gennaio 2021, sarà dedicata ai ghiacciai del Monte Rosa.
Il progetto si svilupperà su un arco temporale di ben 4 anni. Dopo il Monte Rosa, nel 2021 sarà la volta del Cervino. Il 2022 vedrà come protagonista il Gran Paradiso. Il Monte Bianco chiuderà il ciclo espositivo nel 2023. Una mostra articolata, che vede la stretta collaborazione di numerosi enti ed istituzioni.
I contenuti del progetto saranno raccolti in quattro cataloghi annuali.
Tra arte e cambiamenti climatici
“Crediamo profondamente che il Forte di Bard debba diventare il luogo in cui la ricerca e le tematiche che a vario titolo ruotano attorno alla montagna, si incontrano per trovare una originale espressione anche attraverso la declinazione delle arti – spiega la Presidente del Forte di Bard, Ornella Badery -. Le prospettive per il Forte di Bard sono di essere un vero e proprio laboratorio di analisi delle trasformazioni climatiche, ambientali e antropiche in atto sulle principali aree d’alta quota della Valle. Il progetto si tradurrà in quattro grandi mostre e in occasioni di incontro e approfondimento aperti al territorio, al mondo scientifico e artistico, e al grande pubblico oltre che alle scuole. Un progetto complesso, frutto di un lavoro di squadra tra studiosi ed esperti, che consente al Forte di recuperare la sua originaria vocazione di centro internazionale di studio e interpretazione sulla montagna”.
“Il duplice binario scientifico e fotografico della mostra descrive il fascino degli ambienti glaciali, unici e straordinari. Ma anche la loro estrema fragilità – evidenzia il Direttore del Forte di Bard, Maria Cristina Ronc –. L’osservazione che ci siamo posti e che proponiamo all’attento pubblico del Forte attraverso un panorama di immagini straordinarie e inedite, è una riflessione tramite la bellezza sullo scenario fisico e naturale di un mondo che cambia, si depaupera dei suoi elementi fondanti per l’arco alpino. E che presuppone un’umanità senza mondo rispetto al principio di sentirsi ‘a casa propria nel mondo’. E’ stato un appassionante e complesso lavoro di ricerca, condotto anche nel recupero dell’altrettanto fragile patrimonio fotografico”.
I ghiacciai rispondono in modo diretto e rapido al cambiamento climatico modificando la propria massa e le proprie caratteristiche morfologiche e dinamiche: progressivo arretramento delle fronti glaciali, incremento delle zone crepacciate, formazione di depressioni e di laghi sulla superficie, aumento dell’instabilità di seracchi pensili. Dal termine della Piccola Età Glaciale (fase di espansione dei ghiacciai Alpini protrattasi dal 1300 al 1850 circa), la superficie dei ghiacciai dell’arco alpino si è ridotta di circa 2/3. In 30 anni (dagli anni ’80 ad oggi) la superficie dei ghiacciai italiani si è ridotta del 40%. Mentre il numero dei ghiacciai è aumentato a causa dell’intensa frammentazione dei ghiacciai più grandi che riducendosi si dividono in singoli ghiacciai più piccoli. Monitorare le variazioni glaciali, consente da un lato di documentare l’impatto dei cambiamenti climatici e dall’altro di valutarne gli effetti sul territorio, con particolare attenzione agli elementi di fragilità che contraddistinguono le aree montane.
Tappa 1. Monte Rosa
Per la mostra “Il Monte Rosa: ricerca fotografica e scientifica”, il Forte di Bard si è affidato per la cura degli aspetti fotografici a Enrico Peyrot, fotografo e ricercatore storico-fotografico. Per la cura degli aspetti scientifici, a Michele Freppaz, professore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino.
L’apporto dei contenuti scientifici è stato condotto in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano, la Cabina di Regia dei Ghiacciai Valdostani, la Fondazione Montagna Sicura, l’Arpa Valle d’Aosta, l’Archivio Scientifico e Tecnologico Università Torino (Astut), il Centro Interdipartimentale sui rischi naturali in ambiente montano e collinare, il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e con il professor Marco Giardino, segretario generale del Comitato Glaciologico Italiano e il professor Piergiorgio Montarolo, direttore dell’Istituto Scientifico Angelo Mosso.
La mostra, che gode del patrocinio della FAO-Mountain Partnership, presenta 100 opere fotografiche connotative di documentazioni scientifiche e/o artistiche. Un dialogo iconografico nel sedimento della cultura fotografica alpina, carico di suggestioni tra passato e presente. L’identità glaciale del Monte Rosa viene presentata attraverso un corpus di fotografie inedite che raffigurano ambienti naturali e antropizzati, contesti e sodalizi storico-culturali, imprese scientifiche.
Il progetto si avvale di opere di autorevoli autori e selezionate fotografie realizzate nel corso degli ultimi 150 anni e attualmente collezionate presso Enti pubblici, Università, Centri di ricerca, Associazioni, Fondazioni e privati. L’esposizione offre l’opportunità di apprezzare la qualità materico-fotografica delle stampe sia storiche che contemporanee, frutto di specifiche procedure, strumentazioni e materiali messi in opera – in ripresa – nelle alte valli che nascono dal Monte Rosa.
Le sezioni della mostra
Di seguito la lista delle sezioni di cui si compone la mostra dedicata al Rosa.
- Angelo Mosso: lo studioso della fisiologia umana a grandi altezze. Professore di fisiologia umana dell’Università di Torino, dalla seconda metà dell’Ottocento ai primi del Novecento, organizzò una serie di esplorazioni scientifiche sul Monte Rosa, per lo studio del comportamento del corpo umano in alta quota. Dieci stampe fotografiche filologicamente tratte dalle lastre originali realizzate da Angelo Mosso e dal fotografo, suo studente, Beno Bizzozero sono la testimonianza visiva di tali spedizioni.
