Arrampicata

Chiodare un potenziale 9C con Adam Ondra

L’episodio numero 76 della serie “Adam Ondra Road to Tokyo”, ci regala il campione di arrampicata in versione chiodatore. “Questa puntata è dedicata alla decisione finale di chiodare una via su cui ho puntato gli occhi per parecchi anni. Sempre pensando che fosse probabilmente impossibile. Com’è andato a finire il processo di chiodatura lo scopriremo però nel prossimo episodio. La linea si è rivelata probabilmente possibile e sicuramente parecchio dura”

Ancora una volta Adam ci porta nel carso moravico. Un’area caratterizzata da roccia calcarea difficile da leggere. “Penso che ci siano circa 1500 vie tra un grado 3 e un 9b+ – racconta il climber della Moravia del Sud Vladimìr “Vlk” Wolf – . Dico sempre che sia impossibile salirle tutte in una sola vita”. Elemento positivo è che nel carso moravico non esista una stagione di arrampicata netta, ma sia possibile divertirsi su roccia tutto l’anno.

La linea che Adam intende chiodare si sviluppa lungo la porzione di roccia che sovrasta Brutal Rider, boulder 8C+ protagonista dell’episodio 68. “L’ho adocchiata direi circa 15 anni fa – racconta Ondra – ma ho sempre pensato che fosse impossibile da salire. E non ho mai fatto un tentativo per vedere se ci fossero appigli o meno”. Da qui l’idea, dopo un decennio di riflessione, di provare a piantare qualche chiodo per studiare sia la parte superiore che quella inferiore della via e valutarne la fattibilità. “Se non dovessi trovare appigli, sarà una sfortuna ma lascerò stare”. Per certo va esclusa, come sottolinea Adam, la pratica del “chipping”, ovvero la creazione di appigli artificiali. Tecnica utilizzata in passato, che “non è certo la via da seguire nel 2020”.

Il primo passo da effettuare prima di salire in parete, è di dedicare una parentesi alla visualizzazione. Ovvero studiare da terra i potenziali movimenti. Adam sembra aver identificato una sequenza, notando 4 potenziali primi appigli. Scoprire cosa si celi nella parte superiore della parete, sarà “un’avventura”. Un tratto di roccia ancora vergine per i climber, tutto da scoprire.

Aprire una nuova via, come sottolinea Wolf, è una scelta che include il prendere contatto con gli amministratori locali, per conoscere le condizioni da seguire. Anche ad esempio in merito alle protezioni che si intendono utilizzare.

Adam inizia la sua esplorazione, con grinta e positività. “Può darsi che sia possibile”, esclama analizzando il primo tratto di roccia. “Ci sono delle tasche piccolissime, ma penso di potercela fare”. 

“Quando si vuole aprire una nuova via, bisogna studiare bene dove posizionare i chiodi. Devono essere punti comodi per l’aggancio ma anche sicuri. Qui siamo in una situazione particolare, molto vicini al terreno, quindi dobbiamo doppiamente riflettere sul dove posizionarli”.

Definita la posizione del primo chiodo, si passa a valutare con un martello la solidità della roccia. “Il suono è a posto, quindi possiamo iniziare”. Si può procedere con la trapanatura. “Un consiglio è di eliminare poi la polvere dal buco”, prima di introdurre il chiodo. La tipologia di chiodo dipende dalla zona. “In alcuni casi sono meglio quelli in resina, in altri casi quelli a espansione”, spiega Wolf. I chiodi ad espansione sono quelli utilizzati più di frequente. A detta di Adam le positività di tale categoria sono due: minor grado di errore nel posizionamento, minor tempo di attesa, non dovendo aspettare che la resina raffreddi. Al contempo i chiodi in resina risultano più resistenti. Bisogna fare attenzione, in quest’ultimo caso, a ripulire bene la fessura dalla polvere. In ogni caso, minore è la durezza della roccia più lungo e spesso è bene che sia il chiodo.

“Qui sulla roccia calcarea utilizziamo solo i 10 mm di diametro”. E dopo questo preambolo teorico è il momento di inserire il chiodo in parete e bloccare bene l’ancoraggio con una stretta decisa di pinza.

Il posizionamento del chiodo è solo il primo passo. Bisogna poi passare alla rimozione della polvere dai potenziali appigli. “Su questo tipo di roccia, una volta eliminato lo strato superficiale di polvere, appare questa patina gialla. Significa che la roccia è umida ed è bene lasciarla asciugare una giornata per assicurare il miglior livello di attrito”. 

Il chiodatore, come spiega Adam, non è solo colui che posiziona i chiodi ma anche colui che deve provare per primo la via, per comprendere quando sia pronta per essere aperta all’accesso di altri climber. Il posizionamento di ulteriori due chiodi segna il termine del lavoro di questa prima giornata da chiodatore. Nel prossimo episodio vedremo Adam alle prese con lo studio dei potenziali appigli e la valutazione di fattibilità o meno di una prima salita.

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