- Umberto Monterin: il glaciologo e climatologo, figlio del Monte Rosa. Cresciuto a Gressoney-La-Trinité, ai piedi del versante valdostano del Monte Rosa, nei primi anni del Novecento si occupò con grande perizia dello studio dei ghiacciai alpini, con particolare riferimento al versante italiano del Monte Rosa. Dell’attività dello scienziato, la sezione presenta un corpus di stampe fotografiche filologicamente tratte dalle centinaia di lastre originali realizzate da Monterin e da fotografi non identificati, messe a disposizione dalla famiglia Monterin.
- Il Monte Rosa: un laboratorio per la ricerca glaciologica contemporanea. Più di 100 autori, appartenenti a più di 40 enti di ricerca differenti, hanno contribuito a questa sezione della mostra, rispondendo ad un invito del Comitato Glaciologico Italiano e descrivendo le attività di ricerca che li hanno visti protagonisti sul Monte Rosa. Un’accorta esposizione tramite segni grafici, fotografici e testuali permette di introdurre il visitatore alle più avanzate e recenti attività di esplorazione scientifica in alta montagna, negli ambienti glaciali alpini.
- Ghiacciai, sentinelle del clima. I ghiacciai nelle Alpi europee hanno perso circa la metà del loro volume dai primi del ‘900, con una evidente accelerazione di tale processo a partire dagli anni ’80. Si tratta di fenomeni che si osservano anche a livello globale, e che possono essere efficacemente rappresentati attraverso il confronto di fotografie storiche ed attuali. Per quanto riguarda il Monte Rosa sarà esposto uno di tali confronti, che consiste in una ripresa fatta dal Monte Barbeston da Francesco Negri nel 1896 e, nel 2019 dal medesimo punto di vista, da Enrico Peyrot. Un’inequivocabile esemplificazione visiva dei cambiamenti climatici a livello globale, è rappresentata nella fotografia panoramica realizzata da Alberto De Agostini nel 1931 del ghiacciaio Upsala nell’America del Sud e, dal medesimo punto di vista, dalla ripresa a colori di Fabiano Ventura del 2016. Ventura è responsabile del progetto Sulle tracce dei ghiacciai, che attraverso il confronto fotografico, testimonia le variazioni climatiche in atto in tutto il Pianeta. Nel 2020 il progetto coinvolge proprio le Alpi.
- Enit, Aosta, 1932. La “Prima mostra di Arte fotografica del paesaggio e dei monumenti di Aosta e Provincia”. La sezione si compone di un selezionato numero di fotografie relative al Monte Rosa realizzate tra fine Ottocento e i primi tre decenni del Novecento da Adolfo Freppa, Ernesto Curta, E. Giraudo, Francesco Negri, Vittorio Sella e altri autori non identificati. Si tratta di tavole fotografiche, di media, grande e grandissima dimensione – come ad esempio la panoramica di 100×280 cm dei versanti sud-ovest e sud-est del Monte Rosa – magistralmente stampate e virate da Vittorio Sella in occasione della mostra dell’Enit.
- Tredici variazioni del Rosa. Una raccolta di stampe fotografiche originali quali, ad esempio, un’inedita albumina di Vittorio Besso degli anni ’80 dell’Ottocento dal titolo “Panorama del Ghiacciaio del Lys” e altri fototipi provenienti da realtà culturali scientifiche e istituzionali. Inoltre, sono presenti opere di fotografi che hanno inteso e/o continuano a vivere il Monte Rosa quale fonte d’ispirazione espressiva, come ad esempio Davide Camisasca, il fotografo dei ghiacciai.
- Stereofotografie tra fine Ottocento e primo Novecento. Una decina di apparati stereoscopici a specchio, funzionali alla visione 3D delle fotografie di questa sezione, sono un’originale rivisitazione appositamente progettata per la mostra L’Adieu des Glaciers. Un omaggio quindi, al primo sistema stereoscopico inventato nel 1832 da sir Charles Wheatstone (1802/1875) e in eguale misura un “ritorno alla godibilità visiva” 3d delle meravigliose fotografie realizzate da raffinati abitanti di Gressoney e da alpinisti sui ghiacci del Rosa.
- Gressoney-Saint-Jean, quattro generazioni di fotografi. Dalle albumine del protofotografo della Valle del Lys Alessandro Bonda (1844-1905), alle fascinose lastre dell’epopea della Regina Margherita e della Capanna a lei dedicata sulla cima della Punta Gnifetti di Valentino Curta (1861-1929). Dallo sguardo dei primi anni ‘20 al primo dopo guerra nel solido bianco/nero di Ernesto Curta (1890-1967). E infine la transizione alla fotografia analogica a colori del secondo Novecento e al successivo digitale, operata dal fotografo Lino Guindani (1933).
- Il Trofeo Mezzalama. Non solo inabitati paesaggi montani e ghiacciati, e neppure solo scienziati curiosi e appassionati alpinisti: la sezione Trofeo Mezzalama presenta in chiave visiva una delle peculiarità dell’esteso corpo alpino del Monte Rosa: l’essere dal 1935 il “terreno di gioco” di una delle massime competizioni sci-alpinistiche mondiali. L’insieme delle forme abbaglianti dei ghiacciai e le turbolenze atmosferiche d’alta quota, le cordate degli atleti colti nella concitazione dell’azione e il creare fotografico in condizioni estreme, sono mirabilmente espresse in un tutt’uno visibile nelle inedite fotografie storiche risalenti ai primi anni ‘30 e nelle stampe fine art di medio e grande formato dei fotografi contemporanei.